Miami e Virginia Tech resteranno insieme anche nella ACC
Il passaggio di due prestigiose università come Miami e Virginia Tech dalla Big East alla Atlantic Coast Conference avrà sicuramente delle conseguenze sul futuro di molte delle più importanti conference della NCAA.
L'"attacco" della ACC sta scatenando un effetto domino che muterà , a partire dal prossimo anno, il panorama dello sport collegiale. In questo articolo esamineremo la situazione nella ACC e nel prossimo quella della Big East.
Dopo aver aggiunto Hurricanes e Hokies la ACC ha ora 11 elementi, uno in meno di quelli richiesti dal regolamento NCAA per poter organizzare una finale per il titolo di conference. Durante gli ultimi due mesi i rettori avevano parlato a lungo della possibilità di arrivare a 12 ma non sono riusciti a trovare l'accordo su quali istituzioni invitare.
L'argomento sarà ripreso a breve se la petizione presentata alla NCAA per ridurre il numero minimo di membri richiesto per la finale dovesse essere rifiutata.
Dirigenti della NCAA esamineranno questo mese la domanda ma l'unica persona sicura di un esito positivo sembra il commissioner della ACC, John Swofford. "Un paio di conference non dovrebbero essere avvantaggiate solo perché hanno 1 o 2 team in più. Un cambio potrebbe anche stabilizzare la NCAA".
Nel caso dovesse andare male Swofford ha detto che "alcuni rettori sono molto interessati ad un'ulteriore espansione per arrivare a 12 università ". Così facendo manterrebbe anche la promessa fatta a Miami di organizzare una finale di conference in grado di generare ancora più introiti.
Il rettore di Georgia Tech, Wayne Clough, è un accanito sostenitore di una conference da 12 team e sostiene che "un'altra espansione il prossimo anno non è inconcepibile se dovessero esserci le condizioni. Ora è troppo presto. Vi garantisco che non sono state contattate altre università . Se però qualcuno si facesse avanti, noi lo ascolteremmo".
Questo non vuol dire che non siano già trapelate voci su quale università possa essere la prescelta. Il primo a formulare un'ipotesi è stato proprio un membro della ACC, il rettore di Florida State, T.K. Wetherell: "Francamente noi stiamo pensando a Notre Dame e non siamo gli unici. Anche i rettori di Clemson, Georgia Tech, Virginia e Wake Forest la pensano come noi".
"Il punto è 'Come riusciamo a convincerli?'. È chiaro che non siamo i soli interessati. Anche la Big Ten e la Big East si faranno avanti". Dave Hart, direttore della sezione atletica di Florida State ammette che "nell'ultimo anno e mezzo abbiamo avuto diversi contatti con i massimi esponenti di Notre Dame. Loro però hanno una situazione contrattuale particolare con la NBC".
Il contratto da 9 milioni annui con la NBC scade nel 2005 e Hart riporta che "nell'ultimo colloquio era chiara la loro soddisfazione per l'indipendenza ma ho avuto l'impressione che i mutamenti in corso nel panorama sportivo non siano passati inosservati".
Nonostante le dichiarazioni ottimiste l'arrivo di Notre Dame nella ACC sembra poco probabile quindi Swofford dovrà rivolgere altrove la sua attenzione. Dopo aver saccheggiato la Big East potrebbe essere il turno della South Eastern Conference.
Frank Broyles, direttore della sezione atletica di Arkansas, mette in guardia i colleghi della SEC: "Penso che la ACC proverà ad avvicinare qualcuno di noi, forse Florida, Kentucky o South Carolina. Non ne sarei affatto sorpreso". L'avviso è esteso anche alle altre conference: "Tutte dovranno prepararsi ed avere pronto un piano d'emergenza".
Louisville si è già chiamata fuori (almeno a parole e si sa quanto poco queste valgano). Il rettore dell'università , Tom Jurich ha dichiarato di "non aver mai avuto nessun contatto con la ACC e Swofford. La cosa non c'interessa".
Kentucky invece potrebbe essere molto interessata visto l'alto livello dei programmi di basket della ACC. I Wildcats da sempre si considerano i migliori della SEC in campo cestistico e la possibilità di sfidare due volte l'anno Duke e North Carolina li potrebbe convincere a fare il gran salto.
Un'altra università che non fa mistero di volersi lasciare alle spalle la SEC è Georgia. Data la vicinanza geografica alle università della ACC e la rivalità molto forte con Clemson non è da escludere una loro chiamata da parte di Swofford fra un anno. In questo momento il direttore della sezione atletica dei Bulldogs non è favorevole ma il prossimo anno sarà eletto un nuovo direttore e le cose potrebbero cambiare.
Università esterne alla SEC che potrebbero essere contattate sono West Virginia (proposta da Virginia Tech), East Carolina, South Florida. Fra le tre quella con più chance è East Carolina. Nonostante un budget ogni anno sempre più limitato i Pirates sono sempre riusciti a far bene nel football e la sezione basket è all'altezza di quella di Miami e Virginia Tech. East Carolina si difende bene anche dal punto di vista accademico, anche se non ai livelli di Duke e North Carolina.
In ogni caso se la decisione fosse basata esclusivamente sugli introiti che la nuova università dovrebbe portare allora il piccolo potere contrattuale dei Pirates metterebbe East Carolina fuori gioco.
Un'ipotesi che si è fatta largo ultimamente è quella di invitare Penn State. Quest'ultima è un'ottima candidata sia dal punto di vista economico che geografico. Il recruiting di Penn State si concentra soprattutto negli stati della costa atlantica degli Stati Uniti (soprattutto Maryland e Virginia) ed un eventuale ingresso nella ACC ridurrebbe considerevolmente le spese di viaggio dei Nittany Lions.
La ACC beneficerebbe dall'arrivo di un altro fra i programmi di football più prestigiosi perché questo vorrebbe dire ancora più potere nelle trattative con i network televisivi e ancora più possibilità di ottenere un altro posto nei bowl della BSC.
Prima di pensare ad un'altra espansione c'è però un altro compito più importante e forse più difficile che aspetta Swofford: restaurare buoni rapporti all'interno della conference fra le università che appoggiavano l'ingresso di Miami e Virginia Tech e quelle contrarie.
I due mesi passati a rincorrere Miami ma soprattutto le estenuanti lotte interne durante le votazioni hanno lasciato il segno. Fin dall'inizio si sono dichiarati contrari all'espansione i rettori di Duke e North Carolina, spinti anche dai movimenti studenteschi delle due università .
Il rettore di Duke, Nannerl O. Keohane, non ha ritenuto opportuno partecipare alla festa indetta per dare il benvenuto nella conference ai rettori di Miami e Virginia Tech affermando così ancora una volta la sua contrarietà all'espansione.
Una dichiarazione della Keohane afferma che "i problemi cui dobbiamo pensare sono il benessere degli atleti-studenti e la conservazione delle tradizionali rivalità all'interno della ACC. Non siamo del tutto convinti che gli argomenti economici portati a supporto dell'espansione siano basati su previsioni valide".
Dello stesso parere anche un altro dirigente di Duke, Joe Alleva: "Sono molto preoccupato riguardo le implicazioni finanziare di una conference con 11 team. Temo che questo sia dannoso per tutti gli sport, football escluso. Specialmente il basket ne verrebbe danneggiato e questo andrebbe contro la storia della ACC".
Inizialmente ai voti contrari si era aggiunto inaspettatamente anche quello di Virginia che ha dovuto cedere alle forti pressioni del governatore dello stato che voleva a tutti i costi che venisse invitata anche Virginia Tech. Ad un certo punto le trattative fra contrari e favorevoli erano diventate così difficili che Swofford ha anche provato, senza riuscirci, a far cadere l'obbligo dei 7 voti necessari per l'espansione.
Questo ha creato una forte spaccatura all'interno della ACC. Da una parte ci sono l'università della Virginia, ritenuta colpevole di aver fatto fuori BC e Syracuse (mettendo così a rischio lo stesso arrivo di Miami), Duke e North Carolina e dall'altra le università favorevoli all'espansione.
Anche se in qualche modo Swofford dovesse riuscire a ricomporre lo strappo sarà molto più difficile rifarsi del danno causato all'immagine della conference. L'espansione era stata prospettata come un'azione indolore e di rapida conclusione ma l'intromissione di politici (compresi alcuni senatori) e tribunali e il continuo scrutinio dei media hanno fatto diventare la ACC la causa di tutti i mali della NCAA.
Non ultimo il problema dell'organizzazione interna della ACC. Tutte le previsioni erano state fatte considerando una conference composta da 12 università e nessuno aveva mai pensato che ci si potesse fermare a 11.
Swofford ha dichiarato che per ora non è stato ancora deciso se dividere la ACC in due divisioni perché non è stato ancora stabilito il tipo di calendario da adottare. Si sa solo che dovrebbe essere simile a quello della Big Ten (altra conference con 11 membri) seppur con qualche modifica.
Per quanto riguarda il football, nella Big Ten ogni università ha due rivali da affrontare ogni anno ed ogni team gioca con ognuna delle otto non rivali tre volte in un periodo di quattro anni. Nel basket invece ogni squadra gioca 16 partite l'anno: due volte contro sei team e una volta contro gli altri quattro (viene applicata una rotazione biennale).
Nel caso del basket ACC si cercherebbe di privilegiare le rivalità storiche. A differenza della Big Ten, la ACC potrebbe essere costretta a dividere già quest'anno le squadre di football in due divisioni. Questo nella remota ipotesi che la NCAA cambiasse il regolamento collegiale dando anche alle conference da 11 membri la possibilità di organizzare una finale per il titolo.
Swofford ha però già detto che prima di parlare di calumet della pace e di calendario c'è un'altra cosa da fare: monetizzare l'ingresso nella conference di due fra le più forti università nel football. "Con il loro arrivo", dichiara Swofford, "siamo più forti che mai. Quindi dovremo rinegoziare gli ultimi due anni degli attuali contratti con Jefferson Pilot (rete televisiva regionale), ESPN e ABC".