Roy Williams può ringraziare Hinrich per la sua 4° Final Four
Dici Kansas e pensi a Roy Williams, dici Roy Williams e ti vengono in mente squadre forti, anche se spesso senza vere stelle, toste, che sanno sempre come mettersi in campo e dare del filo da torcere a chiunque, ma poi alla fine il risultato che ne viene è sempre e solamente uno: Kansas sotto Roy Williams non ha mai vinto un titolo NCAA.
Analizzare la carriera di uno dei più grandi allenatori del college basket, tenendo conto solamente del risultato finale può essere giusto sotto un certo punto di vista, perché i risultati nello sport contano eccome e soprattutto perche' Kansas è un programma d'elite, che si basa quindi anche sulle vittorie finali, ma alla strenua dei conti risulta fin troppo cinico e ottuso, perché allora si potrebbe dire che Dean Smith ha allenato per 30 anni North Carolina, con roster decisamente più competitivi dell'attuale coach dei Jayhawks, ma alla fine i titoli in saccoccia sono solo due, e Dean Smith è considerato insieme a John Wooden il più grande allenatori di College basket di tutti i tempi.
Un solo dato potrebbe semplificare lo straordinario lavoro incompleto di Williams sulla panchina di Kansas: in 15 anni sotto la sua guida, i Jayhawks hanno collezionato 417 vittorie e solo 100 sconfitte, cifre che lo collocano al primo posto assoluto fra gli allenatori in attività , anche più di gente come coach K o Pitino o Lute Olson. Se vogliamo parlare di Conference Big 12, cioè il raggruppamento che ha portato 2 squadre a New Orleans e ben 4 nelle migliori 8 di questo Torneo, dobbiamo dire che sempre nei 15 anni di coach Williams, i falchetti hanno vinto 10 titoli divisionali e sono arrivati tre volte al 2° posto, vincendo oltretutto 4 volte il torneo di Conference indetto negli ultimi anni. Soffermandoci, invece, al più attuale Torneo NCAA, si può dire che questa appena raggiunta, battendo la n.1 d'America Arizona, è la quarta Final Four con lui sul pino.
Dopo aver assunto l'incarico subito dopo il titolo del 1988 sotto la guida di Larry Brown e con un Danny Manning da fantascienza, Williams ha subito dovuto affrontare i problemi dovuti alla partenza di Manning e Kevin Pritchard (più del 50% del fatturato dei Jayhawks) e al fatto che nessuno in squadra potesse prenderne l'eredità , per cui come spesso accade nei cambi di panchina, la stagione è stata deludente, chiusa sotto le 20 vittorie e senza il Torneo NCAA. Da sottolineare il fatto che a parte quella fatidica prima stagione, Kansas sotto coach Williams ha sempre superato abbondantemente le 20 vittorie stagionali ed è sempre arrivata a giocarsi il titolo nella March Madness.
Nel proseguo della sua carriera a Lawrence, Williams ha evidenziato una capacità tecnica e umana che lo hanno fatto amare da tutti i giocatori passati sotto di lui, abilità che, come possono benissimo evidenziare i roster dei Jayhawks in questi anni, va oltre il pure e mero reclutamento di stelle dal grande nome. Williams ha sempre cercato giocatori che facessero al caso di Kansas, tecnicamente e umanamente, senza tener conto del loro talento puro, vedendo chi poteva dargli fiducia nell'apprendimento del gioco e nella coesione di squadra. Per fare un paragone, che a molti potrebbe risultare forzato, la famosissima squadra comprendente talenti come Paul Pierce, Scott Pollard, Raef La Frentz, Jacque Vaughn (ora tutti giocatori presenti nei roster di squadre NBA), stoppata nel 97 da Arizona (poi campione) nelle Sweet 16 (stagione chiusa con solo 2 sconfitte) e poi nel 98 (senza Pollard e Vaughn) da Rhode Island nei Regionals era ovviamente più forte di quella che nel 91 arrivò alla Finale con Adonis Jordan e Mark Randall come best players, ma mancava di temperamento e coesione, e nei momenti caldi tutto questo ha determinato il crollo totalmente inaspettato e molto doloroso per Williams. Tutte le squadre che ha condotto in questi anni a stagioni da favola, come talento o elenco di giocatori aventi prospettive NBA, avevano gran poco rispetto alle altre grandi Università del panorama del College Basket, ma sotto la sua guida hanno saputo dare il meglio di se stessi, perdendo in molte occasioni contro squadre probabilmente più forti e più esperte.
Squadre non eccelse che hanno sfiorato il trionfo ma non lo hanno mai afferrato, probabilmente, e questa forse è la più grande colpa del coach, per non aver saputo controllare l'emotività , sbagliando a leggere le partite e lasciandosi andare nei momenti poco favorevoli. A New Orleans, non sarà il favorito perché c'è Texas, riuscita a tirarsi fuori dal "top seed down-day", ma dovrà affrontare una semifinale contro Marquette in cui molti occhi esperti vorranno vedere se riuscire finalmente a sfatare il tabù maledetto e i Golden Eagles sono clienti pericolosi e molto gasati, per cui l'impegno non sarà facile e dovrà essere fronteggiato con tutte le armi a disposizione dei Jayhawks.
Questo per tutti quei ragazzi che, seppur vicini, non ce l'hanno fatta, questo soprattutto per lui stesso, per togliersi di dosso quella etichetta dannatamente scomoda da portare in giro, per l'allenatore con la percentuale di vittorie più in alta tra quelli in attività .