TJ Ford: 100% Texas fines

Sempre grande intensità  per Ford e spesso gli avversari non sanno come fermarlo.

Tra le cose che mi hanno sempre colpito del mondo NCAA ci sono le particolari "gerarchie" che, se da una parte vedono delle Università  "storiche" spesso e volentieri al top, dall'altra presentano sovente dei "progetti" che, quasi dal nulla, portano ai massimi livelli degli Atenei senza magari un grandissimo pedigree nella pallacanestro.

Qualche anno fa toccò a Florida University, storicamente alma mater di grandi interpreti della palla ovale, balzare agli onori della cronaca grazie alle ottime prove dei ragazzi di Billy Donovan giovane coach, ex-Kentucky sotto Pitino, che era riuscito ad "iscrivere" Gainesville nella mappa dei campus da visitare per i migliori progetti rivitalizzando, peraltro, anche il movimento cestistico di uno Stato che di buoni giocatori ne aveva prodotti (uno su tutti: Tracy McGray).

Adesso agli onori della cronaca è salito un altro college, Texas, che del football ha fatto ragione di vanto. Ed anche qui è stato un coach a riportare i Longhorns tra il basket che conta.

Rick Barnes è stato fortemente voluto ad Austin perché è un bravissimo insegnate, spesso duro, ma sempre leale e per questo amato dai giocatori. Per lui, nato e cresciuto nel North Carolina, parlano i fatti: ottime annate prima a Providence poi a Clemson fino alla nuova avventura texana.

Cinque anni in crescita di risultati e credibilità , ma soprattutto un'opera di reclutamento in tutto lo Stato in nome di una realtà  che adesso sta esplodendo: in Texas ci sono tanti buoni giocatori.

Così, negli ultimi anni, in una immaginaria linea che parte da Kenyon Martin ed arriva a Chris Bosh, in mezzo troviamo forse il miglior prodotto locale in maglia arancione: TJ Ford.

Vent'anni, texano doc, nato a Sugar Land sobborgo di Houston e svezzato nella locale Willowridge High nella quale il play, alto 180 cm scarsi per 75 Kg, ha strabiliato tutti per le grandissime doti cestistiche e caratteriali.

In molti speravano rimanesse nello stato natale, ma, dopo un McDonald's All American giocato da dominatore, le tentazioni di cambiare aria erano forti, su di lui Louisville (ovvero Pitino), Houston e Cincinnati (dove si è formato Martin) puntavano forte, ma alla fine la differenza la fecero i “progetti” dei Longhorns.

Certo, essere profeta in patria è cosa ardua (per esempio Daniel Ewing ha preferito Duke, Bracey Wright Indiana e lo stesso Bosh Georgia Tech), ma la sfida era "gustosa": condurre Texas nell'elite della NCAA.

TJ è ragazzo intelligente è capì sin da subito che ad Austin si respirava un'aria nuova ed il gruppo (coi sophomore Mouton, Thomas ed Ivey) era in crescita, e poi coach Barnes è insegnante coi fiocchi se vuoi progredire e migliorare.

Nell'anno da freshman Ford è stato rookie dell'anno nella Big 12, secondo quintetto di conference e primo tra i rookie nella NCAA, per lui stagione "monstre" a 12 punti e 8 assist di media (più alta percentuale mai raggiunta da un esordiente) conditi dalla incombente sensazione di dominio che il ragazzo sprigionava.

Anche fuori dal campo TJ si è ambientato a meraviglia: giovane estroverso, brillante, sempre pronto a divertirsi, ma ben conscio dell'importanza di fare sul serio ed ascoltare quando coach parla, divenne ben presto l'idolo dei compagni, ai quali in campo serviva "regali" in abbondanza, e beniamino del pubblico dell' Erwin Center.

Questa stagione è iniziata per Texas sotto i migliori auspici, la squadra era forte e completa, un quintetto bilanciato ed esperto che vedeva accanto a Ford, per molti il miglior play della NCAA, Ivey e Mouton nel backcourt con il freshman Buckman e Thomas sotto le plance;

dalla panca tante soluzioni col sesto uomo Erskin, i lunghi Boddicker e Klotz e gli esterni Ross ed Harris. Quindi una rotazione quasi a dieci uomini che avrebbe permesso di mantenere alta l'intensità  e di non spremere i migliori in vista delle gare che contano.

Il cammino dei Longhorns è stato, in attesa che entrino nel vivo le sfide nella conference (per molti la più dura nella NCAA), a tratti trionfale: quarto posto nel ranking nazionale, 21-5 il bilancio con buone prove nella competitiva Big 12 e sconfitte tirate contro Arizona, Kansas e Oklahoma State e amnsie contro Colorado (-13) e Notre Dame entrambe alla partita della vita.

In tutto ciò TJ ha legittimato quanto di buono si diceva su di lui: 14.8 punti, 7.4 assist, 2.1 rubate, 3.2 rimbalzi (un'enormità ) con 3 palle perse in 33 minuti di impiego.

Quello che più ha colpito è la leadership e la sicurezza mostrata dall'appena ventenne regista. Sul parquet è una vera e propria furia: velocissimo, dotato di un palleggio eccezionale tanto in campo aperto che nel traffico, capace di battere chiunque sul primo passo e di penetrare anche a difesa schierata grazie ad un fisico comunque ben costruito ed all'abilità  di cambiare mano al volo.

Passatore sublime, di quelli che ti "mettono" la sfera in mano, fantastico nella lettura del gioco e nella gestione del ritmo, sembra sempre nel pieno controllo della situazione.

In attacco è un buonissimo realizzatore che però deve migliorare al tiro (in particolare da tre) e costruirsi un sufficiente "middle game", per il resto è energia allo stato puro ed in qualsiasi momento può salire in cattedra con parziali decisivi.

Sempre in ottimo equilibrio tra la necessità  di far giocare i compagni e quella di realizzare.

In difesa risente ovviamente di una statura non ottimale, ma sa mettere grande pressione sul portatore di palla avversario e le mani veloci fanno il resto; sta imparando i rudimenti difensivi e potrebbe essere micidiale in una zone press mista zeppa di trappole.

Nella NCAA è tra i migliori nel suo ruolo, è stato inserito tra i papabili al titolo di giocatore dell'anno e con lui Texas spera di arrivare alle Final Four. Per il futuro appare chiaro che la NBA lo aspetta, ciò che ancora non si capisce è quando deciderà  di andarci.

Per molti scout già  a giugno andrebbe tra i primi 5, qualcuno storce il naso notando che la taglia non è propriamente da NBA (ehm…"mastro” ci sarebbe tale Earl Boykins…), quello che invece appare limpido è che il ragazzo ha gran talento ed un futuro luminoso nella Lega se saprà  migliorarsi come sta facendo.

Viene da sorridere pensando che per anni si è detto che nel Texas nascevano solo ottimi giocatori di football o, al limite, "fisiconi" per lotte sotto le plance. E' proprio vero, dopo un cinese prima scelta al draft il mondo non è più quello di una volta!!

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