Nick Collison, senior di sostanza per Kansas…
Il College Basketball è come il vino, ci sono annate buone, ed annate meno buone.
Quella di Kansas non potremmo nemmeno definirla finora una cattiva annata, tutto sommato le cinque sconfitte fin qui conseguite sono arrivate contro squadre di primissimo livello, a parte la clamorosa debacle contro Colorado, che ha mostrato una volta di più i limiti di una squadra che conta su elementi di primissimo valore ma che non ha una panchina degna di una squadra che voglia andare in fondo a marzo.
Di buon vino ce n'è quindi, ma troppo poco rispetto ad altri squadroni come Arizona, Pittsburgh o Florida, tanto per citarne alcuni.
Colorado ha sfruttato la grande serata del suo leader Stephane Pelle (27punti con 10/16 dal campo e 7/8 ai liberi), coadiuvato dal solito Michel Morandais (17 punti con 7/12 dal campo).
I Jayhawks, pur difendendo come sempre in maniera molto aggressiva (19 palle perse avversarie), sono incappati in una serata di tiro disastrosa, dove si è salvato praticamente il solo Nick Collison, per un 22/67 complessivo che espresso in termini percentuali dice 32%, troppo poco per battere chiunque.
Pochi giorni dopo i ragazzi di coach Roy Williams hanno ceduto il passo di fronte ai favoritissimi Arizona Wildcats di Gardner e Walton, giocando però un primo tempo assolutamente favoloso, mostrando appieno il potenziale di un quintetto di ottima caratura tecnica.
Nella ripresa, Arizona ha premuto il piede sull'accelleratore ed il mite e dolce +20 dell'intervallo per i falchetti si è tramutato in un gelido -17. Anche in questo caso per Kansas le percentuali sono eloquenti: 65% del primo tempo, 29% nel secondo, quando Nick Collison (senior, 18.7 p.+8.6 r.+2 a. con il 56% dal campo quest'anno) ha dovuto ammettere: “Questa è stata la nostra gara più brutta da quando sono a Kansas, non tanto per il punteggio, ma per come è venuta questa mazzata; abbiamo fatto un primo tempo perfetto sia in attacco che in difesa, nel secondo tempo abbiamo sbagliato tutto, non riesco ancora a crederci”.
La sconfitta ha mostrato ancora una volta come quattro giocatori possano reggere fino ad un certo punto contro una corazzata decisa a tutto per mantenere il suo allora primo posto nel ranking.
Abbiamo detto quattro giocatori, ebbene sì, perchè Wayne Simien, l'ala grande di 2.05 originaria di Leavenworth, è ancora in infermeria per i postumi di una lussazione alla spalla destra. Fino ad allora il suo contributo come spalla a Nick Collison era stato assolutamente confortante (15.9 p. + 8.7 r. tirando oltretutto con il 64% dal campo), considerando anche il fatto che Wayne ha passato il suo anno da freshman a raccogliere le briciole lasciategli sul parquet da Drew Gooden.
Il suo sostituto è il JUCO transfer Jeff Graves, unico arrivo degno di presentazione (ci sarebbe anche Moulane Njang…) in una stagione il recruting è stato quanto più inconcludente avrebbe potuto essere. Graves viaggia a 5.3 punti e 5.8 rimbalzi di media, cifre ribassate dalle prime gare, in cui giocava relativamente poco. Insomma, un discreto rimbalzista, ma non in grado di prendersi responsabilità in attacco. Sarebbe dovuto essere soltanto il cambio dei lunghi, ruolo che certamente può ricoprire con efficacia.
Gli altri tre del quintetto sono, come sempre, il playmaker Aaron Miles (sophomore, 8.7 p.+3.6 r.+7.2 a. ma con il 39% dal campo e il 25% da tre), la guardia/ala Keith Langford (sophomore, 16.3 p.+5 r.+2.1a. con il 54% dal campo, 33% da tre) ed il jolly, playmaker in prospettiva Nba, Kirk Hinrich (senior, 17.9 p.+3.7 r.+ 3.7 a. con il 51% dal campo ed il 44% da tre). Complessivamente le cifre sono di assoluto rispetto, ma vi è un grande handicap rispetto alla passata stagione, relativa ossia alla percentuale nel tiro da tre punti, dove c'è stata una grande involuzione.
Dalla panchina non si alza praticamente nulla, nel senso che i tre nominabili, ossia Michael Lee, Bryant Nash e Jeff Hawkins non raggiungono i cinque punti a partita.
Dopo le due brucianti sconfitte contro Colorado ed Arizona, i tifosi temevano il peggio, in quanto i rivali sarebbero stati ora i Texas Longhorns di TJ Ford, il miglior playmaker del college basketball.
Texas è una squadra completa, con una buona profondità di roster, che pecca soltanto nell'essere troppo Ford dipendente, in relazione soprattutto al numero di possessi e di soluzioni offensive.
Dopo la sconfitta più brutta, per Nick Collison è arrivata invece la vittoria più bella, con una prestazione mostruosa (24 punti, 23 rimbalzi con tanto di tripla della sicurezza), per scacciare gli spettri di una crisi che pareva oramai incombente. La gara di Collison ha prodotto cifre non semplici da riscontrare nella storia recente di Kansas, in quando per trovare una prestazione del genere a rimbalzo bisogna tornare all'inizio degli anni '70, quando sotto le plance c'era un certo dave robisch.
Sulla scia di questa boccata d'ossigeno è arrivata anche la soddisfazione di vincere anche il grande e storico derby di conference con Missouri, con una prova basata su grandi percentuali al tiro (55% totale con 10/18 di Collison e 10/13 di Hinrich, l'mvp della gara).
Questa grande percentuale è stata frutto di un gran gioco in contropiede, che ha contribuito a produrre ben 50 punti (su 76 totali), in area pitturata. L'ottimismo si è protratto per tre facili successi in trasferta, contro Nebraska, Kansas State e Baylor, che le sono valsi il momentaneo primato della Big12 a quota 8-1, record condiviso con i Cowboys di Oklahoma State, subito davanti ai favoriti Sooners del funambolo Hollis Price.
Le prossime sfide vedranno un nuovo match con Colorado, stavolta però tra le mura amiche di Lawrence, il big match contro Oklahoma a Norman, poi ancora in casa nella sfida che potrebbe rivelarsi decisiva contro Oklahoma State, ed infine le visite al generale Bobby Knight ed agli arci-rivali di Mizzou.
Un altro bel filotto di impegni, per testare ancora una volta la solidità dei Jayhawks. I riscontri precedenti parlano di una buona squadra, di cui si puo' parlare bene, ma cui manca lo spessore e la profondità per tornare alle Final Four.
Per una volta Roy Williams parte con gli sfavori del pronostico, saprà invertirli?