Jason Gardner marcato da Aaron Miles…
La Phog Allen Fieldhouse di Lawrence, Kansas, è il palcoscenico ideale per la sfida di maggior spessore della regular season. Gli Arizona Wildcats rendono visita ai Kansas Jayhawks, in un incontro con molti significati in prospettiva March Madness: difficile che qualcuno dei membri del comitato che a metà marzo stilerà il tabellone del torneo NCAA non sia davanti alla tv.
Entrambe in preseason erano candidate quasi all'unanimità per le Final Four; fino ad oggi Arizona ha mantenuto in pieno le aspettative (n.1 nel ranking nazionale, record di 14-1, e l'unica sconfitta per un solo punto a LSU). Kansas ha avuto un avvio difficile, con tre sconfitte nelle prime sei uscite, poi i Jayhawks si sono ripresi alla grande, e si presentano con record di 13-4, macchiato peraltro da una sconfitta alquanto inattesa contro i poco quotati Colorado Buffaloes.
Nei Jayhawks manca l'ala forte titolare Wayne Simien, a rendere ancora più corta la rotazione già ristretta di coach Williams, mentre Arizona è al gran completo, anche se con alcuni uomini chiave, Walton in primis, ancora convalescenti da infortuni.
Il primo tempo si può riassumere in tre parole: Keith Langford Show. Se Kansas è avanti di 13 (52-39), lo deve al suo swingman, il quale ne mette 22 con 9/11 dal campo e una varietà impressionante di conclusioni: con il suo movimento preferito, l'arresto e tiro in avvicinamento, da tre, su rimbalzo d'attacco, e anche finendo il contropiede.
Il massimo vantaggio per KU è sul 44-24, grazie ad una rocambolesca tripla (di tabella") di Collison ed un clamoroso alley-hoop chiuso da Langford. Ottimo è il contributo di Collison e Graves dentro l'area, Hinrich non segna ma difende alla grande, anche i panchinari Lee e Hawkins piazzano triple fondamentali nel finale di tempo.
Dall'altra parte per Arizona valanghe di palle perse, nessun contropiede, scarsa fluidità contro l'asfissiante zona 1-3-1 di Kansas, che manda in tilt Jason Gardner. Solo Salim Stoudamire, complice il terzo fallo di Hinrich, riesce a guidare una piccola rimonta dei suoi prima dell'intervallo. I tredici punti di distacco sembrano molti, ma se si pensa che Kansas ha tirato col 65%, coach Olson può ragionevolmente sperare di rientrare in partita al primo calo di KU.
E così avviene all'avvio del secondo tempo, ma in maniera a dir poco sconcertante per tutti i presenti alla Allen Fieldhouse. Parziale di 23-5 per 'Zona, che sale fino al +10 sul 76-66. È semplicemente strepitoso Stoudamire, autentico cecchino da fuori, ma capace anche di pregevolissime entrate mancine. Lo spalleggiano a dovere i tre senior, Gardner, Walton e Anderson, in ombra nel primo tempo.
Per i Jayhawks sembra si tratti di un'altra partita, è come se si fossero scambiati le maglie con quelle di Arizona: poca fluidità , palle perse, nessun canestro da fuori, con la zona dei Wildcats che si chiude sempre più dentro l'area ad ogni padella dall'arco, lasciando solo le briciole a Collison. Hinrich è in serata disastrosa, Langford segna il suo primo canestro dopo oltre 10 minuti.
Inoltre i Jayhawks non si procurano falli e tiri liberi, e sbagliano anche quei pochi (4/12 alla fine dalla linea della carità ). L'unico accenno di rimonta si ha sul 76-71, ma Stoudamire piazza l'ennesima tripla mortale dall'angolo. Arizona allunga definitivamente e finisce sul 91-74, divario forse fin troppo ampio. Ciliegina sulla torta il massimo in carriera di 32 punti per Stoudamire, che non poteva scegliere occasione migliore.
Anche se l'andamento della partita è stato a dir poco imprevedibile, la vittoria di Arizona lascia poco spazio a dubbi. I Wildcats hanno legittimato il n.1 del ranking, ed è veramente difficile non pronosticarli a New Orleans per le Final Four.
Recuperare 20 punti a Kansas in trasferta è un messaggio chiaro per tutte le altre pretendenti al titolo nazionale, ed indice di grande solidità , soprattutto mentale. La panchina è lunghissima e la miscela fra tre senior e i restanti freshman e sophomore è ben amalgamata, e coach Olson non è certo un novizio della March Madness.
Per Kansas, i campanelli d'allarme sono molteplici: si conferma la debolezza della panchina, ancora più accentuata dall'assenza prolungata di Simien, e proprio l'assenza di cambi di impatto si è fatta sentire nel secondo tempo. Resta un quintetto tra i più solidi, ma di questo passo molti potrebbero trovarsi vuoti di energie a marzo, dovendo giocare nella conference più forte al momento, la Big XII, con avversarie del calibro di Texas, Oklahoma e Missouri.