L'orgoglio di essere Hoosiers

Tom Coverdale in entrata, una rarità  che però esegue senza batter ciglio

Molto spesso nel proporre dei ritratti di singoli giocatori nel panorama NCAA ci siamo soffermati su atleti di grosso richiamo, grandi nomi che spadroneggiavano sui parquet con numeri e giocate ad effetto e magari avevano già  una buona reputazione anche al piano di sopra tanto da essere quasi sospesi tra le due "dimensioni", in attesa del grande salto.

Tom Coverdale è un personaggio atipico tra i grandi nomi del college basketball.

Non schiaccia come Chris Duhon, non "pompa" la palla come TJ Ford, non inventa passaggi incredibili come Luke Ridnour, non ha la leadership di Brendin Knight, ma è comunque uno dei migliori interpreti del ruolo di playmaker e le sue doti vanno oltre le cifre ed i numeri che mostra in campo.

“E' un ragazzo che lascia perplessi… a vederlo non diresti mai possa essere un grande giocatore, ma Tom è semplicemente fantastico… io sono tutt'ora stupefatto delle sue doti…” così si è espresso coach Mike Davis ad inizio anno sul proprio giocatore.

Proprio lui ha un grandissimo rapporto col playmaker, lo considera la sua grande scommessa “… Knight ha scoperto A.J. Guyton, Michael Lewis, Luke Recker, io Tom Coverdale, ho intravisto in lui grandi doti, talento, forza di volontà , perseveranza che lo hanno portato ad essere un grande giocatore malgrado nessuno avesse puntato su di lui…” ed in fondo Davis è simile al buon Tom, entrambi sono stati bistrattati, entrambi sono stati ritenuti indegni del proprio "ruolo" dall'ambiente degli Hoosiers ed insieme hanno sfatato questo mito riportando IU ad una finale NCAA persa contro una Maryland veramente troppo superiore.

Tom non da molto peso a tutte queste chiacchiere che gli ronzano attorno, lui gioca a pallacanestro e basta, agli altri le parole. Nato a Noblesville, piccola cittadina dello Stato, sin da ragazzino ha sognato di vestire la maglia rossa degli Hoosiers ed entrare così nel mito; a dargli questa possibilità  fu proprio Davis, allora scout del sergente Knight, che difese a spadatratta le doti del ragazzo anche di fronte alla titubanza del santone di Bloomington.

Nell'anno da freshman vide pochissimo il campo, ma con la partenza di Guyton si aprirono grandi possibilità  per lui. La stagione da sophomore, tra le vicissitudini del travagliato licenziamento di Knight e l'interregno di Davis, Tom confezionò una stagione buonissima per solidità , intensità  ed impegno.

Ma il vero capolavoro lo ha fatto lo scorso campionato; malgrado una partenza ad handicap ed i dissidi interni al campus tra i fedelissimi del generale (avversi a Davis) ed i suoi detrattori, Coverdale e soci sono riusciti a raggiungere le Final Four.

Certo, gli occhi della gente erano tutti puntati sulla stella Jared Jeffries, ma il buon play ha avuto un ruolo fondamentale nella riuscita dell'impresa, negli ottavi contro Duke la sua difesa ha mandato fuori giri Jay Williams e le sue bombe hanno fatto il resto, nella semifinale contro Oklahoma la sua intensità  ha penalizzato Price ed il gioco dei Sooners.

Negli occhi di tutti rimarranno i numeri di Jeffries (ora ai Wizards), i tiri di Fife ed i rimbalzi di Newton, ma la verità , che peraltro tutti nello spogliatoio sapevano, è che senza la grande "forza mentale" e la lucidità  di Coverdale gli Hoosiers non sarebbero andati da nessuna parte.

Comunque al ragazzo non è che importi molto delle parole della gente, lui continua sulla sua strada. Oggi è lui l'anima di Indiana, gli altri fanno le giocate ad effetto, gli altri ammassano numeri di riguardo, ma rimane lui il cuore del gruppo, l'anima dello spogliatoio, il metronomo del gioco.

“Tom non arriva neppure a schiacciare a canestro…> scherzava Jared Jeffries <…però quando sei in difficoltà  e non sai cosa fare lui c'è sempre, appostato per lo scarico o pronto a riniziare l'azione…il termometro sale, ma lui rimane impassibile…”, queste parole sintetizzano forse al meglio il gioco del ragazzo.

Alto 185 cm, con gli anni ha messo su un ottimo fisico che gli consente di reggere qualsiasi urto: è un regista classico, di quelli che fanno giocare la squadra, dettano i ritmi al meglio e sono al servizio del collettivo.

Dotato di ottimo tiro coi piedi a terra, micidiale da tre, Tom preferisce stazionare sul perimetro in attesa degli scarichi e magari provare l'entrata dove il fisico lo aiuta molto.

Da buon play pensa prima al passaggio, anche se non è un creativo, e cerca di far girare la sfera per puntare alla soluzione migliore. In difesa si applica come un matto, sempre pronto agli aiuti è tremendo quando si tratta di "confezionare" trappole o guidare i suoi in zone-press.

Di base è un atleta normale, non velocissimo, ma neppure lento, fa della grande intelligenza e della meticolosità  nell'esecuzione degli schemi le proprie armi migliori.

La stagione è iniziata in sordina per il ragazzo, ma è cresciuta fino a raggiungere alti picchi come i 30 punti contro Maryland nella gara del 3 dicembre, o il ventello rifilato a Natale alla malcapitata UMass. Nel mezzo le solite prove convincenti, il solito gioco solido fatto di concentrazione, leadership e tanto sudore.

Finalmente per Coverdale sono arrivati pure i riconoscimenti, ad inizio anno è stato inserito tra i papabili a Wooden Awards ed al titolo di miglior giocatore della Big Ten Conference, nel campus di Bloomigton è diventato un personaggio riconoscibile coi suoi capelli rossicci e la faccia da bravo ragazzo e sotto sotto anche la NBA lo sta seguendo,

“… meriterebbe una chance, il ragazzo conosce la pallacanestro ed anche nella NBA potrebbe far bene, ha ottimo tiro da tre, esegue perfettamente i giochi ed a voglia di imparare, forse qualcuno se ne accorgerà …” queste le parole di Marty Blake, caposcout della NBA, che suonano tanto di investitura ufficiale.

Per ora c'è da finire l'ultimo anno di college, prendersi la laurea in legge e pi si vedrà , magari Tom non appenderà  le scarpette al chiodo e continuerà  a giocare, nella NBA o in Europa, ma comunque a giocare.

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