Coach Bob Huggins, colpito recentemente da infarto
Di certo non sta lì ad avvisarti, ma ti coglie quando meno te l'aspetti, con conseguenze drammatiche, a volte tragiche. Stiamo parlando dell'infarto, una patologia tristemente nota e da sempre ai primi posti nelle cause di mortalità .
Coach Bob Huggins nella sfortuna è stato fortunato, in quanto è stato colto dall'attacco cardiaco proprio mentre si trovava nella hall dell'aeroporto di Pittsburgh, dove nella mattinata di sabato 28 settembre stava aspettando un volo per Milwaukee, dove avrebbe partecipato ad un clinic in compagnia del coach di Maryland, fresco campione Ncaa, Gary Williams e al coach di Oklahoma State, Eddie Sutton.
I soccorsi, vista la locazione, sono stati immediati, per cui Huggins è stato subito trasportato al vicino ospedale di Pittsburgh e sottoposto ad un intervento chirurgico, necessario per posizionare una placca di metallo per tenere aperta un'arteria occlusa per il 90% della sua sezione. Secondo le stime del bollettino medico, l'attacco cardiaco avrebbe danneggiato altre due arterie, ma in maniera decisamente meno grave.
Coach Huggins già nel 1998 si era sottoposto a delle visite per scongiurare problemi cardiaci alquanto frequenti nell'albero genealogico della sua famiglia, tanto che suo padre fu vittima di un infarto addirittura prima del suo quarantesimo compleanno.
Bob Huggins, pur essendo un coach di grande esperienza, sulla cresta dell'onda da oltre dieci anni, con le sue quarantanove primavere è relativamente giovane sia cestisticamente parlando, in paragone ad altri coach del suo blasone, sia a livello clinico, nonostante la sua vita non sia mai stata propriamente quella consigliata da ogni buon medico curante.
Nei primi giorni di degenza, Huggins, che non è ancora in grado di rilasciare interviste, ha ricevuto la visita dell'amico John Calipari, il coach di Memphis, un incontro da cui è emerso un aneddoto davvero curioso e divertente. Pare infatti che sull'ambulanza che lo trasportava in ospedale, ci fosse un personaggio, non meglio identificato da Huggins a causa del suo stato molto sofferente, che gli abbia intimato: “Coraggio coach, non ti lascerò morire, sono il cugino di John Calipari”, alla novella Huggins avrebbe risposto pensando: “Ah beh, se è così allora sono bello che fregato!”.
Calipari ha poi aggiunto di non essere riuscito a risalire all'identità del misterioso individuo, citando l'episodio più che altro per sdrammatizzare sul naturale alone di apprensione che l'opinione pubblica americana sta avendo circa le condizioni di un personaggio molto controverso ma sicuramente in grado di fare presa a livello mediale.
Il valore tecnico di Huggins è fuori discussione, dal momento che vanta un record vinte perse di 332-100, spesso rimontando anche a livello di pronostico situazioni in cui non veniva tenuto molto in considerazione. Lo scorso anno non molti davano i suoi Cincinnati Bearcats tra le prime posizioni, invece, ecco servito un record di 31-4 con undicesima partecipazione consecutiva al torneo Ncaa.
Il suo recruiting è sempre stato oggetto di molte critiche, tanto che Huggins è indiscutibilmente uno dei migliori riciclatori di avanzi di galera della nazione, come testimonia l'alto numero di crimini piccoli e grandi commessi dai suoi giocatori prima, durante e dopo la sua permanenza nell'ateneo di Cincinnati, e di una percentuale di laureati tra le più basse della nazione. Il suo programma inoltre non è stato esente da sanzioni infarcite dalla Ncaa per varie ed eventuali irregolarità .
Perché tutto questo? Una spiegazione la troviamo nelle parole di Dick Vitale, che paragona Huggins addirittura al leggendario coach Vince Lombardi: “Bob è un allenatore vecchio stile, proprio come Vince Lombardi, di quelli insomma che predicano un basket fatto di grande etica lavorativa, di sacrificio e spirito competitivo, tutti fattori ereditati da suo padre Charlie, un coach di discreto successo a livello di High School”.
Riguardo i risultati accademici, Huggins, sempre secondo le confidenze di Vitale, era sempre pronto a trovare scusanti ma anche a rallegrarsi degli aspetti positivi: “Bob mi dice sempre che il suo graduatine rate è tra i più bassi perché recluta molti JUCO, che non vengono inseriti in questa statistica, così come i giocatori che lasciano anzitempo per la Nba (e non sono pochi, NdR) abbassano drasticamente questo indice. Non è vero che Huggins non si curi del lato accademico, anzi, lo scorso anno la sua truppa ha avuto il miglior GPA di tutta la conference USA, e di questo andava davvero orgoglioso”.
Un maestro nel prendere ragazzi difficili e trasformarli in campioni, questo è Bob Huggins. Se avete dei dubbi provate a chiedere a qualcuno dei nomi che seguono, a partire da Nick Van Exel, Kenyon Martin, Danny Fortson, Corie Blount, Steve Logan, Ruben Patterson, DerMarr Johnson o Kenny Satterfield, tutta gentaglia presa dalla strada e lanciata nel firmamento della Nba.
La chiave del successo di Huggins, come dice Vitale, è l'etica del duro lavoro, che si traduce in un basket fatto di difesa estenuante, pressing continuo, grande intensità , senza aver paura di andare troppo sulle dure. Proprio per questo è riuscito a infondere in questi ragazzi gli elementi base per avere successo tra i professionisti, accendendo in loro la molla dell'agonismo, per essere sempre competitivi al massimo.
Sarà difficile vedere il carisma di Huggins al comando delle operazione il 12 ottobre, quando Cincinnati inizierà gli allenamenti, per cui dovremmo aspettarci sul pino il suo assistente Dan Peters, in attesa che il titolare si rimetta in sesto e cambi soprattutto stile di vita, dal momento che ci sono forti sospetti che la sua sregolatezza abbia giocato un ruolo fondamentale in questo incidente.
Bob Huggins si aggiunge a Rick Majerus, Jerry Tarkanian, Charlie Coles e Gary Colson nella non invidiabile lista di allenatori di Division 1 afflitti nella loro carriera da problemi cardiaci (ebbene si, gli americani tengono anche queste statistiche, NdR).
Affidiamo quindi la parola proprio al più grande esperto di vita spericolata, vale a dire il santone di Utah, il leggendario Rick Majerus: “A differenza di Bob, io non ho mai avuto un vero infarto, e questo per me è stato un vantaggio, perché il mio cuore, nonostante mi siano stati inseriti ben sette bypass, non ha mai subito danni permanenti. In ogni caso, Huggins non dovrà cambiare il suo modo di allenare, potrà tranquillamente sbraitare come faceva prima, ma dovrà sicuramente cambiare il proprio stile di vita, dandosi una regolata”.
Majerus lotta contro l'incremento di peso da anni, anche se dalle sue riflessioni emergono particolari molto interessanti: “Quando ti capitano certe cose, devi cambiare vita, moderarti nel mangiare, nel bere, trovare il tempo per fare attività fisica ogni giorno e dormire un numero di ore ragionevoli; poi, stare attenti alle piccole cose, ad esempio, se ti capita di mangiare la sera tardi, non ti prenderai una pizza, ma una bella insalata”.
Poi, fa notare come la salute sia ovviamente legata anche molto alle casualità : “Bob aveva avuto casi analoghi nella sua famiglia, contro la predisposizione genetica puoi fare davvero poco, ma io, nonostante tutti miei problemi, non ho mai smesso di allenare se non quando è subentrato lo stress del cancro di mia madre. Ha quel punto ho dovuto mollare, ma vi assicuro che i miei problemi di salute non erano stati per nulla determinanti in quella scelta”.
Ben più seria la situazione di Charlie Coles, che nella sua vita ha subito addirittura due infarti, di cui uno assolutamente drammatico, nel 1998, quando la sua attività cardiovascolare si arrestò completamente, e solo un miracolo lo salvò dalla morte: “E' chiaro che certi episodi lasciano il segno, ma ti obbligano anche a convivere con i tuoi problemi, io ho cambiato drasticamente il mio stile di vita, alleno la mattina, guardo le cassette il pomeriggio e molte volte la sera alle otto sono già a letto. In ogni caso, appena mi sento stanco, vado a riposare. Tutto questo non ti garantisce nulla, nel senso che io non mangio fritti ed hamburger dal 1985, non fumo, bevevo pochissimo, eppure ho avuto due infarti. Davvero non vedo perché Huggins non debba tornare ad allenare, è la sua vita, se ce l'ho fatta io, non vedo perché non debba farcela anche lui”.
Tarkanian che ora sta lottando anche contro un cancro alla prostata, ricorda il suo attacco cardiaco ai tempi in cui allenava la UNLV dei record: “Io ho cambiato la mia dieta, ma ho anche diminuito decisamente il mio carico di lavoro, a Fresno State non lavoravo come lavoravo a Las Vegas, ma sono convinto che uno come Bob Huggins migliorerà ancora dopo questo episodio. Imparerà a godersi la vita, proprio perché è stato ad un passo dalla morte, e apprezzandola imparerà anche a riguardarsi; è anche giovane ancora, non c'è bisogno che diminuisca l'intensità che ha quando va in panchina”.
Gary Colson adesso lavora per Jerry West a Memphis, ma ha ancora ben vivo il ricordo del dramma che lo colpì quando allenava Pepperdine nel 1977. Dall'infarto si riprenderà allenando fino al 1995, quando chiuse la sua carriera a Fresno State proprio per cede il testimone, ironia della sorte, proprio allo “squalo” Tarkanian: “Quando allenavo a Pepperdine ero single, per cui non mi facevo mai da mangiare io, andavo sempre nei fast food, alimentandomi in maniera decisamente scorretta; dopo l'infarto ho cambiato radicalmente le mie abitudini, nell'alimentazione e nell'attività fisica, correndo tutti i giorni e giocando molto a tennis, oggi è come se i miei problemi di cuore in un certo senso non li avessi mai avuti, nel senso che l'impegno che ho messo nel regolare le mie attività , come mi hanno detto i medici, ha di gran lunga agevolato il mio recupero, credo per cui che se Huggins avrà la volontà di cambiare vita potrà recuperare in tempi anche brevi il suo posto in panchina”.
Sono testimonianze che vanno anche oltre il realismo, per essere prima di tutto incoraggianti verso il loro collega, ma sono comunque esempi concreti di come chi ha subito quello che ha subito Huggins è tornato ad allenare come prima. Proprio per questo ci aspettiamo al più presto un Huggins più duro e combattivo che mai a suonare la carica ai suoi Bearcats.