Oggettività  ed ignoranza

Ned Colletti, GM dei Dodgers

Quante volte vi è capitato di guardare una partita, di vedere una mossa inspiegabile del manager/allenatore fallire (prevedibilmente) e di dirvi "beh, avrà  comunque avuto i suoi validi motivi!"?

Un manager, o anche un ex-giocatore (al commento televisivo magari), ne sapranno sicuramente più di noi profani, ed anche quando prendono una decisione assurda, una motivazione dietro ci sarà , giusto?

No, non è così. Spesso e volentieri i manager nel dugout sbagliano. Sono esseri umani, quindi è logico e normale che lo facciano. Magari è un po' meno normale fare errori lapalissiani, quando tutto il mondo la pensa diversamente (ed ha anche ragione!) com'è accaduto a Grady Little in gara-7 dell'ALCS del 2003 (tenendo un Pedro Martinez stanchissimo sul monte), però in generale l'errore ci sta. Il problema è quando se ne vedono molti. In quel caso dov'è la spiegazione? E' possibile che il manager sia incompetente? E' possibile che abbiamo veramente ragione noi, che non abbiamo giocato professionalmente a baseball, e che sia lui in torto?

E' assolutamente possibile, quando non addirittura probabile. Purtroppo nel baseball c'è molta approssimazione, anche quando non pensiamo che sia possibile. Certo, nessuno può insegnare nulla dal punto di vista tecnico a degli ex-giocatori al massimo livello, ma essere stati grandi giocatori non li rende grandi manager o grandi tattici.

Fortunatamente, le cose stanno cambiando negli ultimi anni. La rivoluzione è partita dai GM (Billy Beane in primis), ma tra qualche anno inevitabilmente si estenderà  agli allenatori. Fino a poco tempo fa si riteneva che solo un ex giocatore, o qualcuno con grande esperienza potesse gestire una squadra, ma è stato dimostrato il contrario. Ora ci sono Theo Epstein (Boston Red Sox), JP Ricciardi (Toronto Blue Jays) e Kevin Towers (San Diego Padres) oltre a Beane. I loro risultati (forse tranne quelli di Ricciardi a dire il vero) sono stati strepitosi. Dal 2000 al 2006 i poveri Oakland Athletics di Beane sono stati la seconda squadra con più partite vinte in assoluto, dietro agli Yankees (di sole 12 peraltro!), con un quarto del payroll. I San Diego Padres hanno vinto 2 titoli divisionali di fila e sono diventati una potenza della National League. E i Red Sox? Loro si sono limitati ad avere una delle migliori squadre in MLB (attualmente la migliore in assoluto come record) e a vincere finalmente il titolo dopo 86 anni (secondo alcuni, se non fosse stato per l'errore di Little, avrebbero vinto 2 titoli consecutivi).

L'approccio di questa new-wave di ragazzi laureati in istituti famosi, senza avere una consistente esperienza, è quello sabermetrico. La sabermetrica è la ricerca della verità  applicata al baseball. Tutto ciò che accade e tutte le decisioni prese devono essere motivate da una ragione oggettiva. Il metodo più ovvio è quello dell'analisi statistica ed è da lì che si parte, ma in generale qualsiasi affermazione supportata da un solido e concreto ragionamento sarà  accettata. Le affermazioni soggettive condite da impressioni non supportate da fatti, al contrario, vengono scartate, così come le statistiche maturate su un campione ridotto. Il risultato in questi anni è stato senza dubbio eccellente per quelli che hanno utilizzato questo metodo. E' l'intelligenza al potere, ed ha sconfitto l'arroganza di chi, solo per il fatto di avere esperienza pregressa sul campo (che comunque aiuta) riteneva di non avere più nulla da imparare, ma tutto da insegnare. E' il depotenziamento della soggettività , un ritorno ai fatti, ai numeri, a ciò che è concreto.

Naturalmente tutto questo non piace e non può piacere a chi continua a prendere decisioni basandosi sulle proprie impressioni ed idee soggettive. Nonostante il metodo nuovo funzioni, c'è molta resistenza, che parte con frasi assurde del tipo "se è così migliore, perché non vincono tutti gli anni il titolo?" che naturalmente non reggono, visti i fantastici risultati ottenuti dalle squadre succitate. La sabermetrica permette di competere ad un livello più alto perché permette di scoprire chi siano i giocatori scartati da altre organizzazioni (magari perché non piacevano ai loro scout), prelevandoli a prezzo inferiore ed ottenendo un rendimento particolarmente elevato. Questo è solo un esempio, ma la sabermetrica è incredibilmente potente. Un altro piccolo esempio direttamente da Play.it? All'All Star Break, avevamo scritto:

Ordonez non sarà  in grado di continuare così a lungo termine. Probabilmente durante la seconda metà  osserveremo un calo, se non un crollo, nelle sue prestazioni. Non indicherà  necessariamente un peggioramento nel suo gioco, ma semplicemente una normalizzazione della fortuna avuta finora.

Ordonez aveva statistiche periferiche che molto evidentemente dimostravano come avesse avuto fortuna. Qualsiasi buon sabermetrico se ne sarebbe accorto (Dayn Perry di Fox Sports si è preso una valanga di insulti dai tifosi dei Tigers per un'osservazione analoga). Da quel giorno, pur non peggiorando le periferiche, c'è stata una normalizzazione della fortuna stessa. Guardiamo i suoi splits pre e post All Star Game:
Pre: .367/.446/.604
Post: .279/.342/.456

Non siamo maghi e neanche scout professionisti, ma abbiamo usato il potere della sabermetrica. Ordonez non aveva un motivo reale per mantenersi su quelle cifre esagerate senza migliorare la qualità  del gioco, ed ora si sta semplicemente normalizzando, pur continuando a giocare come prima. Rimane un grande giocatore, ma era stato fortunato. Nel frattempo, grandi analisti, giornalisti, scout e manager dicevano che fosse finalmente esploso con tutto il suo talento. Si, vero, ha molto talento, ma non così tanto quanto ne stesse dimostrando. La sabermetrica ci ha permesso di guardare oltre e di vedere la realtà  oggettiva delle cose.

Eppure, dicevamo, c'è chi resiste ancora. I dinosauri si estingueranno, lo sappiamo, ma nel frattempo dobbiamo confrontarci con loro. Di certo dovremo continuare a sopportare delle scelte sbagliate in maniera assurda solo perché il manager ha "visto qualcosa negli occhi del giocatore X", oppure perché "aveva quella determinata sensazione" oppure ancora perché "pensava fosse giusto e basta". No, non funziona così. Ogni mossa deve far aumentare le possibilità  di vittoria della propria squadra. Una mossa che le fa diminuire in maniera chiara, ma che l'allenatore decide comunque di fare perché se la sente, è una mossa stupida e ci si sta semplicemente mettendo nelle mani del caso o della fortuna, e se va bene bisogna ringraziare quest'ultima. Fine, è così semplice. Ma tanti allenatori continueranno così nei prossimi anni, ugualmente, alla faccia dell'oggettività , palesando la propria ignoranza. Ebbene si, perché saper giocare non significa saper allenare, saper gestire una squadra o saper commentare una partita. Bisogna rimettersi in discussione e capire che a volte la verità  sia diversa da come la immaginiamo.

Vediamo però qualche esempio concreto di ignoranza (perché non c'è altro modo di definirla).

Il Bunt

Il bunt è una mossa particolarmente amata dagli allenatori MLB. Fa avanzare un corridore sulle basi regalando un out. Ebbene, è una mossa particolarmente stupida nella stragrande maggioranza dei casi. Una squadra ha più possibilità  di segnare con uomo in prima e nessun out che con un uomo in seconda ed un out. Ovviamente ci sono circostanze in cui un bunt è accettabile (ad esempio con un pitcher al piatto in National League), ma in generale è una strategia perdente, che avvicina di un out la fine dell'inning ed eventualmente della partita. Ed è proprio questo quello che conta: non fare out, non avvicinare la conclusione dell'incontro. Per questo la singola statistica più importante è l'OBP (la on-base percentage): perché misura quante volte si riesca a non fare un out arrivando salvi in base. E per questo qualsiasi giocata che regali volontariamente un out è un errore.
Ma i manager continuano a buntare. E le persone logiche annuiscono: se lo fanno tutti, non saranno mica tutti scemi? I fatti dicono che i bunt siano parte di una strategia perdente, ma i manager vanno oltre i fatti, e decidono comunque per conto loro perché quello sentono. Sbagliando, il più delle volte.

Joe Morgan

Per chi non lo conoscesse, Morgan è la voce del baseball di ESPN (la rete più importante al mondo per il baseball). E' un Hall of Famer, un commentatore stimato ed apprezzato. Dovrebbe illustrarci il baseball, aiutarci a capire di più. Ebbene, questa persona, che dovrebbe sempre tenersi aggiornata per poi girare a noi le sue riflessioni, apertamente si rifiuta di leggere libri sul baseball, per esempio. Perché? Perché ha giocato, è stato tra i migliori giocatori, ed ha imparato dai migliori allenatori, e non c'è altro che possa imparare o che qualcuno gli possa insegnare. Non conosce bene le squadre, i giocatori e le tendenze moderne. Ma spara comunque sentenze trancianti su chi non la pensi come lui.

E' l'emblema, se vogliamo, di ciò che non va bene nel mondo del baseball odierno. Si è rifiutato di leggere Moneyball, ossia il libro più influente ed importante della storia del baseball, o di apprendere alcunché a riguardo. Ma nonostante ciò, per anni ha schernito Billy Beane "reo" di aver scritto quel libro solo per vantarsi e per parlare delle statistiche che lui aveva creato col suo computer, come l'OBP appunto. Non importa che l'OBP esistesse sin dalla nascita del baseball e che il libro non sia stato scritto da Beane: Morgan non aveva bisogno di saperlo, per sapere che ci fosse solo immondizia dentro e quando gli hanno detto che l'autore fosse diverso, non è certo tornato sui suoi passi nei confronti di Beane. I computer non possono saperne più di lui. Per fortuna il mondo sta andando avanti, e si scrivono articoli molto incisivi e critici su di lui come questo, che fanno capire l'attitudine di questi esperti uomini di baseball. C'è uno scambio che vale la pena davvero di tradurre, perché rende particolarmente bene l'idea di ciò che stiamo dicendo:

Joe Morgan: "[su Moneyball] Non leggo libri del genere. Non ho letto il libro di Bill James, e tu hai detto che mi faceva dei complimenti. Perché dovrei leggere un libro su un computer che fornisce numeri da computer?
Intervistatore: Non è su un computer.
Morgan: Beh, io non l'ho letto, quindi non lo so.

"però in seguito lo ridicolizza comunque"
L'intervista e l'articolo sono comunque splendidi e da gustare fino in fondo, per chi ha la fortuna di parlare inglese. E contemporaneamente nascono siti come questo dove si cerca di affrontare il mondo del giornalismo anti-sabermetrico e deriderlo in maniera leggera, ma molto intelligente e pungente. Morgan ne è solo l'emblema, ma è tutto un sistema da rifondare, da educare, da formare.

Ned Colletti

Colletti è il GM dei Dodgers. Sapete come abbiano fatto i Dodgers ad acquisire Andre Ethier dagli Oakland Athletics nello scambio per Milton Bradley? Attraverso una fitta rete di osservatori che scrutavano ogni sua partita? Attraverso un'attenta analisi statistica della sua carriera al college ed in minor league?

No.

Il GM ed i suoi assistenti erano intorno ad un tavolo e stavano riflettendo su chi chiedere in cambio di Bradley agli Athletics. Ad un certo punto uno degli assistenti ha fatto quasi per caso il nome di Ethier, giocatore di AA che nessuno degli altri conosceva. Uno scout, tale Al LaMacchia, 85enne, è intervenuto nella conversazione dicendo di aver visto alcune partite di Ethier, e che gli aveva fatto una buona impressione.

E così un trade è stato strutturato. In base alle osservazioni di uno scout che aveva visto alcune partite, mentre il GM e quasi tutti i suoi assistenti neanche avevano mai sentito parlare di Ethier. Detta così dovrebbe suonare come un trionfo dello scouting soggettivo ed irrazionale. Peccato che invece dimostri l'incompetenza di Colletti e dei suoi assistenti (ma anche dello scout, per motivi che spiegherò tra un attimo): Ethier a quel punto era stato nominato giocatore dell'anno del sistema degli A's, aveva già  giocato 116 partite di NCAA (ad Arizona State, un buon college) e 267 partite di minor league. Inoltre, era il prospetto numero 1 degli Athletics, ed in minor league aveva compilato le seguenti statistiche: .317/.389/.464!

E' sconvolgente che il miglior talento di un'organizzazione rivale non solo non sia seguito partita dopo partita ma non sia neanche conosciuto da parte di chi dovrebbe, al contrario, conoscere i dettagli di ogni singolo giocatore di major e minor league. Per non parlare dei suoi assistenti, o dello scout stesso, che, impressionato dall'abilità  del ragazzino, comunque ha deciso di non approfondire la ricerca fidandosi di quelle poche partite in cui l'aveva visionato. E se Ethier fosse stato un pessimo giocatore, ma caldo in quel momento? Il bello del baseball è che si gioca a profusione, e dunque non si può imbrogliare con una striscia calda o con un po' di fortuna, a lungo termine. Ed una decisione su un trade di questo calibro invece è stata fatta sulla base di un paio di partite viste al volo da uno scout? E' incredibile la leggerezza con cui milioni di dollari vengano trattati. Purtroppo, molte organizzazioni gestiscono così il proprio talento, e poi ci si chiede perché i Pirates continuino a fare scambi assurdi, o i Royals continuino a firmare inutili veterani che servono solo a bloccare i loro giovani.

I Manager

Per questo poi non dobbiamo stupirci se Terry Francona continua a mettere Kevin Youkilis a battere quinto. Francona è convinto che Youkilis sia bravissimo in tutte le situazioni. Un velocissimo sguardo alle statistiche gli dimostrerebbe il contrario: Youkilis soffre incredibilmente la quinta posizione del lineup. Da sempre rende alla grande in cima, invece, dove viene protetto dagli sluggers che seguono. Vediamo un attimo, per rendere l'idea, gli splits del 2006 e del 2007, anni in cui è stato titolare in pianta stabile, dividendosi tra una posizione primaria e lo slot numero 5.
Nel 2006 da leadoff (posizione primaria): .286/.385/.430
Nel 2006 da quinto: .215/.307/.354
Nel 2007 da secondo (posizione primaria): .343/.444/.564
Nel 2007 da quinto: .217/.313/.278

Ma Francona non ha bisogno di fatti, evidenze, dimostrazioni. A lui bastano i suoi istinti. A lui basta quello che crede. E così i Red Sox hanno un giocatore pessimo a battere quinto, quando sarebbe fenomenale in cima. Per alcuni Francona è obbligato a questa scelta. A parte che ovviamente non è vero (a parte i pitchers, tutti gli altri giocatori sono più adatti a battere quinti rispetto a Youkilis), il pur deludente Drew, battendo quinto, ha queste statistiche: .252/.360/.370, che risultano di circa 150 punti di OPS superiori a quelle di Youkilis!
Francona, perché chiaramente ne sa più dei numeri, ha spostato Drew, per fare un "upgrade" con Youkilis. Come no!

C'è di peggio. Dusty Baker ha distrutto le braccia di Prior e Wood con utilizzi assurdi. Grady Little ha ucciso le speranze dei Sox nel 2003. Ozzie Guillen (un campione!) tratta disastrosamente il lineup col suo small ball e non capisce che nel 2005 sia riuscito a vincere grazie ai suoi pitchers e non grazie alle sue tattiche autolesionistiche offensive. Dave Littlefield ha chiesto ai suoi pitchers di lanciare "attorno" ad Eckstein per affrontare Pujols piuttosto, perché Eckstein è "clutch" (vi risparmiamo le statistiche fuori da questo mondo di Re Alberto).

Potremmo andare avanti, ma il discorso è proprio questo: i manager, chi più chi meno, ritengono di saperne molto di più delle statistiche, dei numeri, dei fatti e delle analisi. Mentre è indubbio che la loro esperienza li arricchisca notevolmente, dovrebbero mettere in discussione ciò che credono alla luce dei fatti e delle oggettività  per ottenere il meglio di ogni aspetto. Questo sta succedendo tra i GM, dove gente dalla mente aperta come Beane, Epstein e Towers sta facendo la differenza per le proprie squadre, e questo succederà  un giorno (speriamo non troppo lontano) anche tra i manager, dove non si darà  per scontato che un grande giocatore possa essere un grande manager e non si supporrà  che un grande manager debba essere stato (come minimo) un giocatore presentabile. Non è vero, semplicemente.

Il lavoro è lungo, ma alla fine porterà  i suoi frutti.

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