Sempre il solito pesce

Come in ogni romanzo che si rispetti, le finali NBA presentano sempre nuovi spunti, nuove trame da narrare al margine di quella principale e nuovi protagonisti.

Immaginiamo un grande libro giallo, che ha fatto scuola e che tutt'ora viene preso come esempio da migliaia di autori di telefilm, giochi, fumetti, Poirot a Styles Court, il primo libro pubblicato da Agatha Christie.

Muore una donna ricchissima che ha sposato un poveraccio arrogante e scostante ed ha appena scritto un nuovo testamento di cui non si trova traccia.

Chi è il colpevole più probabile? Esatto, il marito.
Agatha Christie invece sorprende tutti ed il colpevole è…. il marito.
Solo che racconta il tutto con una suspence, una cura maniacale per la trama, una tale attenzione alle motivazioni di ogni singola scelta dei personaggi che il libro è un classico che nessuno mai si stanca di leggere.

I Lakers arrivano agli ultimi minuti di una gara importantissima più o meno pari agli avversari, Kobe Bryant è marcato benissimo e non riesce a trovare sbocchi, chi può essere a risolvere la partita per i gialloviola? Derek Fisher, direbbe chiunque.

L'indiziato più sospetto, quello più tenuto d'occhio risulta dunque essere il colpevole, alla fine di una trama che però risulta talmente ricca da risultare comunque appassionante fino all'ultimo. Se a volte Agatha Christie ci ha tenuto incollati alle pagine di un libro in cui il colpevole, di fatto, era già  noto dall'inizio, a volte con colpi da prestigiatore ci ha lasciato di stucco per la sorpresa, presentandoci un assassino che non avremmo mai immaginato.

Nel suo libro più celebrato, l'assassino di Roger Ackroyd, la signora del giallo ci tiene avvinti alla sua trama fino all'ultimo capitolo, un ultimo capitolo in cui si scopre che l'assassino è la persona meno sospettabile, addirittura il narratore, assistente ed amico dell'investigatore.

I Celtics fanno fatica a trovare penetrazioni, si scontrano con l'ottima difesa dei Lakers sui tiri da tre, hanno bisogno di un tiratore micidiale che gli consenta di allargare la difesa avversaria aprendo spazi per un Kevin Garnett finalmente positivo.

Nulla di più facile, direbbe chiunque, basta dar palla a Ray Allen. Sorpresa, l'assassino delle speranze biancoverdi di vincere questa partita è proprio il protagonista di "He got the game", che sparacchia senza costrutto senza riuscire e realizzare nemmeno un canestro dal campo.

I protagonisti principali, i capitani, gli MVP delle ultime due finali, Kobe Bryant e Paul Pierce, come in Poirot e la salma, sono ridotti al rango di comprimari, le luci della ribalta stavolta spettano ad altri.

Volendo scendere nel dettaglio, potremmo dire che i Lakers nei primi due quarti hanno compiuto un ottimo lavoro di squadra, giocando insieme e difendendo bene sulle caratteristiche più pericolose degli avversari, ancora una volta secondo quello che in teoria dovrebbe essere lo stile avversario.

Nel terzo quarto e nei primi minuti dell'ultimo quarto i Celtics hanno recuperato, giungendo ad un solo punto di distacco. Le armi? Quella consueta, una difesa asfissiante, che ha fatto saltare la circolazione di palla degli avversari ed ha mandato fuori ritmo Kobe Bryant.

Al Mamba sono arrivati tanti palloni allo scadere dei 24", che lui ha provato a gestire con le mani degli avversari in faccia, sbagliando tanto e finendo per perdere sicurezza e smarrire la via del canestro avversario.

Vedendo il suo giocatore più pericoloso in difficoltà , visti i problemi che i Lakers trovavano a far pervenire palla ai lunghi, Phil Jackson ha dimostrato una volta di più perchè è l'allenatore che ha vinto più titoli nella storia dell'NBA.

Ha chiamato un time out a poco più di 9 minuti dalla fine, ha guardato negli occhi i propri giocatori e da profondo conoscitore di uomini ha ordinato dei giochi in cui Kobe Bryant ha palleggiato per costruirsi un tiro, è stato ovviamente raddoppiato e nel mentre Fisher si è mosso correndo come un pazzo, facendosi trovare libero, ha ricevuto palla ed ha sfruttato i blocchi proprio del numero 24.

Talmente semplice che si fatica a definire questo una schema, talmente semplice da risultare efficace. Quattro canestri in fila di Fisher, con altri due canestri di un Lamar Odom, relativamente libero, grazie all'attenzione che i Celtics dovevano dedicare alle due guardie ed a Gasol, poi, nell'ultimo minuto, un gioco da 3 punti di "The Fish" ha ricacciato gli avversari a -7, togliendo loro le residue speranze.

Gli occhi di Fisher a fine partita, mentre veniva intervistato, rivelavano tanto del carattere di quest'uomo: in essi c'era la consapevolezza di aver compiuto un'impresa decisiva, c'era il sollievo di potersi finalmente scaricare e smettere di doversi concentrare in modo assoluto, c'era la consapevolezza di essere nuovamente una cenerentola invitata al ballo del principe, un uomo che risulta decisivo di fronte a tanta gente più dotata di lui di talento ed atletismo.

"Non avevamo alcun dubbio circa la nostra capacità  di vincere. Noi sappiamo che se vuoi che la tua squadra sia la migliore, devi vincere sempre e dovunque!"
"Eravamo concentrati su quanto eravamo dispiaciuti di aver perso gara 2 in casa, sicuramente più concentrati di quanto eravamo nel 2008!"

Parole semplici, parole da vero leader. Quanto è importante questo Fisher per i Lakers?
Credo basti un dato. Ricordate i primi due anni del ritorno di Phil Jackson ai Lakers, il 2006 ed il 2007?

I Lakers arrivarono sesti ad ovest, grazie soprattutto alle due annate di Kobe quale miglior marcatore della lega, e furono eliminati al primo turno ai play off.

Durante la stagione 2007/2008 arrivarono a Los Angeles Trevor Ariza e Pau Gasol, rivoluzionando la squadra e consentendole di poter ambire al titolo, ma ad inizio stagione, prima che arrivassero, i Lakers erano comunque primi ad ovest. Primi, dopo due stagioni chiuse al sesto posto.
Qual'era l'unica differenza a roster? Derek Fisher al posto di Smush Parker.

Per quanto riguarda l'altro protagonista, quello negativo, invece occorre notare una cosa.
Se uniamo le statistiche sul tiro da tre punti delle due partite, ecco che abbiamo un 9 su 19, percentuale comunque buona. Erano i 7 su 7 del primo tempo di gara 2 ad essere irreali.

Teniamo conto poi che la difesa dei Lakers, spesso sottovalutata, è ottima sui tiratori avversari. Il modo di difendere sui giochi a due e la parvenza di zona spesso fanno trovare Fisher in gran difficoltà  sulle penetrazioni degli avversari, tenere in uno contro uno a 36 anni gente come Westbrook non è facile per nessuno.

Phil Jackson cerca semplicemente di spedire colui che penetra nella direzione del centro, sperando che Pau Gasol ed Andrew Bynum riescano ad intimidirlo a sufficienza. Quello stesso modo di difendere però da ottimi risultati contro i tiratori, in quanto costoro si trovano addosso un pari ruolo, non un lungo da battere in velocità , e di solito un pari ruolo più alto e con le braccia più lunghe.

Dato che poi questa batteria di esterni è composta da gente che si conosce da una vita, con l'eccezione di Artest, tutti si chiamano, si aiutano, si danno suggerimenti. Andando a leggere le statistiche si finisce per leggere che la difesa dei Lakers è fra quelle che consentono le peggiori percentuali da tre agli avversari e, più in generale, sul tiro piazzato.

Teoricamente i Celtics avrebbero la chiave per forzare la difesa dei Lakers, un Rondo ottimo in penetrazione ed un paio di lunghi dalle mani veramente morbide, Kevin Garnett e Rasheed Wallace, per effettuare giochi a due.

I gialloviola però sembrano aver trovato le contromisure, Rondo viene marcato da lontano, in modo da impedirgli le penetrazioni e lasciargli un tiro di cui non si fida fino in fondo, e Wallace non sta incidendo.

Garnett, dopo due prestazioni negative, ha giocato piuttosto bene, segnando 25 punti e prendendo 6 rimbalzi, ma la sua prestazione è stata vanificata in quanto nel complesso il reparto lunghi gialloviola ha lo stesso prevalso su quello biancoverde, nonostante una partita di sofferenza.

Gasol e Bynum hanno sofferto, hanno tirato con percentuali non eccezionali, ma hanno catturato 20 rimbalzi ed hanno offerto un contributo difensivo eccellente. Lamar Odom è stato, come ultimamente spesso gli capita, molto, troppo timido, ma ha giocato una partita offensiva quasi perfetta, senza nemmeno un errore al tiro.

Come è accaduto nelle altre due partite, ha vinto la squadra che ha preso più rimbalzi, e se nemmeno con un Garnett in spolvero i Celtics prevalgono, c'è davvero da preoccuparsi per Rivers, non sempre può essere Rondo a risolvere i problemi sottocanestro.

Ulteriormente inquietante per i Celtics è il fatto che i Lakers siano stati capaci di vincere una partita dominata dalle difese e conclusa sul punteggio di 91 ad 84.

Quante partite dominate dalle difese hanno perso i Celtics ai play off da quando sono arrivati Garnett ed Allen? Quante partite con il punteggio sotto a 95? Quest'anno nessuna, in assoluto credo davvero molto poche.

Ora in gara 4 ci si attende la riscossa dei Celtics davanti al loro pubblico e, soprattutto, un Paul Pierce scatenato, dopo che per tre gare ha messo su un tabellino decorosissimo, ma senza mai incidere veramente.

Ci si attende però anche che i Lakers siano in grado di reggere l'urto, specialmente adesso che paiono aver trovato la quadratura difensiva, che i lunghi riescono a tener botta anche in una serata difficile e, soprattutto, che i gialloviola riescono a vincere una partita in cui Kobe Bryant ha bisogno di 29 tiri per segnare 29 punti e nell'ultimo quarto realizza un solo canestro dal campo su 6 tentativi.

Se è terminato un libro, di certo non è terminata una collana: Agatha Christie scrisse almeno un libro all'anno dal 1920 al 1957, continuando comunque a scrivere molto fino alla morte, avvenuta nel 1976, qui ci aspettiamo al massimo 7 opere, ma possiamo dire che probabilmente a tratti non saranno forse eccessivamente spettacolari, ma comunque paiono in grado di essere sempre avvincenti e ricche di colpi di scena fino all'ultimo.

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