Finals 2010: Preview tattica (Part. II)

Sale la tensione, la battaglia si avvicina…

La sfida tra l'attacco dei Lakers e la difesa dei Celtics è destinata a monopolizzare l'attenzione di tifosi e commentatori: l'altro lato del campo, di cui andiamo ad occuparci, viene invece raramente considerato, a causa del pregiudizio ancora diffuso secondo cui l'attacco biancoverde e la difesa gialloviola sarebbero i punti deboli delle rispettive squadre, o quantomeno non altrettanto entusiasmanti rispetto alle controparti. Le cose non stanno proprio così.

Partiamo dall'attacco dei trifogli: Doc Rivers subisce da troppi anni la nomea di allenatore limitato, quando in realtà , se è vero che i Celtics del 2008 presentavano un attacco regolare, senza troppi fronzoli, ma abbastanza prevedibile, è altrettanto vero che in questi anni non hanno fatto che migliorare.

Salta agli occhi la mancanza di un catalizzatore, di un singolo giocatore che si identifica con l'intero attacco e influisce sulla gara in ogni momento, anche quando non è in possesso di palla (come succede per quasi tutti i top team, partendo da Kobe e Lebron e passando per Howard, Nash, Duncan, Melo, Durant, Wade e chi più ne ha più ne metta); forse è la ragione per cui questo attacco non riceve le attenzioni che meriterebbe, ma la realtà  è che Rivers è riuscito a trasformare questa caratteristica in un punto di forza, costruendo un sistema perfettamente bilanciato in cui sono stati pensati schemi e movimenti per sfruttare di volta in volta i punti di forza di ciascuno dei top four, a seconda dell'avversario e della situazione di partita.

La prima scelta dell'attacco biancoverde resta sempre e comunque l'early offense, che nasce dalla straordinaria efficacia difensiva dei biancoverdi, e già  aveva svolto un ruolo fondamentale nella corsa al titolo di due anni fa; con l'esplosione di Rondo, però, è stata elevata a vero asso nella manica, visto che il giovane play, con la sua velocità , il suo controllo del corpo e della palla, e la capacità  di fare a fette le difese con passaggi millimetrici, è in grado di spingere sull'acceleratore, anche da canestro subito, con incredibile efficacia.

La sua specialità , in contropiede così come a difesa schierata, è aggredire il pitturato avversario e quindi, dopo aver attirato tutte le attenzioni su di sé senza mai chiudere il palleggio, scaricare per il rimorchio di un compagno che si traduce in una tripla di Pierce o Allen, in un jumper di Garnett dal gomito, nei tagli verso il ferro di Perkins o Big Baby Davis.

A difesa schierata, invece, la prima opzione è generalmente rappresentata dal tentativo di costruire un tiro per Ray Allen, preferibilmente passando per KG dal gomito: una trama ricorrente, che prevede una serie di giochi a due tra Rondo e Pierce, Garnett o Davis sul perimetro, eseguiti non tanto per attaccare il ferro ma per attirare l'attenzione della difesa avversaria su quel lato del campo, mentre dall'altra parte Allen si libera sulle sue mattonelle preferite grazie ad una serie di blocchi a palla lontana.

Ad esempio, partendo da un normale set offensivo come questo:

I biancoverdi sviluppano una complessa serie di movimenti per liberare Allen sul lato opposto: l'apertura è un gioco a due Rondo-Pierce, mentre Allen sfrutta un primo blocco sulla linea di fondo da parte del centro arrestandosi sul post basso, e lasciando incerto il difensore sul da farsi, sapendo che "Jesus" può proseguire il movimento o rientrare verso l'angolo da cui è partito; se Allen sceglie la seconda opzione, Garnett gli piazza un ulteriore blocco sull'altro post basso, salendo poi per ricevere palla nella sua prediletta posizione al gomito.

A questo punto, dopo vari secondi di movimenti coordinati, la difesa ha parecchie cose a cui pensare: il gioco a due Rondo-Pierce richiede la massima attenzione, vista la caratura dei due giocatori: al tempo stesso, però, quando Garnett riceve al gomito non può essere ignorato, visto che da quella posizione è assolutamente letale: in questo tourbillon, Allen è verosimilmente riuscito a guadagnare almeno un paio di metri sul proprio marcatore, e un rapido passaggio di tocco da parte di Garnett non appena gli avversari si avvicinano gli permette di sfoggiare il suo regale jumper, oppure di prendere in contropiede il difensore che recupera affannosamente con una rapida partenza in palleggio verso il canestro, approfittando del fatto che il suo lato del campo ormai è completamente sguarnito.

Un'altra variante basata su un concetto analogo si può vedere in questo filmato: anche in questo caso, infatti, l'attenzione della difesa viene attirata sul lato forte, dove il gioco a due Rondo-Pierce e la presenza di Garnett lasciano presagire che possa nascere qualcosa in questa zona; basta effettuare un fermo immagine nei primi due secondi per rendersi conto che Howard, dalla sua posizione, è chiaramente più preoccupato di quello che può accadere alla sua sinistra rispetto al movimento del suo uomo (Perkins) che si sta allontanando dal ferro"ma solo per andare ad "inchiodare" l'uomo di Allen, liberando il compagno; sul conseguente ribaltamento, Garnett si porta al gomito (e Rashard Lewis, suo marcatore, lo segue preoccupato, lasciando sguarnito il pitturato), mentre Howard esce precipitosamente sul liberissimo Allen, che però lo prende in contropiede attaccandolo dal palleggio e andando a segnare in beata solitudine.

Se Howard invece avesse anticipato le idee avversarie, muovendosi per tempo verso il lato destro, un'altra soluzione all'interno del medesimo gioco avrebbe visto lo stesso movimento di Garnett, la sua ricezione e un suo passaggio rapido per un taglio di Allen alle spalle di Howard.

L'utilizzo di Pierce o KG come "specchietto per le allodole" , attirando l'attenzione dei difensori su di sé per liberare altri giocatori sul lato opposto, è uno dei temi ricorrenti nell'attacco dei Celtics: prendiamo ad esempio un set offensivo ricorrente nei playbook di quasi tutte le squadre NBA, ed in particolare di tutte quelle che hanno una dominante combinazione esterno-lungo per il pick and roll (Nash e Stoudemire, Nelson e Howard, Deron Williams e Boozer):

L'idea, in questi casi, è di allargare i due esterni tiratori il più possibile, allontanare anche l'altro lungo (che, per tutte le squadre citate sopra, è un eccellente tiratore dalla distanza come Frye, Okur o Lewis) liberando il centro area, e quindi procedere con il pick and roll con la consapevolezza che una difesa pigra dell'uomo del bloccante concederà  ampi spazi al portatore di palla, mentre un suo anticipo forte libererà  un'autostrada verso il ferro per il lungo.

I Celtics iniziano allo stesso modo, "esiliando" Pierce e Perkins su un lato del campo, mentre KG esce a portare il blocco a Rondo:

In questa situazione, l'unico giocatore inerte ed apparentemente disinteressato è proprio Allen, che sembra fungere (come accadrebbe per le altre squadre menzionate) da semplice valvola di sfogo, da interruttore d'emergenza; i Celtics, invece, vogliono proprio che la palla arrivi a lui: nel momento in cui Garnett riceve palla, il marcatore di Allen è irresistibilmente portato a stringere verso il centro, per chiudere la linea di penetrazione libera verso il canestro.

KG invece riceve e scarica immediatamente, con un unico, fluido movimento, a Ray Allen, prendendo in contropiede il suo difensore, costretto a recuperare in tutta fretta a fronte di tiro da tre non contestato oppure una partenza in palleggio che lo coglierà , inevitabilmente, sbilanciato e fuori posizione.

In questa situazione, paradossalmente, la scelta migliore sarebbe quella di non effettuare la corretta rotazione difensiva, "sfidando" Garnett a mangiarsi in due falcate lo spazio libero verso il ferro, con un movimento tipico, come detto, di giocatori come Howard o Stoudemire: KG, che non è mai stato particolarmente portato ed abile nei movimenti in avvicinamento a canestro, verosimilmente esiterebbe, consentendo il recupero del suo uomo.

Un'ultima situazione tattica da prendere in considerazione è anche l'ultima a cui ricorrono i Celtics, quella a cui si affidano per le giocate decisive o quando mancano pochi secondi allo scadere dei 24: è il momento di Paul Pierce, e di uno degli ormai sin troppo noti jumper dal suo "soft spot" , la zona (ombreggiata nel seguente diagramma) da cui è letteralmente mortifero.

In questo caso non servono accorgimenti particolarmente complessi: basta un blocco di KG o Perkins per consentirgli il movimento a ricciolo che lo porterà  sulla sua mattonella preferita: se la difesa non è più che lesta nell'anticiparlo in quel punto, costringendolo ad arretrare in palleggio dietro alla linea, potete pure iniziare a segnarne due sul tabellone.

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Come abbiamo visto, il luogo comune di un attacco dei Celtics asfittico e poco efficace non trova particolari riscontri nella realtà : ma d'altronde nemmeno quello dei Lakers spumeggianti in attacco e allegri in difesa gode di una sorte migliore.

In questa stagione, infatti, i gialloviola hanno spesso accusato un rendimento offensivo mediocre, facendosi invece trascinare da una difesa sorprendentemente lucida ed efficace, anche grazie all'arrivo di un vero e proprio maestro come Artest.

Da un punto di vista prettamente tattico, Phil Jackson è sempre stato molto "old school" per quanto riguarda l'organizzazione difensiva: rigorosa difesa a uomo, forte pressione sul perimetro, utilizzo sparagnino e mirato del raddoppio, soprattutto in post basso.

Negli ultimi anni, però, le nuove regole sul contatto fisico tra gli esterni hanno reso obsoleto questo approccio, costringendolo ad introdurvi qualche innovazione: la sua soluzione, intrapresa inizialmente proprio nella stagione 2008, è una delle più estreme dell'attuale panorama NBA, e porta il nome di "strong side zone" , "tilting defense" o "defensive overload".

In questa immagine, l'attacco allarga le sue maglie per concedere ampio spazio al portatore di palla, con l'obiettivo di attaccare il vetusto Fisher dal palleggio: una situazione per lui indifendibile, che metterebbe tutti i gialloviola in pessime acque.

Per evitare che si verifichi, i Lakers anticipano le idee avversarie: non appena intravvedono che si sta sviluppando un'azione del genere, mandano il secondo lungo, quello appostato sul lato debole (e quindi, nella maggior parte dei casi, Lamar Odom), ad occupare in anticipo la prevedibile linea di penetrazione del portatore di palla: al contempo, Fisher esegue il movimento c.d. di "shade" , difendendo forte solo il lato destro dell'avversario, e quindi "indirizzandolo" alla sua sinistra verso il lungo in attesa, mentre i due compagni sul lato debole si dispongono a zona chiudendo le linee di passaggio verso i tre esterni di cui sono rimasti ad occuparsi.

A questo punto il vantaggio tattico degli avversari si volatilizza; la dribble penetration del portatore di palla viene neutralizzata prima ancora che possa svilupparsi, lasciandogli soltanto due alternative: un tiro in sospensione dalla lunga distanza (che a Rondo si può concedere) oppure un passaggio verso uno dei tre esterni sul lato debole (ora in superiorità  numerica), che è proprio l'opzione che i difensori gialloviola si aspettano, aumentando il rischio di una possibile palla rubata grazie ai loro istinti difensivi e alle loro braccia lunghe, che permettono loro di oscurare le linee di passaggio come poche altre difese.

E' un tipo di azione che permette ai gialloviola di mascherare le carenze difensive di Fisher, Farmar e Brown: una soluzione estrema, radicale, dal momento che molte squadre NBA hanno una giocata del genere nel proprio playbook difensivo (compresi i Celtics), ma nessuna la utilizza estensivamente come P.Jax e i suoi.

Aspettiamoci quindi parecchia di questa strong side zone (termine in realtà  improprio, dato che i giocatori disposti a zona sono i due sul lato debole, e non i tre sullo strong side, che tecnicamente mettono in pratica una trap) per tentare di disinnescare le scorribande di Rondo, che rappresenta l'unico vero incubo in termini di matchup per i Lakers.

I lunghi dei Celtics dovranno sudarsi ogni tiro contro le controparti gialloviola, più agili e con un notevole vantaggio in termini di centimetri, così come Allen contro Bryant; Pierce, per parte sua, sarà  costretto ad un matchup da incubo contro un Artest idrofobo e assetato di sangue, finalmente pronto a dimostrare il motivo per cui è stato portato nella città  degli angeli, cioè anestetizzare l'esterno avversario più pericoloso.

Per sparigliare le carte, i Celtics avrebbero bisogno che Rondo riservasse a Fisher il trattamento vietato ai minori cui ha sottoposto Mo Williams e i Cavs, costringendoli a continui aggiustamenti e cross-match che hanno fatto crollare i piani difensivi di coach Brown (e, da ultimo, il suo posto di lavoro) come un castello di carte: se però i Lakers riuscissero a disinnescarlo grazie alla SSZ senza bisogno di aggiustamenti (ed in particolare senza bisogno di dirottare su di lui Bryant, costringendolo ad un superlavoro difensivo e al tempo stesso concedendo comodi tiri ad Allen contro il più tozzo Fisher), gli atout a disposizione dei trifogli si ridurrebbero pericolosamente.

Rondo, inoltre, sarà  verosimilmente l'ago della bilancia anche in relazione all'altro grande tallone d'Achille della difesa californiana, vale a dire i rimbalzi difensivi: i Lakers, in generale ma soprattutto in questi playoffs, non sempre difendono il proprio tabellone come dovrebbero, ed infatti soffrono tremendamente le squadre molto atletiche ed aggressive a rimbalzo offensivo come i Blazers o i Thunder.

I Celtics, per parte loro, sono però una squadra ben poco efficace in questo settore, con l'unica eccezione, indovinate un po', proprio di Rondo: un rimbalzista offensivo formidabile, probabilmente il migliore nel suo ruolo, come spiegato egregiamente in questo articolo del consigliatissimo blog "nba playbook".

Molte delle speranze di titolo dei Celtics risiedono quindi nelle mani del suo giovane play: se riuscirà  a fare sfracelli in transizione, se riuscirà  a vivisezionare la strong side zone dei Lakers con i suoi passaggi millimetrici, se riuscirà  a punire i Lakers a rimbalzo offensivo, allora verosimilmente si aggiudicherà  non solo un altro anello, ma anche, a soli 24 anni, un titolo di MVP dei playoffs che al momento sembra destinato ad una sfida a due tra lui e Bryant.

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