Ron Ron contro LeBron,giochi di parole e di potere
La fatidica caccia all'anello ha portato (quasi) mai come quest'anno i GM di mezza America a tentare il colpo dei colpi, ovvero quell'azzardata mossa di mercato che può mandarti alle stelle o farti sprofondare nelle stalle dei vari ranch sparsi in territorio statunitense.
Il risultato è che probabilmente stiamo andando incontro ai playoff più avvincenti del decennio, ma come nella più ovvia e spietata tradizione sportiva, per una squadra che esalterà il suo manager come facevano i faraoni per gli architetti dei quei templi giganti, ci saranno altre franchigie che resteranno lì a pensare dei propri “affaristi”: “ma che diavolo ha combinato questo, l'estate scorsa?”
Le ultime stagioni hanno in effetti indicato la via, e se i Celtics diventano campioni grazie al clamoroso colpaccio Garnett, e i Lakers resuscitano dalle polveri perchè vien loro quasi regalato un certo Gasol, allora vuol dire che in fondo tentare la strada dell'affarone può portare una positività che invece stenterebbe ad arrivare col semplice mercatino di quartiere…
E così tutt'insieme cambiano squadra giocatori affermati, famosi e ultrapagati che spostano soldi, equilibri, speranze: da Artest a Carter passando per Shaq, Sheed e Jefferson, addirittura arrivando a chi di maglie ne ha cambiate quattro in un anno scarso, quell'Allen Iverson che dovrebbe essere la soluzione e che invece ironia della sorte non trova una Risposta ai suoi dubbi di fine carriera.
E per fortuna che due giocatori non proprio dal nome qualunque in un recente passato hanno solo minacciato di cambiare squadra, sennò, permetteteci la battuta, rischiava persino di crollare Wall Street: parliamo ovviamente dei più forti cestisti del pianeta, ossia James e Bryant.
Il secondo pare aver trovato l'amore eterno verso i suoi Lakers, il primo freme e non ha abbandonato propositi d'addio: per un' incredibile coincidenza l'uno può decidere il destino dell'altro, ma andiamo a vedere nel dettaglio l'impatto che tutti questi campioni appena nominati hanno avuto sulle squadre più forti dell'Nba.
Artest contro Shaq
Vedendo quel che il prescelto stava combinando negli ultimi playoffs, per la cronaca strisce da oltre 40 punti di media a partita, Phil Jackson deve aver tirato un sospiro di sollievo quando ha capito che quel mostro le Finals se le sarebbe viste da casa, senza nulla togliere ai brillanti Magic.
I Lakers hanno vinto ma dentro di loro dev'essere rimasto un dubbio atroce: e se l'anno prossimo ce lo ritroviamo di fronte, sapremo almeno frenarlo? Basteranno i quarantelli di Kobe?
Decidono allora di acquistare uno dei più forti difensori al mondo, Ron Artest, classe eccelsa, ma una testolina bollente da cui aspettarsi di tutto, nel bene e nel male.
Lo comprano da Houston, pur sapendo che il rischio c'è (umore di Ron Ron a parte), perchè viene sacrificato il promettente Ariza che aveva già perfettamente assimilato gli schemi del coach per un giocatore che a detta di tutti non avrebbe digerito quegli stessi schemi per così dire, “triangolari”.
Dopo due mesi di partite, i gialloviola hanno fin qui mantenuto la leadership, Artest ogni tanto brilla, altre volte un po' meno ma tutto sommato ha fatto amicizia con Kobe, almeno dal punto di vista cestistico, non pretendiamo che si amino, per carità .
E senza di lui i californiani le hanno prese nettamente da Cavaliers e Suns.
Avremmo anche scritto che ha messo la testa a posto se non fosse che ad un certo punto, ed è roba recente, ha fatto un volo natalizio per le scale di casa, appiccicandosi con la faccia per terra, tipo Tom quando insegue Jerry e non vede la buccia di banana sul pavimento…
Visti i trascorsi, qualcuno ha pensato all'ennesima lite familiare (la moglie cercò di annientargli la macchina a padellate in quel di Sacramento tre anni fa…), ma alla fine l'infortunio non è dei più gravi e il difensore nativo di New York è già pronto a riprendersi il posto in squadra.
Se Los Angeles abbia fatto un affare lo sapremo solo a giugno, per adesso possiamo immaginare, dibattere e scommettere e i nostri due dollari li puntiamo sul sì, han fatto un affare.
Ora sta al Vero Guerriero non smentirci!
Ma anche nel lontano Ohio non sono stati con le mani in mano e si son messi comodi lì, in poltrona, a guardare Kobe che s'infilava l'anello al dito e a pensare a come potercelo soffiare a breve.
Ed ecco la soluzione: un… poliziotto!
Arriva dunque a Cleveland Shaquille O'Neal, un vincente ben addestrato ad operazioni sportivamente belliche e ad imprese memorabili, tipo i tre anelli californiani ma soprattutto la vittoria con i Miami Heat, nel 2006 (“soprattutto” perchè è una franchigia che non ti aspetteresti di trovare sul gradino più alto del podio..)
O'Neal ha cominciato così così per poi aumentare il ritmo strada facendo e i Cavaliers si sono ripresi il primato della Central Division, e poco importa se qualcuno sussurra che senza di lui(ha saltato qualche partita, ndr) Cleveland ha giocato meglio: senza di lui e la sua presenza immane avrebbero senz'altro meno possibilità di vittoria. Garantito.
Vicino a LeBron, Shaq è deciso a lasciare definitivamente il segno nella storia dell'Nba, come a dire al suo rivale della costa Ovest(Kobe..) “Vabbè, non posso più cantare che senza di me tu non vinci, e allora canto che io senza di te vinco comunque e dovunque!”
A colpi di canestri, rimbalzi e cantilene i due guerrieri-nemici s'avviano alla resa dei conti, una eventuale finale che sarebbe a quel punto più attesa di un Superbowl.
Gli altri colpi ad Est
Ma non solo i Cavaliers mirano a detronizzare i galattici gialloviola: anche Magic e Celtics non hanno digerito il finale della scorsa stagione e hanno deciso di riprovarci immediatamente. Come?
Ma acquistando naturalmente (e anche cedendo comunque…).
In Florida è arrivato Vincredible Carter per il turco Turkoglu: mossa azzardata ma che a lungo andare potrebbe anche risultare positiva.
Vero che Hedo gestiva i finali dei match in modo sapiente ed ordinato ma Vince e la sua nuova squadra hanno una cosa in comune: entrambi stanno cercando di diventare da titolo prima della fine di un qualcosa: non del mondo, come sussurra qualche profezia che va di moda… ma della carriera del primo e della stagione e in generale del ciclo Van Gundy per la franchigia nerazzurra.
Orlando freme, sperando che ogni tanto si realizzi anche qualche favola di basket e non solo quelle della vicina Disneyland, per adesso Carter e i suoi Magic stanno andando bene, come tutti si aspettavano sono tra le primissime ad Est ma saranno i playoff e nient'altro a stabilire se il sogno di diventare i migliori si sarà realizzato o meno. Auguri.
La risposta dei Celtics a tutti i colpacci di cui sopra è stata forse meno appariscente, meno da prima pagina dei giornali ma non da sottovalutare. Si chiama Rasheed Wallace da Philadelphia.
L'ultima volta che Sheed andò a caccia del titolo fu sconfitto proprio dai verdi del Massachusetts, era il 2008, Finale dell'Est, 4-2 Boston su Detroit.
Da allora una parabola discendente che lo ha portato a lasciare il Michigan e tentare l'avventura a Boston, dove è diventato un sesto uomo di lusso, alla James Posey dell'anno magico, per intenderci.
Wallace è in crescita e becca meno tecnici di quelli che prendeva a Detroit, l'infortunio di Pierce gli consente di giocare anche più di prima e la positiva classifica di Boston(momentaneamente primi ad Est) è la conferma che uno come lui è sempre meglio averlo al proprio fianco che contro, perchè per lui più di chiunque altro vale il detto: “quando il gioco si fa duro i duri iniziano a giocare”.
Rasheed aspetta James col cuore in gola ma con la convinzione di poter ancora essere determinante anche ai livelli più alti.
E la Dinasty?
E gli Spurs? Per ora l'inserimento del loro uomo nuovo, Richard Jefferson, sta incontrando delle difficoltà .
L'ex Bucks stenta a far decollare la propria stagione e ha visto abbassarsi le proprie percentuali realizzative, anche se quest'anno a San Antonio sta stentando e non poco pure un certo Tony Parker, ancora lontano dai suoi standard.
“Non siamo così tenaci come dovremmo essere” è stata la giustificazione di Richard al momento delicato che la sua nuova squadra vive.
Per di più un ragazzino (o ragazzone, a vederlo bene…) chiamato DeJuan Blair è in continua crescita e si sta rivelando un colpo interessante davvero.
Gli speroni hanno vinto poco più del 60% di partite, ma non danno l'idea di poter infastidire le armate appena citate, a meno che…
A meno che Jefferson cominci a giocare da uomo-titolo quale potrebbe clamorosamente rivelarsi e renda la vita più facile anche a quel Tim Duncan che più invecchia e più diventa forte e che alla fine sarà sempre il leader di questa squadra. Che vuol tornare grande ma che non è ancora una corazzata.
Anche perchè negli ultimi anni, e va detto, non ha avuto il Bruce Bowen dei bei tempi, un atleta di cui cominci a capire la forza dopo che ha detto “mi ritiro”…
Intanto i primi due mesi di campionato sono volati e qualcosa ci dice che passeranno in fretta anche i prossimi tre e mezzo.
Perchè in America e nel resto delle nazioni innamorate dell'Nba tutti aspettano la post season della verità , quando un cowboy texano (Jefferson) lotterà nelle praterie occidentali, Carter e Rasheed combatteranno a spada tratta nel cuore dell'Est ma soprattutto quando un poliziotto in servizio a Cleveland cercherà di fermare dei pericolosi “boss” californiani.
Sarà un film da non perdere!