Miami riparte dal talento di Beasley e Wade…
Solitamente la sfida più dura a livello sportivo è riconfermarsi a certi livelli dopo una stagione sopra le aspettative. La pressione aumenta e sei chiamato a esprimere il solito livello, per non vanificare quanto svolto pochi mesi prima.
Gli Heat stanno vivendo questo momento, a maggior ragione nell'annata cruciale a convincere Wade a rimanere in Florida e poter costruire attorno a lui i programmi futuri.
La dirigenza sta già corteggiando l'ex MVP della Finals del 2006 alla ricerca di un accordo di prolungamento e pianificare senza ansia il prossimo lustro ma in un estate del genere, in cui ogni team ha cercato di migliorare il proprio organico per ingolosire i prossimi top free agent del 2010, la squadra guidata dal Deus Ex Machina Pat Riley è rimasta assorta in una sorta di immobilismo che ha destato qualche scetticismo tra gli addetti ai lavori, e non ha ancora convinto Wade a porre la firma sull'estensione triennale al massimo salariale.
Come si sa, d'estate le squadre anziché giocare sul campo, giocano sugli ingaggi e i Free Agent, scalando o scendendo nel ranking dei pronostici in un giochino simpatico ma che poi non necessariamente rivela i veri valori che poi durante la stagione possono uscire fuori.
Sotto questo punto di vista Miami perde qualche posizione nel ranking, a favore di squadre che in estate si sono mosse in avanti, come Raptor, Magic, Celtics e Cavaliers, che hanno messo a segno colpi anche sensazionali.
Wade ovviamente, per continuare a legare il proprio nome a quello della squadra più a sud della lega, vuole certezze, un roster adeguato e prospettive di crescita per tornare a lottare per il titolo.
Ha chiuso l'annata come top scorer dell'intera lega, il suo ritorno al 100% dopo due anni sofferenza fisica è stato il grande acquisto degli Heat nel 2008, il suo nome è stato accostato spesso a quello di James e Bryant come pretendente all'MVP e quindi il suo status gli permette di avere anche voce in capitolo nelle scelte societarie, perché averlo sempre motivato e carico fa la sua differenza.
Chicago e New York stanno risparmiando ogni centesimo possibile per dargli la caccia il prossimo anno ma Miami è la sua casa, qui ha vinto, qui è diventato un idolo, qui ha messo radici e gli Heat non possono permettersi di deludere le sue aspettative di tornare a lottare per i vertici.
Miami riparte da un 5° posto ad est, difficile da riconfermare, ma non del tutto impossibile da riagguantare, perché se da una parte nessun Free Agent di lusso è ancora arrivato a Venice Beach (di Odom parleremo più avanti"), Miami non è proprio una squadra allo sbando priva di motivazioni e margini di crescita. Anzi, è proprio sugli stimoli e la crescita di giovani e veterani che Miami punta le proprie cartucce in una corsa ad est più complessa che in passato, ma più affascinante.
In particolar modo le speranze e le attese dello staff tecnico di Miami sono riposte in Beasley, Chalmers, Cook e Jermaine O'Neal.
Jermaine O'Neal???? Si, non ci sono errori di battitura, proprio l'ex bambino prodigio!!!
Arrivato nel febbraio scorso per Marion da Toronto, vive da oltre un paio di anni una situazione tribolata a livello fisico, con condizioni precarie e stimoli ai minimi storici che da All Star lo hanno tramutato in un onesto giocatore in declino dal contratto spropositato. Spoelstra e Riley però su indicazione di Wade lo hanno affidato a Tim Glover, guru tra i preparatori atletici americani, famoso a livello mondiale per essere stato il trainer di Michael Jordan e per aver rimesso letteralmente in piedi Wade la scorsa estate.
O'Neal si sottoporrà a un intenso programma atletico il cui obbiettivo è renderlo più forte nella parte bassa del corpo e limitare i problemi di tenuta delle giunture perennemente infiammate per farlo trovare all'inizio del prossimo training camp in condizioni smaglianti come ai tempi belli in cui contendeva a Garnett e Duncan lo scetto di miglior power forward NBA.
Un Jermaine O'Neal integrato nei meccanismi di squadra dopo 4 mesi di "rodaggio" e tonico fisicamente può rivelarsi il miglior "acquisto" di Miami, perché un lungo con quelle mani e con quel talento può davvero supportare Wade da secondo violino in una stagione che per l'ex Pacers anche dal punto di vista motivazionale è decisiva, visto il suo contratto milionario in scadenza e le necessità di trovare un altro contratto la prossima estate. Per un veterano che cerca di allungare la propria carriera a un livello accettabile ci sono 3 giovani alla ricerca della consacrazione.
Chalmers viene da un campionato strepitoso in cui ha dimostrato di poter essere in grado di guidare una squadra NBA con mano ferma e decisa. Il suo talento limitato, soprattutto offensivo, tra gli addetti ai lavori era visto come uno scoglio insormontabile per vederlo funzionare a livello pro, ma il buon Marione, uno a cui gli attributi e la durezza mentale non mancano, ha saputo ritagliarsi uno spazio da protagonista dal primo giorno di training camp, quando sulla carta era dato dietro a giocatori più esperti ma meno completi come Banks, Quinn e Livingston.
Grazie alle sue qualità difensive che gli permettono di essere sempre utile anche quando il tiro non entra e al suo sangue freddo che gli permette giocate importanti nei momenti caldi, Chalmers è stato da subito il perfetto compagno di reparto di Wade nel back-court, in grado di togliere alla star da Marquette compiti difensivi importanti e lasciarlo libero di creare quanto più gioco possibile palla in mano senza fargli spendere risorse preziose a impostare il gioco.
Per lui è prevista un estate di lavoro individuale per limare alcune lacune tecniche, rendere affidabile un tiro che tanto disprezzabile già ora non è e migliorare le letture offensive soprattutto da pick & roll che finora hanno portato pochi assist per un play titolare ma qualche palla persa di troppo.
Già la base di partenza è discreta, visto che al fianco di un accentratore di gioco come Wade è riuscito comunque a raggranellare una doppia media in punti tonda tonda con % accettabili, e l'obbiettivo è affiancargli un playmaker veterano per farlo crescere sotto il profilo umano, dove finora ha peccato un po di maturità (pescato a settembre a fumarsi spinelli durante il raduno dei rookie organizzato dalla NBA e diverse multe per ritardi o regole di spogliatoio non rispettate).
Beasley è il nodo cruciale dell'estate Heat, perché attraverso il suo sviluppo e la sua crescita sono incentrate le aspettative della prossima stagione della squadra della Florida. Migliorare le 43 vittorie ottenute lo scorso anno con un Beasley tenuto spesso con il freno a mano tirato per non bruciarlo e mandarlo allo sbaraglio può non essere solo un sogno, ma una realtà se l'ex Kansas State al suo straordinario talento cristallino aggiunge continuità , attitudine difensiva e una qual certa maturità tattica indispensabile.
Lo scorso campionato in 25 minuti ha smazzato 14 punti e catturato 5 rimbalzi di media con il 47% dal campo, cifre che gli sono valse il primo quintetto dei rookie ma che hanno espresso solo in parte le potenzialità di questa alona nata in Maryland.
La facilità con cui esprime basket, istintivo e naturale lascia affascinati, sa segnare in mille e uno modi, dal post basso e dal post alto, fronte e spalle a canestro, in traffico o creando separazione per un jumper, scivolando a canestro con la mancina o spingendo con il fondoschiena per un giro e tiro, il tutto con quella faccia sorniona che spesso mostra indifferenza o un aria frivola.
A questa dote e talento naturale va però migliorata la capacità di leggere il gioco, aggredendo la partita dal punto di vista mentale sia in attacco che in difesa, ovvero il vero punto debole di Beasley e il cruccio del suo coach Spoelstra che spesso in stagione lo ha punito con il pino per la sua scarsa attitudine nella propria metà campo.
Rotazioni sbagliate o spesso in ritardo, poca tonicità lontano dalla palla, scarsa intimidazione, propensione al rimbalzo buona a patto che non ci sia da sgomitare troppo, ma soprattutto voglia di difendere che va e viene a seconda dell'umore con cui scende in campo. In una squadra che fa dell'aggressività difensiva, delle rotazioni e del controllo dei tabelloni il suo punto di forza, con l'aggravante del suo ruolo di power forward Beasley è chiamato a dare certezze in questo senso, visto che in attacco ora come ora è già una fuoriserie.
Come Chalmers e O'Neal anche Beasley sta seguendo un dure lavoro individuale dal punto di vista tecnico e fisico, per affinare le sue doti sempre più lontano da canestro, cercando di diventare un'ala piccola non tanto in attacco quanto in difesa, dove è assolutamente prioritario migliorare la rapidità di piedi e l'esplosività .
Un ala con quel mezzo fisici, i suoi cm, e il suo tocco può diventare un mismacht vivente nel ruolo di combo-forward, diventando la spalla ideale di Wade del futuro alzando il livello di talento utile alla squadra per migliorare.
Dequan Cook è il soldatino di Spoelstra, il fromboliere che entra e con i suoi tiri ignoranti dalla lunga cambia l'inerzia delle partite, spesso imbeccato da Wade di cui è fido scudiero. A questa dimensione perimetrale in attacco però Cook deve dimostrare tenuta difensiva e capacità di playmaking, visto la sua statura di appena 190 cm che ne sconsigliano troppo a lungo l'utilizzo come guardia/ala, ruolo in cui spesso fungeva lo scorso anno al fianco di Wade e Chalmers per sfruttarne le sue doti balistiche.
Cook deve completare il suo gioco, diventando il cambio di Wade ma anche di Chalmers, completando i due quando è in campo con loro, ovvero essere più incisivo palla in mano al fianco di Chalmers e sgravare Wade da compiti difensivi aprendogli il campo in attacco per il suo 1 vs 1.
Miami punta tutte le sue fiches sulla crescita di questi giocatori, veri e propri "acquisti" sulla falsariga del "ritorno" di Wade del 2008. Anche perché rispetto ad altre squadre che si sono mosse durante l'estate, Miami, come Cleveland e New York è già con la testa al 2010 il che presuppone di non ingolfare il cap di contratti garantiti per giocatori di seconda fascia che alla fine possono rivelarsi degli albatross che tolgono preziose risorse e margini di manovra sul mercato dei Free Agent.
Riley aveva identificato in Odom il colpa sensazionale per dare qualità al roster, ma il prodotto della Grande Mela ha preferito rimanere in California dove guadagnerà qualche milioni di dollari in più e giocherà per una contender, piuttosto che percepire qualcosa meno a Miami ma avere un ruolo più da protagonista.
Questo era l'unico "strappo" che Riley voleva permettersi, una volta sfumato ha ragionevolmente cambiato tattica e sta rivolgendo i suoi sforzi per completare il roster di Miami con giocatori che abbiano un buon rapporto di qualità /prezzo, cercando un play da affiancare a Chalmers e un 4/5 atletico da mettere dietro a Haslem.
In questo senso vengono smentite anche tutte le voci che volevano Boozer a Miami, con l'ex Duke che mandava messaggi d'amore che Riley non ha però preso più in considerazione quando Utah ha richiesto in cambio Haslem, giocatore dotato di ¼ del talento della power forward del lago salato, ma capitano, uomo immagine di Miami non solo a livello sportivo e pretoriano appunto del coach dello showtime.
Per il ruolo di play, girano da diversi giorni rumors che portano a Tinsley, "fresco" di taglio dai Pacers, da quasi 2 anni inattivo per problemi in seno al suo tormentato rapporto con lo staff tecnico e dirigenziale a Indianapolis e totalmente fuori forma, ma con il talento intatto, in grado di pennellare basket di qualità per completare Chalmers nel migliore dei modi.
In alternativa a Tinsley viene trattato Jason Williams, clamoroso ritorno, che dopo un anno sabbatico si è presentato sul mercato dei Free Agent tirato a lucido e sprizzando il solito genio da tutti i pori.
Acquisti di qualità a prezzi di saldo, in linea con le idee di Riley, che però prima di spendere dollari cerca garanzie a livello fisico dei due sopracitati che hanno anche altre offerte da vagliare. Ecco perché non è escluso che Miami allora metta in atto il piano "C", ovvero firmare un veterano al minimo per alzare l'intensità degli allenamenti e svolgere un compito importante nello spogliatoio.
In questo senso sono caldi i nomi di Brevin Knight, Bobby Jackosn, Tyronn Lue e Anthony Carter, soluzioni di ripiego che però possono ritagliarsi il giusto spazio nelle logiche di squadra.
Le uniche manovre che Riley finora si è limitato a fare sono di fatto le conferme dei due centri in scadenza, Anthony e Magloire che allungheranno le rotazioni portando il loro prezioso mattoncino alle spalle di O'Neal come dimostrato nel corso della scorsa stagione.
Ci sarebbero anche i due rookie scelti al secondo giro, che però non paiono in grado di scalare le rotazioni o addirittura di fare la squadra. Dozier è già stato sondato da mezza Europa, anche in Italia, mentre Beverley potrebbe anche rimanere ma con un ruolo molto ma molto marginale.
L'unica possibilità che ha lo staff dirigenziali di Miami di cambiare fisionomia alla squadra è tramite trade, ipotesi che al momento è remota, ma che tra qualche mese a ridosso della deadline di febbraio potrebbe invece essere presa in considerazione visti i diversi contratti in scadenza che Riley ha per le mani, su tutti quelli di Quinn, Wright, Diawara, quello prezioso di Blount, e quello ancora più prezioso di O'Neal.
Riley è uno che sa il fatto suo, sia quando allenava che dietro a una scrivania, raramente scende a compromessi, e finora il suo operato per la franchigia della Florida non ha quasi mai deluso.
La strada che ha scelto di percorrere, probabilmente l'unica percorribile, è rischiosa, perché un infortunio può mandare a rotoli ogni cosa e cambiare diverse prospettive, così come c'è la possibilità che la maturazione del gruppo non rispecchi le previsioni e le aspettative. Ma finora tutto è andato nel verso giusto, dopo la disastrosa stagione 07/08 la squadra è rinata, nelle motivazioni prima che dal punto di vista tecnico, le scommesse sono state tutte vinte e la fortuna lo ha assistito senza scendere a patti con il diavolo.
Aveva progettato di dare a Wade una squadra coi fiocchi nel 2010, finora la tabella di marcia è rispettata e prima di vendere l'anima al diavolo c'è da vivere una stagione per certi versi della verità .