La strage di coach nella NBA

Incredibilmente, in spregio alla logica, anche Eddie Jordan ha conosciuto l'onta del licenziamento

In Italia siamo soliti portare come esempio le franchigie professionistiche americane, anche a sproposito, vedi il sistema delle chiamate che ogni tanto vengono sollecitate da qualche furbone che vorrebbe dei campionati più competitivi.

Richiesta ridicola, come quella di un salary cap limitato al campionato italiano, se un calciatore giovane infatti si trovasse legato, che so io, alla Reggina o al Cagliari, per citare due squadre non particolarmente celebrate dai media, chi gli impedirebbe di andare a giocare in Spagna, in Inghilterra, in Francia, in un altro campionato? Non c'è nel calcio un campionato nettamente più ricco ed importante degli altri come è l'NBA nel Basket.

Per quanto riguarda la programmazione e la costanza nel perseguire un risultato invece anni fa non c'erano dubbi, le franchigie NBA potevano tranquillamente essere portate ad esempio. Parte di questa programmazione era la scelta dell'allenatore, effettuata con grande cura e portata avanti anche in momenti di difficoltà . L'esempio di Jerry Sloan, legato a doppio filo agli Utah Jazz da tempo immemore, è solo l'esempio più clamoroso.

Allenatori con McMillan a Portland, Brown a Cleveland, persino Mitchell a Toronto hanno condotto di recente la loro squadra alla prima scelta assoluta, eppure sono rimasti al loro posto. Quante squadre di calcio avrebbero confermato Popovich dopo la pessima stagione 1995/1996 e la prima scelta assoluta? E siamo sicuri che senza l'ex agente CIA Duncan e Budford sarebbero stati sufficienti per la serie di vittorie dei neroargento?

Questo ultimamente non sembra più tanto vero, o per lo meno sembra vero solo in parte.
Già  in estate ci sono stati molti cambi di allenatore su cui si potevano nutrire dubbi, ad esempio i Mavericks ed i Suns hanno licenziato il coach che li aveva portati in alto sostituendoli con allenatori magari validi, ma che non si sapeva quanto sarebbero stati adatti alle rose messe loro a disposizione, ed infatti le squadre stanno faticando, i Pistons ed i Bulls probabilmente sono stati quasi obbligati al cambio, ma hanno chiamato ex giocatori con pochissima o nulla esperienza, ed infatti stanno faticando.

Gli Heat, fedeli ad un progetto, hanno promosso un vice allenatore che si coltivavano da anni, ed infatti stanno sorprendendo in positivo. I Knicks hanno deciso di cambiare, hanno voluto una squadra veloce e spettacolare, in cui volevano liberarsi di giocatori da contratti lunghi e pesanti, sostituirli con gente meno conosciuta senza perdere competitività  ed hanno chiamato l'allenatore più idoneo a farlo, e per ora stanno avendo ragione.

In ogni caso a gente come Del Negro e Curry, oppure come Carlisle e Porter, è giusto dare tempo per lo meno fino a fine stagione, per far vedere di cosa sono capaci, qualche cosa di positivo la stanno facendo vedere tutti, ma le loro vicende sono state solo l'antipasto di una serie di cambiamenti senza precedenti sulle panchine americane.

Abbiamo visto cambiamenti sulle panchine di Oklahoma City, dove è stato allontanato Carlesimo, Washington, dove ha perso il posto Jordan, Sacramento, che ha rilasciato Theus, Minneapolis, dove non siede più Wittman, Toronto, che ha defenestrato l'ex coach of the year Mitchell, e Philadelpia, dove Cheeks non correrà  più con loro.

Perchè tutta questa frenesia, perchè questi continui cambiamenti?
In parte parliamo di scelte nell'aria da tempo, in parte di scelte sbagliate dall'inizio, in parte di veri e propri misteri, dei tentativi di nascondere l'incompetenza della dirigenza.

Un aspetto dove l'NBA davvero è decaduta è nella scelta di allenatori e dirigenti, che una volta dovevano avere un minimo di esperienza, far vedere qualcosa di buono come assistenti o in campionati meno competitivi, oggi purtroppo spesso basta essere ex giocatori di un certo prestigio e con un certo seguito per raggiungere determinati incarichi.

Gavette come quelle di D'Antoni sono eccezioni rare.
Ovviamente ciò non vuol dire che qualcuno non emerga, Dumars ad esempio ha fatto benissimo, McMillan è passato dal campo alla panchina venendo coperto da elogi, ma ci sono frotte di allenatori o dirigenti che sono arrivati impreparati di fronte alle nuove sfide, fallendo clamorosamente e forse precludendosi carriere future.

Così ci troviamo di fronte a general manager che assemblano squadre con giocatori che hanno contratti lunghi ed onerosi, magari poco compatibili fra loro, o magari indeboliscono le squadre anziché rinforzarle, e magari pretendono poi dal coach che trasformino l'acqua in vino, facciano camminare gli storpi, udire i sordi e vedere i ciechi, come pure assistiamo ad allenatori che lavorano sulla condizione fisica, motivano bene i giocatori conoscendo bene le loro esigenze, poi in campo si affidano alle loro stelle, fanno dar palla a loro e sperano che così si arrivi da qualche parte.

Ovviamente questi casi non sono generalizzati, ci sono dirigenti ottimi, come i già  citati Dumars e Budford, anche dirigenti che si muovono in modo totalmente diverso dal consueto, ignorando i principi di programma soliti, ma riescono ad ottenere risultati, come Ainge, come pure ci sono ottimi allenatori, capaci di creare una buona circolazione di palla e di sfruttare al meglio i giocatori a loro disposizione, oltre che fra i mostri sacri anche fra i giovani, come McMillan o D'Antoni.

Nei casi di allenatori rimossi le condizioni che hanno portato ad una risoluzione traumatica sono molto differenti fra di loro, le responsabilità  sono diverse e diverse le premesse.

Se in alcuni casi, come quello di Mitchell a Toronto, da tempo si parlava di cambi e sembrava solo una questione di tempo la separazione fra la franchigia canadese e l'ex coach of the year, l'allontanamento di un allenatore che aveva fatto benissimo come Jordan sembra incredibile.

Esaminiamo uno ad uno i diversi casi di allontanamento di allenatori, per valutare fino a dove arrivano le loro responsabilità  e dove iniziano quelle delle dirigenze.

Minnesota Timberwolves – Randy Wittman
Onestamente all'estensore di questo pezzo sfugge perchè mai Wittman dovesse allenare una squadra in NBA. Non sembrava un particolare conoscitore di basket, i suoi principi erano ridotti all'osso, la squadra in attacco si affidava solamente a Jefferson, in difesa era un colabrodo, i giovani non crescevano, un disastro epocale.

In questo disastro epocale il maggior responsabile però non sembrava l'ex coach, che pure le sue brave colpe le ha, ma il general manager, Kevin McHale, il quale difficilmente poteva far peggio.

Prima ha tenuto disperatamente Kevin Garnett, affiancandogli veterani con contratti pesantissimi e dilapidando scelte, poi, con un cap intasato, è stato obbligato a cedere il suo giocatore principale quando ormai pretendeva di andar via ed il suo valore di mercato era diminuito, ha dato via giovani che sembrano stelle in pectore, come Roy e Mayo, per giocatori che non riescono a crescere, come Foye e Love.

Oggi in squadra Minnie non ha un vero play, ma buoni portatori di palla e realizzatori incostanti come Telfair e Foye, fra gli esterni una pletora di giovanotti che non fanno il salto di qualità  con un Miller, ottimo ma non certo un trascinatore, come abbiamo visto a Memphis, fra i lunghi un grande realizzatore che non difende, non passa mai la palla e non ha un gran raggio di azione, come Jefferson, con un giocatore finora molle come Love il quale viene sistematicamente ignorato, dato che, se la palla va sotto, va a Big Al.

Oggi McHale si trova a tentare di dare un verso al marasma che lui stesso ha creato, in una sorta di contrappasso dantesco, forse si sentirà  più vicino ai tanti allenatori che ha allontanato e capirà  cosa vuol dire avere a che fare con una squadra creata da un pessimo general manager.

Oklahoma City – P.J. Carlesimo
Raramente il buon P.J. ha avuto un buon rapporto con i suoi giocatori, come testimonia il tentativo di strangolamento ad opera di Spreewell a New York, ma l'esperienza e la capacità  di creare un buon sistema difensivo sembravano inattaccabili, come il rapporto con il GM Presti, creatosi negli anni trascorsi insieme a San Antonio.

Poi il pandemonio, con una squadra che si è sfaldata dopo la partenza di McMillan prima e di Ray Allen e Rashard Lewis poi, quindi il passaggio di proprietà , da Shultz, il proprietario della catena di caffetterie “Starbucks” all'imprenditore Clay Bennet di Ocklahoma City che si è affrettato, alla prima occasione, a trasferire la squadra da Seattle alla sua città , abbandonando anche il nome “Supersonics”.

Impensabile chiedere ad una squadra di essere competitiva in tutto ciò, infatti si chiedeva di abbattere il cap, costituire un buon gruppo di giovani che potessero crescere e porre le basi per il futuro.

La situazione attuale prevedeva Westbrook, Green e Durant che sembrano tre buoni prospetti, ma Durant e Green si trovano meglio nello stesso ruolo ed i lunghi sembrano tutti inadeguati, chi più, chi meno, soprattutto inadatti a giocare insieme.

Quali siano le colpe specifiche di Carlesimo sfugge, ma onestamente in un anno e mezzo di progressi il roster dei Thunders non ne ha fatti, anche la difesa, in teoria punto di forza di Carlesimo, è sembrata piuttosto tenera. Siamo solo al primo passo di una ricostruzione che sarà  senza meno lunga e faticosa.

Certo che a meno di ulteriori aggiunte in squadra non resta che fare i più sinceri auguri al prossimo coach, al momento Scott Brown, esordiente. Mal che vada al prossimo draft ci sarà  da scegliere abbastanza presto.

Sacramento Kings – Reggie Theus
Già  qui i motivi per l'allontanamento sono più oscuri. Una squadra che ha perso i suoi giocatori principali, gli ultimi Bibby, Stojakovic ed Artest, con veterani che non possono giocare ma pesano, come Kenny Thomas ed Abdul Sharif, un Brad Miller ottimo complemento in una buona squadra ma non certo un trascinatore, gente come Udrih, Garcia e Salmons che altrove erano ottimi comprimari, un leader destinato, Martin, buono offensivamente ma impalpabile in difesa e molto fragile, giovani lunghi che non riescono a fare il salto di qualità .

Questa squadra aveva raggiunto una decente identità , giocava in modo più che decoroso, vinceva poco ma era difficile chiederle molto di più. Si tornava ad intravedere persino qualche accenno di Princeton offence. Petrie, il GM, anziché pensare a rinforzare la squadra, magari liberare il cap appesantito non da altri che da lui e migliorare il reparto lunghi ha pensato bene di allontanare un coach che non stava andando male.

Sarà  molto difficile che Kenny Natt possa far meglio.
Molti pensano che l'allontanamento dell'ex giocatore di Varese sia avvenuto per far spazio ad un possibile ritorno di Eddie Jordan, che qui fece molto bene e fu allontanato da Petrie per un allenatore che avrebbe dovuto portare i Kings a vincere l'anello, se così fosse e Jordan non arrivasse al danno si aggiungerebbe la beffa.

Washington Wizards – Eddie Jordan
Qui si sfiora il ridicolo. Una squadra che ha sempre giocato divinamente, che ha perso prima Larry Hugues, poi Jarred Jeffries, non sostituiti, che ha usato una prima scelta assoluta per Kwame Brown, in un draft in cui c'era gente come Pau Gasol, che ha appena dato un contratto da nababbo, al momento il venticinquesimo dell'intera NBA, a Gilbert Arenas, fantastico giocatore che però ha dei limiti, prima di tutto deve giocare play ma ha limiti in regia e non difende, ma soprattutto è fragile, è assente da lungo tempo per infortunio e non si sa quando potrà  tornare.

Eddie Jordan ha fatto i miracoli in assenza del suo giocatore più rappresentativo, poi adesso si è ritrovato senza Haywood, il centro titolare, Thomas, il cambio, bloccato a lungo per gravi problemi di salute e non riesce a tornare in forma, i giovani, i vari Blatche, McGee, McGuire, sono acerbi e non crescono. Per Ed Tapscott, il nuovo coach, sarà  un miracolo anche solo avvicinarsi ai risultati del suo predecessore, probabilmente uno dei migliori allenatori degli ultimi anni.

Toronto Raptors – Sam Mitchell
Questa forse è stata la sostituzione più attesa.
Il GM Brian Colangelo, uno dei dirigenti con la miglior reputazione in assoluto, ha trovato Mitchell sulla panchina dei Raptors ed ha aspettato di vederlo all'opera e di iniziare la ricostruzione prima di pensare a sostituirlo.

Poi un imprevisto premio di coach of the year ha rinviato i piani.
Il problema stava in un roster all'europea, con lunghi leggeri, buoni tiratori, buoni passatori, solamente Bosh amante degli isolamenti, ed un coach che prediligeva un gioco tutto basato esclusivamente su giochi a due fra il play ed il giocatore più rappresentativo, più isolamenti di quest'ultimo.

Va anche fatto notare che il precedente play dei Raptors, T.J. Ford, a Milwakee sembrava un buon play, non propriamente classico, viveva di accelerazioni e variazioni di ritmo, ma a suo modo faceva il play, ad Indianapolis lo stesso, a Toronto sembrava una foca ammaestrata; allo stesso modo quel Calderon che con la canotta della nazionale spagnola sembra un regista inteligente ed attento, e finchè era il cambio di Ford era un regista pure in Canada, da quando è stato promosso in quintetto ha iniziato a vivere anche lui esclusivamente di giochi a due, testimoniando che si trattava di ordini precisi dalla panchina.

Aggiungiamo che il coach utilizzava esclusivamente una difesa individuale e pochissimi giocatori sono adatti a difendere bene a uomo in NBA, ecco un mix impossibile che difficilmente poteva portare ad un risultato diverso.

Quest'estate poi il GM Colangelo ha compiuto una mossa disperata, aggiungendo un lungo di stazza ed adatto a giocare spalle a canestro, ma molto fragile, come Jermaine O'Neal, probabilmente preparandosi a scambiare una delle due ali forti che non riuscivano a convivere, Bosh, la stella della squadra, una stella che non difende e passa poco e malvolentieri, ma è il miglior realizzatore e rimbalzista, ed il romano Andrea Bargnani, che gioca di squadra, per la squadra e con la squadra, ma prende pochi rimbalzi, è discontinuo ed ogni tanto delude per periodi anche lunghi. Con Mitchell però anche O'Neal, un attaccante molto pericoloso e completo, è stato a volte ignorato per insistere nei giochi a due fra Calderon e Bosh.

Il nuovo coach, Triano, difficilmente sarà  l'allenatore giusto per i Raptors, vediamo chi sarà  il prescelto e se costui arriverà  subito od a fine anno.

Philadelphia Sixers – Maurice Cheeks
Un cambio davvero inaspettato, una squadra che, in piena ricostruzione, dopo la perdita di Iverson e Webber lo scorso anno era tornata ai play off, anche dopo una partenza lenta; tradizionalmente infatti le squadre di Cheeks partono sempre con qualche difficoltà , salvo crescere con il tempo. Si tratta un cambio in cui si può però cercare un minimo di senso.

I Sixers lo scorso anno erano una squadra da corsa, tanta difesa ed atletismo, aggiungendo Brand, il free agent più ambito dell'estate 2008, era evidente che non si poteva correre così tanto, o almeno non sempre, e servivano quindi giochi, schemi, circolazione di palla per portare gente al tiro contro le difese schierate. Brand infatti è anche l'unico giocatore che ami prendersi isolamenti.

Si vocifera anche qui di un interesse a prendere Eddy Jordan, che ha lavorato ai Nets, come assistente, quando il GM Ed Stefanski era nella dirigenza, ma per ora si va avanti con Tony Di Leo. Servirebbe come il pane comunque un sistema con un minimo di struttura, che sia Princeton o meno; in ogni caso sarebbe un peccato buttar via una stagione per una squadra che ha un play vero, Miller, lunghi che possono rendersi pericolosi se ben serviti ed un Iguodala che se riceve in movimento con i tempi giusti può far molto male, una squadra che se vuole sa anche difendere con criterio.

In conclusione vediamo quindi che molti cambiamenti si giustificano a fatica, in alcuni casi sarebbe stato molto difficile far meglio dell'allenatore allontanato, in quasi tutti se l'allenatore ha delle responsabilità  in un andamento della squadra inferiore alle attese, queste responsabilità  le divide almeno alla pari con la dirigenza.

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