Kobe Bryant, sempre il numero 1.
Il panorama delle shooting guard della NBA presenta una notevole varietà tecnica di giocatori.
Si va dalle guardie tiratrici pure come puo' essere un Ray Allen, alle Combo Guard come per esempio Allen Iverson che ha giocato e può giocare anche da playmaker, fino ad arrivare a quelli che possono scivolare anche nel ruolo di Small Forward: è il caso di Kobe Bryant, come si è visto in alcune situazioni nelle recenti Finals 2008.
Trovare una classifica che esprima al meglio queste diverse anime del ruolo non è facile, anche perché il talento è stato distribuito a piene mani alle SG della NBA.
Ci sono almeno una decina di squadre il cui cammino nella stagione dipende dal rendimento della guardia titolare. E almeno altre 2 o 3 che nel ruolo hanno scommesso su un giovane sperando di aver azzeccato al draft il Kobe del secondo decennio.
La base di questa classifica è il talento. In questo ruolo bisogna averne, bisogna volere la palla per creare pericoli, bisogna avere la faccia tosta di prendersi le responsabilità quando la palla pesa. E bisogna avere il talento per non deludere. Certamente hanno talento anche quelli che in questa classifica non ci sono, ma questi hanno quel quid che li distingue nel mazzo. Cominciamo"
Kobe Bryant
Dodici anni di carriera NBA hanno trasformato questo ragazzino proveniente dalla Lower Merion High School di Philadelphia in una icona del basket e in un simbolo di Los Angeles. L'idea di sacrificare Vlade Divac, girato a New Horleans, per assicurarselo al draft del 1996 dovrebbe entrare nei libri di economia alla voce "investimento perfetto".
25 punti, più di 5 rimbalzi e quasi 5 assist di media dall'inizio della carriera da professionista. 2 titoli di miglior marcatore, 1 titolo di MVP della stagione, e ovviamente 3 titoli NBA. Basterebbero i numeri a metterlo di diritto in questa classifica.
Lui si porta al primo posto grazie alla voglia di vincere, di essere il migliore che ha mostrato in questi anni. Avere quelle cifre ed entrare con continuità nei migliori quintetti difensivi è quasi irreale.
Sotto il regno di Phil Jackson II, cioè quello senza l'amico nemico Shaq, Kobe è maturato molto. Riesce a mitigare le proprie manie di grandezza per coinvolgere di più i compagni, ora finalmente all'altezza, o quantomeno di livello soddisfacente.
La scorsa stagione ha dominato il titolo di MVP guidando un buon gruppo fino alla finale con i Celtics. E' probabilmente al punto più alto della sua vita di atleta, ha le chiavi di una squadra con molto potenziale e qualche incognita (il rientro di Bynum, il ruolo di ala piccola).
Vuole un titolo, un titolo suo, con solo il suo nome come protagonista, senza l'ombra di Shaq. Sarà dura, ma il nostro ha avuto dal Signore quantità di talento quasi vergognosa. Nel ruolo nessuno sposta come lui, in entrambe le metà campo. Parte con il pettorale numero 1!
Dwyane Wade
E' vero, arriva da due stagioni costellate di infortuni. E' vero, il suo raggio di tiro si sta allungando, ma non è ancora un tiratore affidabile da oltre l'arco. Però" Dwyane Wade ha le potenzialità per tornare ad essere quel giocatore che ha annichilito i sogni dei Dallas Mavericks nelle Finals del 2006 con tre prestazioni da oltre i 40 punti di media per portare i suoi Heat da 0-2 a 3-2.
Entrato in punta dei piedi nell'NBA in un draft dominato da LeBron e Melo, ha dimostrato di avere le qualità per stare al livello dei due, e anzi di arrivare da protagonista all'anello prima di loro. Le prime tre stagioni, e parte della quarta fino all'infortunio alla spalla del febbraio 2007, sono state un crescendo continuo.
Il ragazzo da Marquette ha mostrato una capacità di attaccare il ferro come pochi nell'NBA, costruendo cifre di tutto rispetto senza essere una macchina infallibile dalla distanza. Il tutto condito da una crescente capacità di distribuire ottimi palloni ai compagni.
Guardando le statistiche tende a perdere qualche pallone di troppo (capeggia la lega) ma il suo rapporto assist\turnovers è comunque molto positivo, segno di un gioco fatto di scelte e giocate al limite.
Inizia la stagione con poche prospettive di squadra. L'unico vero All Star in squadra con lui è Marion, col contratto in scadenza, e quindi pronto in ogni momento a lasciare la compagnia. C'è da far crescere il rookie Beasley, ma c'e' anche da guardare il contratto dello stesso Wade che ha un'opzione per uscirne nella fatidica estate del 2010.
Puo' essere che si guardi attorno per vedere dove c'e' la possibilità di dare compagnia all'anello del 2006. Quello che è sicuro è che se il fisico non lo tradirà , quest'anno avrà cifre da MVP.
Allen Iverson
Eterno, indistruttibile, fenomenale Allen I. Come si può non inserirlo in una classifica di questo tipo? Il prodotto di Georgetown è da 10 anni sopra i 25 di media a partita.
Prima a Phila, poi a Denver, prima da point guard, poi da shooting guard, prima a est poi a ovest, in squadre da titolo e in squadre da media classifica. Lui c'è sempre, quello che può dare non se lo risparmia. E adesso si presenta a Detroit, dopo la trade che ha portato Billups e McDyess a Denver, con il suo carico di talento e imprevedibilità .
La sua presenza costringerà coach Curry a modificare il book dei giochi, ma sono problemi che tutti gli allenatori vorrebbero avere. Lo si vedrà giostrare sia da point guard sia da shooting guard a seconda dei quintetti di Curry; con il suo metro e ottanta di coraggio continuerà a sfidare i giganti delle aree NBA.
Un paio di statistiche particolari della sua ultima annata (chiusa a 26,7 a partita con più di 7 assistenze): tira con oltre il 57% da dentro l'area con oltre 500 tentativi ed è la guardia con il maggior numero di canestro e fallo della NBA, supera anche Kobe. Cifre spaventose su quel fisico considerando che, con poche varianti, è lo stile di gioco che ha da quando è entrato nell'NCAA prima e nell'NBA dopo.
E' in scadenza di contratto ma è sicuro che questo non influenzerà il suo modo di giocare. Anzi, la prospettiva di una post season di alto livello innalzerà ancora il suo livello di gioco. Potrebbe essere una delle sue ultime occasioni per arrivare al titolo, anche se, con il contratto in scadenza l'estate prossima, diventa preda ambita per quei contenders a cui manca la ciliegina per puntare veramente al titolo.
Joe Johnson
Caccia all'intruso? Per molti sarà così, ma stiamo pur sempre parlando di un All Star 2008. La presenza di JJ in questa classifica è una scommessa. Lo abbiamo preferito a tiratori più regolari come Rip Hamilton o Michael Redd perché crediamo in una crescita notevole in questa stagione. Il prodotto di Arkansas ha chiuso con una seconda parte di stagione e una serie playoff molto positive.
L'arrivo di Mike Bibby ha dato equilibrio all'attacco degli Hawks e chi ne ha guadagnato di più è il talento ex Celtics e Suns. Le medie sono cresciute (+2,5 punti, +1,3 assist, +7% al tiro totale dopo il break dell'All Star Game);anche le responsabilità sono aumentate visto che nella serie playoff con Boston JJ ha comunque dato il suo contributo contro la miglior difesa dell'NBA.
Quest'anno Bibby c'è dall'inizio e noi crediamo che Joe Johnson possa sfruttare la situazione per produrre la sua migliore stagione. La squadra è cresciuta rispetto all'anno scorso; è vero che ha perso Childress, ma Horford e gli altri giovani hanno un anno di esperienza in più, Bibby c'e' dal training camp e hanno aggiunto Maurice Evans per la panchina. Insomma, niente da fare per il titolo, ma se vanno ai playoff non li vuole incontrare nessuno, nemmeno Boston.
Tracy McGrady
Se guardiamo al talento poteva essere anche al numero 1. Lo releghiamo in coda a questa classifica solo perché tutta la sua stagione dipende da come regge il suo fisico. Inizia la stagione con un problema al ginocchio ed è reduce dalla peggiori statistiche degli ultimi 8 anni ("solo" 21 punti 6 assist e oltre 5 rimbalzi").
Ciononostante vediamo un gran motivo per cui potrebbe fare un'ennesima grande stagione: finalmente ha, non solo una squadra con cui passare il primo maledetto turno di playoff, ma potenzialmente da titolo. Quindi se il suo fisico ha ancora cartucce da sparare le tirerà fuori quest'anno. Anche perché il neo Rockets Artest è in scadenza e chissà se rimarrà a Houston.
Questa è l'annata, TMac lo sa e tirerà fuori il meglio. Magari non dal punto di vista statistico, ma come leadership e selezione delle giocate dovrà andare oltre quello che ha fatto nella sua carriera. Come detto, il talento non gli fa difetto. Forse in tutta la carriera gli è mancata un po' di cattiveria agonistica per trascinare anche i compagni, ma se ne facciamo una pura questione di giocare a pallacanestro, anche qui il Signore è stato molto benevolo.
BONUS – Manu Ginobili
Parcheggiato fuori classifica perché salterà le prime 20-25 partite di regular season. Ma difficilmente sarebbe rimasto fuori dalla lista dei migliori 5. L'insistenza a voler a tutti i costi giocare le Olimpiadi con la sua Argentina l'ha costretto a un intervento alla caviglia, non proprio apprezzatissimo da coach Popovich che sa benissimo che la stagione degli Spurs svolta quando torna il ragazzo visto a Reggio Calabria e Bologna.
Nessuno cambia le partite uscendo dalla panca come fa lui; nessuno ha quei numeri e quelle responsabilità da sesto uomo, per di più in una squadra con Duncan e Parker. Il suo valore va oltre i dati statistici, comunque di livello ottimo.
Tecnicamente può vincere le partite in mille modi, con le penetrazioni, con il tiro da 3, con i giochi a 2 soprattutto con l'amico Oberto; oppure difendendo anche al limite del regolamento, da buon argentino.
Prevediamo per lui, come già fatto per TMac una stagione molto positiva perché per questo gruppo degli Spurs è una delle ultime chance per chiudere il ciclo in bellezza. L'età di molti avanza e la concorrenza soprattutto a Ovest fa paura. Ora o mai più, e il fenomeno argentino sa quando è ora di dare battaglia.
Gli emergenti
Tra 12 mesi ci ritroveremo qui, a stilare nuovamente questa classifica. Proviamo ad azzardare un paio di novità che potrebbero inserirsi, magari al posto di uno dei "senatori" citati precedentemente. Due nomi su tutti, e anche qui un bonus.
Brandon Roy
Questo pronostico è abbastanza facile. Il giocatore dei Blazers inizia il suo terzo anno NBA con la prospettiva di passare la soglia dei 20 a partita abbastanza agevolmente. Il tutto condito da una completezza di gioco non comune.
Inoltre gioca in una squadra da un elevatissimo potenziale, molto giovane e futuribile; è un gruppo che potrebbe generare entusiasmo e essere caricato dall'ambiente di Portland che finalmente vede qualche spiraglio dopo anni un po' bui. La presenza di Oden dovrebbe scaricarlo di responsabilità , anche se la leadership della squadra deve essere sua. L'unica incognita della squadra è nel ruolo di point guard dove Sergio Rodriguez e Steve Blake sono solo discreti giocatori. Certo, se Jarryd Bayless si rivelasse, come possibile, il furto dell'ultimo Draft, allora ci sarebbe da divertirsi.
Kevin Durant
I "nuovi" Oklahoma City Thunder ripartono da lui. Oltre 20 punti a partita nell'anno da rookie lo proiettano in quella ristretta cerchia di giocatori che diventano uomo franchigia già al primo anno. E' vero che lo scorso anno la pochezza dei Sonics (solo 20 vinte) gli ha dato modo di potersi esprimere senza grandissima pressione.
E' vero anche che per più di metà stagione ha sparecchiato un po', rimanendo intorno al 40% al tiro abusando di un tiro da 3 non ancora affidabilissimo. Ma è innegabile che dopo l'All Star Game abbia cercato di modificare il suo atteggiamento, selezionando meglio i tiri (meno tiri da 3 e più aggressione dell'area, quindi anche più tiri liberi in cui è una sentenza) e passando a un 47% al tiro.
Se dovesse continuare con questo trand vedremmo una gran crescita anche mentale del giocatore di Texas. Le prospettive dei suoi Thunder rimangono limitate; playoff neanche a parlarne, si spera di aver azzeccato Westbrooke come play del futuro. Almeno si ripartirebbe da una coppia di guardie affidabili.
BONUS – O.J. Mayo
E' certamente prematuro pensare di inserirlo tra 12 mesi in questa classifica. Certo è che il talento di questo ragazzo è notevole. Esce da USC con cifre di tutto rispetto (20,7 punti col 44% al tiro e il 41% da 3, oltre 4 rimbalzi e 3 assist). In più si trova in una squadra, Memphis, molto giovane, con un gioco per lo più perimetrale perché non ha lunghi d'impatto e un coach, Iavaroni, cresciuto alla corte di D'Antoni a Phoenix e che come lui predica un basket offensivo.
Potrebbe fin dal primo anno dividere il palcoscenico con Rudy Gay: una coppia così in campo aperto non dovrebbe aver problemi ad allietare il pubblico di Memphis. Purtroppo siamo a Ovest dove per entrare tra le magnifiche 8 ci vuole un'altra struttura di squadra. Ma O.J. i suoi numeri li porterà a casa di sicuro.