Finalmente Kevin Garnett ha vinto il suo sospirato titolo NBA
Dopo 22 anni i Celtics sono tornati in vetta, il sogno cullato per due decenni si è avverato, il diciassettesimo stendardo sarà finalmente alzato sulle volte del Garden.
La festa per le vie del centro di Boston è stata stupenda, con numerosi carri che contenevano tutti i protagonisti di questo splendido titolo, che scaccia molte paure, dubbi e dà una ventata di ottimismo al cuore cestistico di Boston.
Grande è stata la gioia nel rivedere i biancoverdi tra le vette dell'NBA in tutto il mondo, avendo tifosi sparsi per tutti i continenti, e grande è stata la gioia dei tre componenti principali della squadra, dati per illustri perdenti fino a pochi mesi fa, ed ora idolatrati come campioni del mondo.
La stagione dei Celtics è stata costellata di dubbi sulla loro reale forza, fin dal training camp di ottobre. Inizialmente si parlava che un pallone non sarebbe bastato, poi, dopo numerosi passaggi che hanno toccato l'allenatore, la panchina, la difesa, il fiato e tutto quello che si possa immaginare, si è finiti con l'ultima previsione negativa, ovvero la vittoria dei Lakers in finale NBA. Ben 9 dei fantomatici 10 esperti di ESPN hanno decretato la vittoria losangelina, ed invece abbiamo visto com'è andata a finire. Pure Pierce si è arrabbiato non poco facendo notare la miopia di molti osservatori che li davano per spacciati a causa di qualche problemino di troppo nei turni precedenti: "abbiamo imparato molto da noi stessi in regular season, ma nei playoff è una cosa tutta diversa, abbiamo reimparato da noi stessi ancora una volta, per questo abbiamo avuto successo".
La frase che più ci è piaciuta per descrivere la finale NBA è stata "il primo sweep a 6 gare", stupenda perché fa ben capire come i Lakers non abbiano mai dato la sensazione di poter vincere la serie, eccellente ciliegina di una stagione fantastica e dominata dall'inizio alla fine dai Celtics. A dire il vero qualche crepa e tentennamento c'è stato, come ha detto Pierce, soprattutto durante i primi due turni di play-off, ma è bello, e forse è anche vero, pensare che tutto questo sia stato utile in preparazione dei turni successivi.
Tutto è iniziato a Roma con la prima delle amichevoli e l'inizio dell'Ubuntu, versione riveduta e corretta del famoso Celtics Pride, l'orgoglio celtico. Dice ancora Pierce: "Abbiamo lavorato duro da settembre, incontrandoci presto, andando a Roma, stando insieme. I ragazzi hanno accantonato i loro ego per il bene della squadra, con molti sacrifici". In questi giorni è stata citata spesso la città laziale, dove tutto è iniziato, prendendo ispirazione dalla Cappella Sistina e facendo nascere l'Ubuntu tra le vie della capitale italiana.
In una famosa intervista-duetto tra Bill Russell, forse il più grande giocatore della storia NBA, e Kevin Garnett, il primo ha detto al secondo che incarna il vero spirito celtico e ha promesso di donargli uno dei suoi anelli se non fosse riuscito a vincerne uno, ma la promessa è subito caduta, visto che l'anello è stato vinto al primo tentativo, e dire che all'inizio della stagione si pensava che la prima con i tre big sarebbe stata solo di assestamento perché si riteneva che fosse lunga la curva d'apprendimento e di conoscenza reciproca, invece la vittoria è arrivata subito.
Analizziamo ora brevemente i singoli giocatori, la loro stagione e quello che ci si potrà aspettare nel prossimo futuro.
Paul Pierce: il capitano, il primo, il più bravo, soprattutto nei momenti più caldi della stagione, ha voluto fortemente il titolo ed è stato premiato meritatamente come miglior giocatore della finale, trascinando la squadra ad una vittoria bellissima, meritata ed incontestabile. È lecito aspettarsi una stagione 2008-09 simile a quella appena trascorsa.
Kevin Garnett: se il simbolo per i Celtici è Pierce, per i non-Celtici è sicuramente Garnett. Miglior lungo NBA assieme (o dietro) a Duncan, aveva in mente il titolo NBA fin da quando guardava il basket da bambino, e quest'anno il suo sogno si è tramutato in realtà . Motivatore come pochi, alcune sue giocate sono da conservare in cineteca. Per il futuro dubitiamo che si accontenti di vincere un solo anello.
Ray Allen: non ha avuto una stagione costante, ma nel momento della verità , ovvero la finale NBA, è tornato quello che tutti si aspettavano, glaciale e mortifero in attacco, a cui ha aggiunto una difesa insospettatamente efficace anche sul miglior giocatore avversario. Anche per lui, come per gli altri due big, ci si aspetta di rivederlo sempre desideroso di bissare il titolo appena conquistato.
Rajon Rondo: è lui il vero quarto big della squadra, e non stiamo esagerando. In certi momenti commette errori che fanno ricordare la sua giovane età , ma per la maggior parte del tempo è efficace in difesa e devastante in attacco, senza che trovi avversario che lo possa limitare. È più play di quanto si possa immaginare e sarà facile vederlo migliorare parecchio nella prossima stagione.
James Posey: se non ci fosse bisognerebbe inventarlo, fa tutto quello di cui la squadra ha bisogno, un tiro, un rimbalzo, una palla recuperata, ed è il terrore di tutte le squadre per la capacità di sfruttare ogni loro disattenzione. È uscito dal contratto per sondare il mercato, ma Ainge ha già detto che sarà sua priorità rifirmarlo, giustamente.
Kendrick Perkins: veniva considerato il punto debole del quintetto biancoverde, ma ha smentito molti scettici. Il talento è quello che è, ovvero non molto, eppure dà tutto quello che può in campo e libera Garnett da molte incombenze, offrendogli l'opportunità di pensare molto di più a come mettere in crisi gli avversari su tutti e due i lati del campo. La sua sola presenza costringe gli avversari a girare al largo, ma è facile che abbia in serbo ancora pochi miglioramenti.
P.J. Brown: arrivato un pò in sordina, sopravanzato dalla notizia quasi contemporanea della firma di Cassell, è stato decisamente più importante nella stagione biancoverde del collega e si sta cercando di convincerlo a rimanere rimandando i propositi di ritiro. Ha dato esperienza ad un reparto che vedeva solo Garnett come lungo con vari anni di NBA alle spalle. Micidiale il suo tiro dalla media.
Eddie House: classico esempio di specialista che riesce a crearsi una carriera NBA facendo una sola cosa, ma fatta molto molto bene: la specialità della casa è il tiro, preferibilmente da tre, sugli scarichi dei penetratori. Ha giocato molti finali infuocati perché non sa cosa voglia dire la pressione psicologica di una mano che trema di una partita importante giocata punto-a-punto.
Leon Powe: giocatore tutta sostanza se ce n'è uno, amato dal pubblico che vede in lui il classico giocatore che dà tutto in campo. Se è in serata può anche metterne 21 in una gara della serie finale NBA, e scusate se è poco. Con 10 centimetri in più sarebbe stato tra i primi lunghi della Lega, ma in quel caso non sarebbe stato disponibile al secondo giro del draft NBA. Rimarrà ai Celtics e sarà ancora utile alla causa biancoverde.
Sam Cassell: giocatore difficilmente integrabile in qualsivoglia struttura di squadra dati i suoi tentativi di fare quello che reputa meglio, che non sempre è l'ideale per la squadra in cui gioca, e quest'anno ai Celtics non ha fatto eccezione per lui. Ha risolto delle partite, ma ne ha anche reso problematiche altre. Difficilmente le vedremo ancora in biancoverde.
Glen Davis: come scelta al secondo giro del draft ha giocato molto bene, ha una capacità di catturare i rimbalzi inaspettata guardando la sua stazza ed un controllo del corpo decisamente superiore alla media. Il lavoro da fare è tanto, ma può diventare un buon cambio in una squadra con ambizioni di titolo, peccato che sia anche la miglior pedina per gli scambi estivi che Ainge ha in mano.
Tony Allen: ad inizio stagione si era definito come il big four dei Celtics, la triste realtà per lui è che nella nostra classifica si piazza solo dodicesimo. Di lui si apprezzavano le sue doti come difensore, però da un paio d'anni a questa parte per rendere al meglio deve avere una squadra al suo servizio, cosa che a livello NBA significa lotteria. O torna a difendere oppure per lui si apriranno le porte delle leghe minori.
Brian Scalabrine: è tanto buono, tanto generoso, è l'idolo del Garden, ma come talento siamo proprio messi maluccio. In passato su queste colonne avevamo detto che maggiori erano i suoi minuti in campo, minore era il talento del roster dei Celtics, e visto che il suo impiego è dimezzato rispetto all'anno scorso è ovvio rilevare che il talento medio è aumentato considerevolmente. Ancora due anni di contratto per lui, probabilmente le passerà come mascotte, o giù di lì.
Scot Pollard: Scot, ovvero l'infortunio fatta persona. Per lui sono stati messi in cantiere 173 minuti di gioco effettivo in questa stagione e non è che abbia meravigliato il mondo. Il suo contratto ai Celtics era annuale e difficilmente lo rivedremo in campo con la casacca biancoverde perché a Boston non sono utili i giocatori che s'infortunano così spesso.
Gabe Pruitt: si dice un gran bene di lui, si dice che lo lanceranno l'anno prossimo, in questo caso però torna sempre utile San Tommaso: "finchè non vedo non credo". Si è parlato troppe volte in questi termini in passato per ricascarci, se è bravo che lo dimostri in campo, nel frattempo possiamo solo notare che ha giocato pochissimo, solo 94 minuti, e non ha dimostrato nulla di trascendentale.
Che i playoff fossero un'occasione in cui i Celtics avrebbero fatto qualcosa di speciale lo si capiva dall'aria che tirava a Boston, quella della grandi occasioni, culminate con una finale NBA molto sentita. A Boston infatti prima della finale NBA è iniziata una caccia al biglietto come non si vedeva da decenni e sono arrivate richieste enormemente superiori alla disponibilità . Pure i giocatori si sono trovati in difficoltà , perché avevano solo 3 biglietti per le partite in casa e 2 per quelle in trasferta e hanno anche loro avuto richieste dalle persone più disparate.
I Celtics continuano a dire che hanno lavorato tutta la stagione per avere il fattore campo in tutte le serie play-off, ed avevano ragione perché ne hanno ben usufruito in tutte le serie, ad iniziare dal primo turno per finire con la finale NBA, vinta anche grazie al fattore campo favorevole.
È strano che nella nazionale americana non sia presente neanche un giocatore che abbia vinto il titolo NBA, eppure sarà proprio così la prossima estate alle Olimpiadi. Garnett ha già detto da tempo che non è interessato ed Allen non è stato preso in considerazione, ma entrambi hanno già vinto un oro olimpico nel 2000 a Sydney. Per Pierce invece la cosa si complica, perché Paul ha sempre dichiarato di voler partecipare alla nazionale, ma al momento della composizione della squadra il capitano biancoverde era infortunato ed i selezionatori sono stati sempre molto scettici a reinserirlo quando ne avrebbero avuto l'occasione, probabilmente perché era ancora fresca nella memoria la disfatta nel mondiale in America nel 2002 in cui Pierce viene riconosciuto come unico colpevole quando è stato tutto il sistema e tutti gli interessati, giocatori, allenatori, dirigenti, a sbagliare approccio.
In ogni caso anche i Celtics sarebbero stati coinvolti nella nazionale, ma non per giocare per essa, ma da fare come sparring partner negli allenamenti. In particolare sia Rondo che Perkins sono stati convocati per questo ruolo dal 21 a 24 luglio, ma Ainge non ha acconsentito per permettere ai suoi giocatori di recuperare dagli infortuni. Tra gli altri partecipanti figura anche l'ex-Celtic Al Jefferson e queste convocazioni possono essere l'anticipazione di come sarà composta la nazionale nel prossimo futuro, ad iniziare dal mondiale previsto nel 2010 in Turchia.
Si è parlato male e spesso a sproposito dei problemi Ray Allen e, bisogna ammetterlo, un po' di colpa ce l'ha anche il giocatore, visto che ha cercato di tenere tutto segreto. Comportamento legittimo, ci mancherebbe, ma apre il fianco ad illazioni e voci molto spesso incontrollate, ed ovviamente quasi mai vere.
Per buona parte dei play-off Allen ha giocato male, il suo tiro stranamente non entrava, non sembrava più lui. Su internet girava la voce che la figlia Tierra fosse stata ricoverata per diabete, ma in realtà è stato l'altro figlio Walker ad avere problemi e Ray soffriva, sempre e solo in silenzio. Dopo gara-5 a Los Angeles si è precipitato dal figlio, ma poi è stato meglio ed in gara-6 ha contribuito alla vittoria finale.
Lo staff tecnico
"È probabilmente uno dei migliori motivatori che ci siano in giro" ha detto Garnett di coach Doc Rivers, e difatti la caratteristica che più gli si riconosce all'allenatore è proprio ottenere il meglio dai giocatori, non solo con parole amichevoli e tranquille, ma anche spronandoli a dare il meglio di loro stessi.
E dire che all'inizio i rapporti tra Doc e Pierce erano al limite del conflittuale e solo successivamente i due si sono chiariti e hanno iniziato a lavorare insieme per un unico obiettivo. Dice Pierce: "guardavo i nostri ragazzi alla fine della precedente stagione e mi sembrava una porcheria, ero deluso, la squadra era orribile, ma anche durante l'ultima settimana di campionato Doc si faceva vedere ogni giorno e ci allenava duramente. Questo mi ha fatto riflettere moltissimo". Un'altissima manifestazione di stima da parte del proprio miglior giocatore non può che essere una profonda legittimizzazione per un allenatore che è stato tanto, troppo criticato, anche da queste colonne. Ora sappiamo che quelle parole erano sbagliate, ma abbiamo dovuto attendere una squadra forte e la conquista del titolo per avere questa certezza.
Se Doc ha vinto il titolo come capo allenatore va elogiato anche il suo staff, e tra tutti spicca la figura di Tom Thibodeau, personaggio sconosciuto ai più fino a 10 mesi fa ed ora sulla bocca di tutti come il mago della difesa. Ma cos'ha di speciale questo assistente allenatore? In questi mesi si è letto di tutto sul suo conto e generalmente le informazioni erano corrette, in questa sede faremo solo un piccolo punto della situazione.
Tom ha degli schemi ben definiti su cui lavora, e sono schemi molto ben congeniati, ma che richiedono adeguati giocatori per realizzarli al meglio, e con i Celtics attuali ha tutto quello che gli serve. Con Garnett ha trovato il giocatore ideale per realizzare le sue idee, iniziando dal raddoppio continuo che obbliga l'attaccante ad un tiro ad alto coefficiente di difficoltà o ad uno scarico ad un compagno, infatti abbiamo visto Kevin raddoppiare anche 4-5 volte in un'azione, merito del giocatore e merito anche degli schemi difensivi che gli permettono di raddoppiare efficacemente. I raddoppi sono adattati, nel senso che arrivano anche a triplicare i giocatori più forti oppure a nessun raddoppio in caso di attaccante poco pericoloso. Un'altra idea difensiva efficace di Thibodeau è il lasciar fare all'attaccante le cose più difficili ed indurlo all'errore, efficace per ogni tipo di giocatore, infatti anche il più forte ha un punto debole, e lì insiste la difesa di Thibodeau.
Senza giocatori che accettino di lavorare duro in difesa non si sarebbe potuto imbastire la solidissima difesa dei Celtics di quest'anno, quindi non solo Garnett, ma anche Posey si trova benissimo con Thibodeau, e gran lavoro su tutti gli altri giocatori, tra cui Pierce ed Allen hanno risposto presente, vedendoli difendere come mai hanno fatto prima d'ora.
Il general manager
Per il general manager Danny Ainge è tempo di riscatto. Dopo essere stato bistrattato da molti osservatori, lo splendido lavoro di questi anni e la vincita del premio di migliore GM della stagione hanno rivalutato e messo nella giusta luce il lavoro di Ainge.
Noi siamo stati i primi a difendere il suo lavoro, lo abbiamo sempre sostenuto e condiviso mosse che avevano una ragione d'essere anche se ad una visione superficiale potevano essere criticabili, infatti alla fine il gran lavoro di Ainge ha pagato i suoi ottimi dividendi con asset importanti, giovani, contratti in scadenza e scelte, che hanno permesso di poter far arrivare dei grandi giocatori e vincere il titolo NBA.
Ma Ainge giustamente non sta mai fermo, dopo le scelte del draft, che si preannunciano come al solito molto positive, intende proseguire con la politica attuale, ovvero vincere un altro titolo. "Non vogliamo fare nulla per ringiovanire la squadra se non tramite draft e free agent, ma bisogna anche tenere in considerazione l'età dei giocatori ogni anno".
Ovviamente il suo primo obiettivo è trattenere Posey, e da tutte le voci in causa sembra che la cosa sia più che fattibile, riconoscendogli molti meriti per il titolo appena conquistato.
La proprietà
I capi dei Celtics, quelli che ci hanno messo i soldi insomma, sono una cordata riunita sotto il portavoce e presidente Wycliffe Grousbech. Wyc non è un proprietario troppo ingombrante come Cuban e nemmeno menefreghista come Dolan, diciamo che è una giusta via di mezzo, si fa vedere assieme alla bella moglie bionda a bordocampo a quasi tutte le partite, dà fiducia e lascia lavorare Ainge e Rivers e se c'è da rompere il salvadanaio per costruire una squadra da titolo non se lo fa dire due volte. Nel 1986, anno dell'ultimo titolo, era al terzo anno d'università e lo ricorda bene perché è sempre stato tifoso dei Celtics. Durante i festeggiamenti si è fatto vedere in prima fila e ha partecipato alle feste con i giocatori.
Salvadanaio appunto, la prossima stagione è presumibile che il payroll si aggiri attorno ai 71 milioni di dollari, con tassa di lusso da pagare annessa, un bell'esborso di denaro, ma necessario per poter vincere il titolo. Grousbech l'aveva detto: se ci sarebbe stata la possibilità di vincere il titolo i soldi ci sarebbero stati, ed è stato di parola, i soldi sono arrivati e così pure il titolo, un'ottima sinergia tra dirigenza, proprietà e giocatori.
Wyc parla poco, ma quando lo fa è meglio starlo ad ascoltare bene, perché non si sa quando si potrà riascoltare un'altra volta. Oltre alle solute dichiarazioni di rito per la vittoria del titolo, Wyc ha detto che lui ed i suoi partner hanno sempre creduto che Doc Rivers potesse essere la persona giusta come allenatore, e bisogna credergli perché se non fosse stato così sarebbe stato sostituito l'anno scorso. Un vero attestato di stima per Doc, il quale potrebbe vedersi proposto a breve un prolungamento di contratto, il quale scadrà la prossima stagione.
Il braccio destro di Wyc è Steve Pagliuca, di chiare origini italiane. Se Wyc si fa vedere spesso, Steve lavora molto di più nell'ombra, ma anche lui era presente ai festeggiamenti dopo la fine di gara-6 al Garden.
La finale nella città di Boston
Prima di tutto bisogna ricordare che in quest'ultimo periodo a Boston dal punto di vista sportivo sta andando tutto bene. Hanno iniziato i New England Patriots, squadra di football americano, che hanno conquistato vari titoli negli ultimi anni, instaurando una vera e propria dinastia, hanno vinto i Red Socks di baseball con due titoli dopo un digiuno che durava molti decenni, ed ora hanno ricominciato a vincere anche i Celtics. C'è da dire che sono i Red Socks la franchigia più popolare a Boston, i Celtics arrivano secondi a debita distanza, tallonati dai Patriots.
Se Boston è la città delle vittorie sportive una città relativamente vicina e spesso antagonista è in una situazione perdente da decenni: è infatti da un quarto di secolo che nessuna squadra di Philadelphia riesce a vincere un rispettivo titolo, esattamente dal 1983 quando i Sixers vinsero il titolo NBA, da allora sono passati ben 25 anni senza che un abitante della città dell'amore fraterno potesse festeggiare un titolo di uno dei 4 maggiori sport americani.
I fans sono molto attaccati alla squadra e non è stata una meraviglia sentire un Garden infuocato ai play-off, vero sesto uomo in campo. Tra i cori dei tifosi ci sono state anche delle simpatiche prese in giro, come il "Where is Kobe (dov'è Kobe)" sul +30 in gara-6 della finale.
Vediamo ora cosa ne pensa la gente di Boston dei protagonisti. A Doc Rivers viene attribuita la vittoria grazie alle sua capacità tecniche ed alla sua determinazione, buon uso della panchina, saggio dosaggio dell'attacco e contemporaneo imbavagliamento di Bryant. Gli viene anche attribuita una buona motivazione che sa attuare sui giocatori essendo un allenatore al passo coi tempi.
Garnett viene visto come un gigante sentimentale che piange dopo aver vinto il campionato; Allen come un marcatore di velluto con un sorriso da stella del cinema; Pierce come un capitano coraggioso che sconfigge gli infortuni, una coltellata quasi fatale ed anni di sconfitte per guadagnarsi la gloria del titolo e prendere posto tra i grandi dei Celtics del passato.
Tra le tante storie nate in questi giorni di festa abbiamo selezionato quella più curiosa: due ragazzi, Michael Mullaley e Neil Carvin, dopo la vittoria nel 1986, per un disguido non riuscirono a partecipare assieme alla parata e decisero di parteciparvi a quella successiva, solo che loro se ne aspettavano un'altra dopo un anno, massimo due, invece hanno dovuto aspettare ben 22 anni!
Curiosità
"Non chiamateci big three" hanno detto in varie occasioni Garnett, Pierce ed Allen, chiedendo addirittura di inventare un altro nickname che li possa identificare, addirittura invocando la creatività dei giornalisti. Noi abbiamo già notato tempo fa il nick "PGA Tour" e finchè non ce ne sarà uno migliore continueremo ad utilizzare quello.
Garnett sarà il giocatore copertina per il nuovo gioco per computer NBA 2K9, prodotto dalla 2K Sports. "È il mo gioco, quello che i miei amici giocano ed il gioco che tutti quelli seri nella Lega giocano". È evidente che Garnett è già a suo agio come testimonial del videogioco.
Saranno ancora gli Utah Flash gli affiliati della NBDL dei Celtics, ma è probabile che sia l'ultimo anno, infatti la città di Portland nello stato dei Maine (il più a nord del New England) ha chiesto di istituire una franchigia della Lega di sviluppo. Promotore e principale finanziatore dell'iniziativa è Bill Ryan, presidente del TD Banknorth Garden, utile per i Celtics, così non devono fare tanta strada per vedere in azione i loro giocatori.
Non si è fatto notare tanto questa stagione, ma di Gabe Pruitt si dice molto bene, anche se poi ovviamente deve confermare tutto sul campo. Una soddisfazione però se l'è presa: la sua scuola superiore, Westchester High School in California, gli ha ritirato la maglia, la quale farà compagnia, tra le altre, a quella di Trevor Ariza.
Draft
Trovare giocatori che vadano bene sia per il sistema di Rivers in attacco che per quello di Thobodeau in difesa non è facile, per questo Ainge, dopo aver visionato molti giovani, pochi di questi sono rimasti nella lista che il general manager ha portato nella war room del draft.
Subito dopo i festeggiamenti per il titolo Ainge fece vedere a Rivers quattro filmati di un certo J.R. Giddens, atletico, buon difensore, ampia apertura di braccia. Ai due piaceva anche perché nei workout ha lasciato una buona impressione, quindi è stato normale chiamarlo quando alla 30 era ancora libero.
Giddens presumibilmente sostituirà Tony Allen, che certe voci non lo vedono rimanere a Boston, e d'altronde il suo gioco assomiglia molto al rookie appena scelto dai Celtics e Giddens è pure al quinto anno a causa di una sosta di una stagione per cambio di università , quindi non è di certo giovanissimo. È stato anche escluso che la chiamata di Giddens serva per sostituire Posey, il quale rimane la priorità per l'estate bostoniana.
Prima della 60 Ainge ha acquisito la scelta numero 47 da Washington in cambio di denaro per chiamare Bill Walker, ala molto atletica che però avrà bisogno di un'operazione al crociato, e con la 60 il centro turco Semih Erden che verrà lasciato a maturare in Europa.
Mercato
Molte sono le voci che girano attorno ai Celtics, sicuramente la stragrande maggioranza sono solo invenzioni oppure idee di difficile attuazione, ma forse qualcosa di concretizzerà . Andiamo prima di tutto ad analizzare le due persone che, a detta di tutti, Boston deve assolutamente tenere, ovvero Thibodeau e Posey.
Tom Thibodeau, arrivato quasi in sordina questa estate, si è rivelato al grande pubblico come specialista difensivo e con questa qualifica ha allestito la miglior difesa NBA, lodata da tutti. È ovvio che la sua riconferma deve essere rapida e certa, e per questo sono già apparse varie notizie sul suo conto. Allo stato attuale dovrebbe rimanere a Boston un altro anno, visto che non avrà opportunità di diventare capo allenatore di qualche altra franchigia NBA, sempre che a lui interessi ovviamente. Questa incertezza è data dal fatto che lui non rilascia dichiarazioni od interviste ed anche quando gli hanno chiesto di fare dei colloqui con altre franchigie lui ha garbatamente rifiutato. Un atteggiamento strano che ha colpito anche Rivers, ma alla fine quello che conta è che rimanga a Boston, e dovrebbe succedere proprio così.
James Posey invece è diventato free agent e quindi potrebbe firmare con chiunque, ma sia il giocatore che i Celtics stessi dichiarano che vorrebbero continuare la collaborazione, quindi è prevedibile la firma a breve. Dice Ainge: "vogliamo il ritorno di James, questa è la mia posizione, abbiamo bisogno di arrivare ad un accordo". I free agent non possono firmare prima del prossimo 8 luglio ed il suo agente Bartelstein dice che non ci saranno problemi alla firma di un contratto pluriennale, che si aggirerà attorno ai 5,8 milioni di dollari, pari alla mid-level exception, cifra che i Celtics possono pagare. Il suo agente Bartelstein ha detto che Posey è interessato a rimanere a Boston con un contratto pluriennale. "A Posey piace tutto, dalla proprietà , a Danny, a Doc ed ai giocatori, è stata un grande esperienza per lui". Più soldi quindi, e rimarrà .
Niente firma della qualifying offer per Tony Allen, il quale diventa ufficialmente free agent ed è improbabile che torni ai Celtics dopo la scelta di Giddens, così come sembra improbabile il ritorno di P.J. Brown, in procinto di ritirarsi. Sia Sam Cassell che Eddie House vorrebbero rimanere ai Celtics, ma è più probabile che ne rimarrà soltanto uno, facilmente House (anche se verrà provato sicuramente Pruitt come cambio di Rondo), mentre Pollard vorrebbe continuare a giocare, ma difficilmente lo farà coi Celtics.
Alla fine l'obiettivo per i Celtics è rifirmare almeno due dei loro free agents appena citati, il problema per il general manager è che "quando vinci il campionato molto giocatori vogliono avvantaggiarsi di questo cercando di catapultare la loro carriera su ruoli maggiori o maggiori stipendi, vedremo, abbiamo i nostri piani ed idee di quello che vogliamo fare".
Chiudiamo con una frase di Pierce detta durante i festeggiamenti, mentre imitava Red con un sigaro in bocca: "sapete cosa vi dico? Dovremo farlo ancora il prossimo anno" riferendosi ai festeggiamenti per il titolo. E noi saremo sempre qui a raccontarlo.