Kobe Bryant non sa se essere soddisfatto per l'annata o deluso per la sua chiusura
"Ei fu siccome immobile, dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore orba di cotanto spiro…"
Non è il cinque maggio, chissà se potremmo adattarla al 17 giugno!
Potremmo anche aggiungere che: "All'ombra de' cipressi e dentro l'urne confortate di pianto, forse è il sonno della morte men duro?" scriveva il Foscolo al Pindemonte.
L'atmosfera in casa dei Lakers non è molto più allegra.
Non c'è atmosfera di recriminazione, non c'è rabbia, c'è la consapevolezza di aver perso contro un avversario più forte, la certezza che magari si poteva cercare di mettere in maggiore difficoltà i vincitori, ma difficilmente si poteva sperare di batterli senza un corposo aiuto da parte loro.
La vittoria è sfumata a due passi dal traguardo, l'avversario più veloce ha vinto la volata.
Da un lato questo permette di non avere rimpianti, dall'altro da tristezza per non essere stati all'altezza della situazione.
"Che mi importa dell'M.V.P.? Io volevo vincere il titolo!" ha confermato Kobe Bryant, che era sembrato sicuro di poter arrivare almeno a gara 7.
Ed i commentatori sembravano dargli ragione; negli States la maggior parte dei giornalisti dava i Lakers per favoriti, ed ancora sul 2-1 in molti davano loro credito, prima delle due docce fredde, la sconfitta casalinga di gara 4 e la sonora lezione di gara 6.
Proprio Kobe è salito per primo sul banco degli imputati: vero che ha combattuto strenuamente, ma non è riuscito a trascinare i suoi all'impresa, come in molti pensavano. Oltretutto i Celtics erano stati messi in forte imbarazzo nei turni precedenti da Lebron James ed in parte anche da Joe Johnson, e nello scontro diretto Paul Pierce è stato il più brillante, al punto da vincere il titolo di miglior giocatore delle finali.
Le imputazioni per Kobe sembrano però ingenerose; il Mamba ha fatto ciò che doveva, facendo girar palla, coinvolgendo i compagni e prendendosi le responsabilità in prima persona nell'ultimo quarto.
Le sue percentuali non sono state memorabili, si sperava che si prendesse più tiri liberi, ma questa resa leggermente al di sotto delle aspettative è sembrata più dovuta alla splendida difesa dei Lakers che ad una scarsa resa di Kobe.
Quando il 24 aveva palla, a seconda delle situazioni si trovava addosso Ray Allen o Paul Pierce e veniva immediatamente raddoppiato da un lungo, se non triplicato. Quando vedeva un compagno libero e passava il pallone, solo Fisher si è fatto sempre trovare pronto alla realizzazione, quindi i raddoppi sono diventati sistematici e molto aggressivi, bloccando ogni possibile via verso il canestro avversario.
A dire il vero le difficoltà dei vari Vujacic, che pure qualche lampo ha avuto, ad esempio una splendida gara 3, Radmanovic e Walton erano immaginabili, in quanto sono tiratori piuttosto affidabili (va bene, il figlio dell'ex centro dei Celtics meno, ma lo inserisco perchè le motivazioni tecniche delle sue difficoltà sono simili a quelle degli altri due!) ma macchinosi e lenti nella meccanica del tiro ed hanno problemi a costruirsi un tiro dal palleggio, quindi soffrono avversari che li bracchino come cani da caccia non appena la palla si avvicina alle loro mani, come gli esterni dei Celtics.
Ci si aspettava di più anche in fase difensiva da Bryant, invece è stato risparmiato da Jackson e spesso spedito sulle tracce di Rondo anziché su quelle di avversari più pericolosi; in realtà lo scopo del coach zen è stato evidente, cioè intendeva tentare di preservare la sua stella, l'unico giocatore in grado di scardinare l'impenetrabile muro verde che si trovava di fronte, evitandogli eccessivi dispendi di energia.
Difficile chiedere di più a Bryant, sarebbe stato invece lecito chiedere qualcosa in più ad alcuni dei suoi compagni. Gli esterni non sono riusciti a trovare continuità , i lunghi non hanno trovato la cattiveria necessaria, sembrava esserci troppa attesa nel fatto che Kobe togliesse le castagne dal fuoco a tutti.
In fase difensiva specialmente ci sarebbe stato bisogno di una maggiore decisione e convinzione; ad esempio, indubbiamente Pierce è un attaccante veramente pericoloso, difficile da limitare per chiunque, ma l'accondiscendenza di Radmanovic e Walton di fronte a lui è stata francamente inguardabile, e le serate speciali trovate a turno dai vari Perkins, finchè non si è fatto male, Powe e Brown, ed il fatto che i Celtics abbiano retto il confronto sotto canestro con il quintetto piccolo (con Posey ala forte e Garnett centro) non depone a favore delle prestazioni di Gasol e Odom, ottimi nei tre turni precedenti.
Oggi però non è tempo di processi, anche perchè i Lakers giocavano insieme da poco, Gasol è arrivato solo a febbraio, ed i giovani migliori, Bynum ed Ariza, erano fuori o appena rientrati. C'è ancora la possibilità di tirar fuori qualcosa di buono da questo gruppo, e tutti ne sono consapevoli.
"I Celtics hanno giocato meglio di noi, specie dal punto di vista fisico, ma guardate al nostro gruppo; sono tutti ragazzini, non possiamo che migliorare!"
Che differenza con le dichiarazioni di un anno fa, non sembra lo stesso Bryant!
"Questo gruppo mi piace, Mitch (Kupchak) faccia pure quel che ritiene più giusto, ma non lo smembri!".
Gasol, Vujacic, Turiaff, tutti sembrano non aspettare altro che l'inizio di una nuova stagione per riprovare l'assalto al titolo, convinti che ci sarà un'altra opportunità e potrà essere meglio sfruttata.
Gasol e Bryant, che fra poche settimane si sfideranno alle Olimpiadi, scherzano fra loro sul risultato finale.
"Scordati di vincere, non esiste che io mi possa ritrovare con due sconfitte su due tornei!" è la minaccia che Kobe rivolge al compagno spagnolo.
Perfino Odom, che tanti giornalisti danno in partenza per arrivare ad un'ala piccola, ostenta sicurezza ed ottimismo e sembra convinto che col lavoro in estate questo gruppo possa arrivare al livello dei Celtics.
In realtà però tutti sanno che il prossimo anno per battere la squadra di Boston servirà un salto di qualità oppure un calo del livello di intensità nel gioco degli avversari; le squadre dell'ovest sono state sconfitte, fra quelle dell'est quelle in grado di infastidire i Lakers sono sembrati i Pistons ed i Cavaliers, che però sembrano più alla portata rispetto ai Celtics; fanno bene i gialloviola ad ostentare ottimismo e soddisfazione, dopo una annata al di sopra di ogni più rosea previsione, ma sicuramente sanno anche loro che l'ultimo passo, il più difficile, sarà tutt'altro che agevole, e occorrerà un percorso lungo e duro per poter esclamare col Sommo Poeta: "E quindi uscimmo a riveder le stelle".