L'efficacia di West non può lasciare indifferenti..
E' arrivato nella Nba in punta di piedi, nonostante una carriera universitaria a cinque stelle.
Ha passato i primi due anni a capire come diventare un giocatore professionista. La stagione seguente ha avuto l'occasione per dimostrare di esserlo diventato.
Nonostante sia stato considerato per un intero anno nient'altro che un azzardo ha risposto a tutti con delle statistiche invidiabili. Ma quando è arrivato il momento di battere cassa, di ricevere delle scuse o perlomeno degli apprezzamenti, si è sentito dire "It's just a flake". E' solo un colpo di fortuna"
Ecco, questa è la storia di David West. The most underrated player, o se vogliamo, il giocatore più sottovalutato di tutta le lega.
La vita di un quasi "sette piedi" non poteva non essere votata al basket.
Se poi si viene a sapere che è cresciuto a pane e Spurs è facile capire perché abbia deciso di dirigersi verso lo sport dei canestri piuttosto che al football.
Per sapere se la scelta sia quella giusta, se ci potrà mai essere del feeling tra il ragazzo del New Jersey e la palla a spicchi non bisogna attendere molto. Durante l'high school viene incluso nel miglior quintetto di tutto lo stato del North Carolina.
Come biglietto da visita per il college non è niente male. Ma non ha nulla a che vedere con quello che sarebbe successo dopo.
Indossata la divisa di Xavier, che non smetterà per tutti i quattro anni fino alla "laurea", ha segnato la storia dell'università dell'Ohio. I premi, i riconoscimenti e i record ottenuti fin dall'anno da freshman sono troppi per essere elencati.
Ha superato la soglia dei duemila punti e dei mille rimbalzi, è stato per quattro anni consecutivi miglior rebounder della sua conference (Atlantic Ten), è andato in doppia cifra per punti in 110 occasioni ed ha firmato 68 doppie-doppie(primato della scuola), quinto in tutta la nazione per "carambole" nell'annata da senior, detiene il record di stoppate, tiri liberi realizzati e tentati a Xavier ed è stato l'unico a far registrare una tripla doppia ed un 20+20.
Questi sono solo numeri, che spesso non rendono l'idea del valore di un giocatore. Ma West è stato capace di essere "convocato" in quasi tutti i quintetti ideali dell'Atlantic Ten, ha avuto l'onore di essere nominato Mvp e nello stesso tempo difensore dell'anno ed è l'unico giocatore che ha saputo guadagnarsi la stima dei coaches diventando per tre anni consecutivi player of the year.
Ma il suo anno d'oro, senza dubbio, è il 2003. Ha ricevuto il trofeo Adolph Rupp, il premio Oscar Robertson ed il Pete Newell Big Man. E come se non bastasse è arrivato ad un soffio dal Wooden Award, secondo dietro al play texano T.J Ford.
Le prestazioni del giocatore hanno dato notorietà e prestigio all'ateneo, ma per l'università che l'ha lanciato non stiamo parlando di un semplice giocatore di basket. L'affetto per tutto l'ambiente e la voglia di completare il percorso di studi, in un epoca in cui è più facile saltare di netto il college(come dimostrano Durant o Bynum) hanno convinto David a rimanere, nonostante già nel 2002 facesse gola a molte squadre Nba.
Gli interessi extra-sportivi, come la storia dei neri d'america, ma anche la filosofia ed altre problematiche sociali, occupano ancora oggi un posto di rilievo nella sua vita.
"Ha sempre un libro tra le mani": queste le parole usate da Chris Paul per descrivere il collega in abiti civili. Grazie a questo suo interesse per la cultura ha saputo resistere al canto delle sirene, consapevole che la sua chance sarebbe arrivata.
Dopo il "gran rifiuto" ha voluto dare un ulteriore dimostrazione d'attaccamento alla maglia (se vogliamo usare termini calcistici). Ha ridotto la metratura di corpo "pulito" dedicando un tatuaggio alla scuola che ha creduto in lui. Una bella X in onore di Xavier.
"E' il mio modo per dimostrare riconoscimento alla scuola. - raccontava West dopo averlo sfoggiato per la prima volta - Una delle cose che mi disse coach Prosser quando arrivai da freshman fu: “Se tu farai le cose che ci aspettiamo da te, Xavier ti darà quello che tu speri di avere. E sarai un giocatore di successo”".
Anche il suo nomignolo, DX, non è altro che l'accoppiamento della D di David e la X di Xavier.
In cambio, ed è il minimo che potesse fare, l'università ha ritirato il suo numero 30.
La permanenza al college, anche in prospettiva futura, era sembrata a tutti una scelta ottimale. Così la power forward avrebbe potuto affinare le proprie qualità , ma allo stesso tempo vivere un'annata da protagonista con un incremento notevole degli occhi puntati su di sé. Tutto ciò, sempre nelle previsioni, avrebbe garantito una chiamata più alta al draft. In realtà non è andata proprio come si sperava.
Il 2003 è stato l'anno di Lebron James, di Dwayane Wade, di Chris Bosh, di Melo Anthony, di Chris Kaman e putroppo per Detroit anche di Darko Milicic. In un draft così saturo di talento e di giocatori pronti da subito a recitare un ruolo da protagonista non c'è stato niente da fare.
Le qualità di West sono state dimenticate o snobbate dai più ed ha racimolato solo la diciottesima scelta. Chiamato dagli Hornets di coach Tim Floyd (ex Chicago, attualmente at USC) si è trasferito subito in Louisiana.
Nella città del jazz ha trovato una squadra forse neanche troppo competitiva, ma perlomeno ambiziosa. Dopo l'approdo ai playoff della stagione precedente, forti di una regular season da 47 vittorie, George Shinn pretendeva nuovamente di entrare nelle 16 squadre d'elite.
Ma l'età media del gruppo e la fragilità del play, nonché stella della squadra, Baron Davis, non avrebbero concesso a nessuno di poter immaginare chissà quali traguardi.
Nonostante West fosse capitato in un gruppo di vecchie volpi, si poteva ritenere fortunato. Il loro ciclo era chiaro a tutti che non sarebbe durato a lungo, basti pensare che di quella squadra sono attivi solo in quattro (West incluso..).
Alla fine del primo anno, niente di eclatante.
3,8 punti conditi da 4,2 rimbalzi in tredici minuti sul parquet. Se vogliamo, è riuscito a segnalarsi anche per due doppie-doppie, o perché come dicono le statistiche è l'unica matricola passata da New Orleans ad aver avuto una media a rimbalzo simile a quella di un certo Alonzo Mourning. Ma la verità è un'altra. Spesso i numeri sono stati gonfiati dal garbage time.
La si può vedere come la tipica stagione da rookie.
In genere è nell'anno da sophomore che ci si aspetta di vedere dei miglioramenti. E il secondo anno sembra cominciare sotto i migliori auspici.
Dopo un inizio tragico (1-19) la dirigenza decide di dare il via alla rivoluzione che prima o poi sarebbe arrivata. Via tutti i veterani per giovani di belle speranze. Scelta in controtendenza della società . Per una volta a pagare non è il coach e Byron Scott, "assunto" da un paio di mesi, rimane in sella.
A questo punto il suo ruolo diventa quello di gestire la meglio gioventù, sperando di trovare una futura stella. E' logico pensare di tentare con la promessa di Xavier. Ma come spesso accade la logica non ha niente a che fare con la vita di tutti i giorni. Infatti, proprio sul più bello, West si ritrova in infermeria con un ginocchio malmesso. Questo incidente di percorso gli costerà ben 52 partite.
La stagione dei calabroni è un disastro. Le 18W sono il peggior record nella storia della franchigia. E per DX il rammarico di aver sprecato un anno in cui avrebbe potuto giocare è enorme. Da mangiarsi le mani.
Il 2005, però, è la stagione del riscatto. Si rimette da tutti gli acciacchi e chiude alla grande.
17.1 punti e 7.4 rimbalzi in 34 minuti che gli permettono di competere fino all'ultimo per il titolo di Most Improved Player. Alla fine è secondo dietro solo a Boris Diaw.
Assieme a Chris Paul è l'artefice della rinascita degli Hornets. Ma la stampa sembra non volerne sapere di riconoscere il suo talento. Tutte le attenzioni vanno sul play ex Wake Forest. La maggior parte dei critici continua a pensare ad un fuoco di paglia.
Ogni occasione è stata buona per sparare a zero. Si è speculato anche sull'acquisto di Stojakovic che secondo le malelingue avrebbe avuto il compito di rimpiazzare West, di togliergli spazio in attacco e relegarlo dove molti scommettevano sarebbe finito. A fare il comprimario.
Ma la personalità di David è un dato di fatto. Il carattere e la determinazione sono le basi su cui è nata la sua carriera. In campo nessuno può non accorgersi dell'espressione del suo volto, perennemente torvo, sintomo di un impegno e di una concentrazione fuori dal comune.
Le critiche o meglio i silenzi della stampa non lo hanno minimamente toccato. Anzi, li ha sfruttati a suo favore. Le sue medie sono in continua crescita. 18.3+8.2+2.2 l'anno scorso e 19.5+9.3+2.4 quest'anno.
Ora che viaggia quasi in doppia-doppia di media il suo nome è più di frequente sulla bocca della gente, ma non ha intenzioni di prendersi delle rivincite. "L'attenzione della stampa viene con il tempo. E ti rendi conto che in fin dei conti i media non sono necessariamente dei nemici - dice West riguardo al rapporto con i giornalisti - E' facile pensare che il loro obiettivo sia quello di trovare gli aspetti negativi, ma non è sempre così. E poi ognuno ha le proprie idee, non si può certo andare in contro a tutti!".
Ora, dopo aver dimostrato di essere un giocatore determinante, potrebbe ambire ad una chiamata all'All Star Game. Ma bisogna andare cauti, le etichette sono dure da togliere.