Mike Conley Jr. il giorno del Draft con il commissioner NBA David Stern
Cosa può fare la squadra con il peggior record della regular season NBA se non sperare nel Draft? A maggior ragione se si preannuncia una delle migliori selezioni di matricole degli ultimi anni, con gente destinata a fare la differenza in tempi brevi nella lega.
A Memphis, dopo una presenza piuttosto costante quanto evanescente nei playoff, nella stagione 2006-2007 si è abbattuta la mannaia degli infortuni, facendo diventare l'infermeria molto familiare per buona parte del roster. Risultato: 22-60 e 25% di possibilità di scegliere Greg Oden, ovvero il miglior centro uscito dal college da diversi anni.
Oden sarebbe il tassello perfetto per completare il quintetto dei Grizzlies, dando libertà a Gasol di giocare più distante da canestro. Quindi la franchigia fondata a Vancouver guarda al sorteggio con molte speranze, salvo essere gelata quando viene aperta l'ultima busta prima delle Top3: Memphis avrà la quarta scelta.
Ora, cosa può fare la squadra con il peggior record della regular season NBA se non mangiarsi le mani? Può far buon viso a cattivo gioco e sondare la Draft Class 2007 in cerca dei pezzi adatti a completare il puzzle. Scappato il centro, si guarda all'altra emergenza: un playmaker. E così Chris Wallace (neo-GM al posto del mitico Jerry West) sceglie Mike Conley Jr., fido scudiero e grande amico di Greg Oden, assieme al quale è arrivato alle Final Four con la maglia di Ohio State.
Conley è stato il terzo realizzatore dei Buckeyes con 11.3 punti a partita, ma più dei punti ai Grizzlies interessa l'abilità dell'ex scolaro dell'Indiana nell'interpretare con giudizio il ruolo di point guard (per capirsi, non alla Starbury).
Mike infatti unisce una grande rapidità ed un buon tiro ad un'ottima capacità di leggere le situazioni, scegliendo ottimamente quando recapitare il pallone nelle mani dei compagni e quando invece è il caso di mettersi in proprio. Le cifre universitarie parlano infatti di 6.1 assist e 2.2 palle rubate a partita, leader di categoria di Ohio State: un giocatore attivo e reattivo, con personalità ma non egoista. La miglior scelta possibile al Draft per gli sfortunati Grizzlies.
Il giovane Conley va a colmare la lacuna-playmaker che Memphis aveva con l'infortunio di Damon Stoudamire, tappata provvisoriamente col comunque discreto Chucky Atkins, preso in inverno e ora free agent. Se l'ex Rookie of the Year 1996 non dovesse tornare a pieno regime, nel back court di Memphis c'è comunque Kyle Lowry, che dopo il suo anno da matricola può tornare utile come point guard di riserva.
La seconda grande novità nella città di Elvis si chiama Marc Iavaroni. L'ex vice di D'Antoni ai Suns era tra gli assistant coach più ambiti dai GM delle franchigie con le panchine vuote, vuoi per i risultati di Phoenix (dove Marc aveva gran voce in capitolo), vuoi per la reputazione ottima che l'ex giocatore di Virginia ha tra giocatori e colleghi.
La scelta di Iavaroni è compatibile con il roster attualmente in forze nel Tennessee, ovvero giocatori rapidi e di poco peso. Starà al coach italo-newyorkese trasformare la carenza di lunghi in oro, come fatto dal "maestro" Mike in Arizona.
Già , perché i Memphis Grizzlies hanno una gran quantità di ali di ogni peso e dimensione, ma zero centri puri (per la serie "continuiamo a non rimpiangere Greg Oden"). Ovviamente le sorti della squadra dipenderanno ancora una volta dalla loro stella, il loro centro per ogni evenienza: Pau Gasol.
Il catalano, raggiunto quest'anno in NBA dal fratello Marc, in attesa di contratto ai Lakers, è stato la causa involontaria dell'annus horribilis dei Grizzlies: il suo infortunio con la nazionale spagnola e la conseguente assenza (prima) e il limitato utilizzo (dopo) hanno fatto naufragare la squadra, partita con un 5-17 senza di lui, diventato 6-24 quando Pau ha cominciato pian piano a rivedere il campo.
Gasol ha comunque chiuso con cifre più che dignitose (più di 20 punti e 9 rimbalzi a partita) nel deserto dei risultati del team, motivo in più per alimentare le voci di una sua cessione.
Pare infatti sia stato proprio lo stesso Gasol a chiedere al proprietario Michael Heisley di essere ceduto in una squadra competitiva: per mesi il suo nome è stato accostato a quello dei Chicago Bulls, ma nessuno scambio è andato finora in porto.
L'ultima voce parlava di un possibile trade con Gasol nell'Illinois e il trio Duhon, Nocioni e Noah (9° scelta del Draft) nel Tennessee. Un ottimo affare per i Bulls, ma non certo per Memphis, che perderebbe la propria stella, il miglior realizzatore e rimbalzista e uomo-franchigia degli ultimi anni (Rookie of the Year 2002) per giocatori sostanzialmente di contorno e che comunque non risolverebbero il problema del peso in area pitturata.
C'è anche da dire che da un po' Gasol non si lamenta e quindi potrebbe rimanere, mentre nel frattempo la dirigenza ha firmato come free agent l'ex sciagura del Draft 2003 Darko Milicic, reduce da un discreto anno e mezzo ad Orlando dove ha fatto intravedere tutto il bene che di lui si diceva (o meglio, si sussurrava) quattro anni fa.
Tralasciando l'entità dell'accordo (si parla di cifre elevate, discutibili per un giocatore che di fatto è ancora un prospetto), il serbo va a portare i centimetri mancanti al fianco di Pau, oltre ad aggiungere una mano dolcissima dalla media. Un innesto tatticamente corretto per gli Orsi, visto che ora nei due ruoli di ala giostrano Rudy Gay, Hakim Warrick, Stromile Swift e più raramente Brian Cardinal, tutti giocatori di poco sopra i due metri.
Il futuro del reparto è affidato però ai primi due: Rudy Gay, preso nell'ambito della trade che ha spedito Shane Battier a Houston, al primo anno di NBA è partito piano, salvo prendere confidenza e segnarne addirittura 31 contro Indiana. Gay è un'ala eclettica, che senza dubbio troverà il suo posto in quintetto a spese del figliol prodigo Stromile Swift, l'ultimo reduce del passato canadese dei Grizzlies, che garantisce esplosività fisica e buona difesa ma latitante in attacco.
Si sta invece imponendo Hakim Warrick, miglioratissimo nell'ultima stagione e ancora con un enorme potenziale, fisicamente devastante e con buona familiarità a canestro.
La guardia di complemento a Conley dovrebbe essere Mike Miller, ancor di più dopo il ritorno a Miami di Eddie Jones lo scorso inverno, sublime tiratore e potenzialmente devastante se Iavaroni riuscirà ad attuare il run and gun di marchio Phoenix.
Completato l'ideale quintetto, si nota una panchina non certo profondissima, situazione normale per chi viene da stagioni altalenanti.
Ma dove può arrivare Memphis? D'altronde poco è cambiato dalla squadra che fece i playoffs nel 2006; come poco pure da quella che ha chiuso ultima nella classifica NBA. I Grizzlies sono davvero un rebus indecifrabile, potrebbero arrivare ai playoffs come scrivere un'altra stagione orribile.
Con le ombre sul futuro di Gasol e l'enigma-Milicic (sperando che il buon Darko trovi l'ambiente e il minutaggio adatti per la consacrazione) le chiavi della squadra passeranno progressivamente nelle mani di Conley, il giocatore adatto a far uscire col tempo la città di Elvis dall'anonimato degli sport professionistici. Infortuni permettendo.