Sixers all’anno zero

Andre Iguodala, il futuro dei Sixers

La stagione 2006-2007 rimarrà  sicuramente negli annali del basket di Philadelphia e nella mente dei tifosi dei Sixers. Tanti i grandi e piccoli cambiamenti operati dal management, per una rivoluzione copernicana che ha finito per stravolgere l'assetto di una delle franchigie più "tradizionaliste" della Lega, come solo un terremoto può fare.

Dopo 10 anni di onorata carriera ha fatto le valige, destinazione Colorado, Allen Iverson, l'uomo franchigia, la stella indiscussa, il giocatore che è stato il simbolo della città  dell'amore fraterno nell'ultima decade. La cosa più sconvolgente è che l'intera operazione è stata portata avanti quasi in "punta di piedi", senza troppi clamori, sicuramente senza rimpianti da ambo le parti vista la voglia di AI di cambiare aria (e tentare di vincere un titolo) e la volontà  dei Sixers di provare a ricostruire partendo dai giovani.

Qualche settimana dopo è stata la volta di Chris Webber, talento indiscusso, ma mai troppo amato a Phila, dove purtroppo è arrivato in una fase calante della carriera e in un contesto tecnico-tattico in cui appariva quasi un pesce fuor d'acqua. Il resto sono stati piccoli colpi di assestamento, minime scosse che hanno sedimentato la situazione creatasi con gli scambi più importanti.

Diversi i mugugni per delle contropartite non proprio all'altezza dei partenti, qualcuno ha parlato di vera e propria "arte a perdere", altri hanno sottolineato la volontà  di fare spazio sotto il cap, magari responsabilizzando quei giocatori che, sotto il regno di "The Answer", erano sembrati accontentarsi troppo delle briciole, limitando il loro valore.

Gli inizi, è inutile nasconderlo, sono stati disastrosi, sia in termini di gioco che di risultati: senza la propria guida e senza un lungo capace di segnare i Sixers hanno ballato e parecchio, rischiando di colare a picco con una serie di oltre 10 L di fila. Qualcuno ha cominciato a chiedere la testa di coach Mo Cheeks, altri a rimpiangere chi non c'era più, ma la società  ha tenuto duro, scoprendo alla fine che, molte delle scelte fatte, erano migliori di quanto si potesse anche solo immaginare"anche nel breve periodo.

Partito AI la priorità  era trovare un nuovo faro, una stella a cui affidarsi nei momenti più importanti. In tanti guardavano al mercato (soprattutto in prospettiva futura), ma a Philadelphia la guida l'avevano in casa e indossava la maglia numero 9. Per Andre Iguodala molti iniziavano a pensare ad una carriera "alla Pippen": secondo violino di lusso, fondamentale per la propria squadra, ma destinato a brillare di luce riflessa.

Per questo si chiedeva l'arrivo di una stella da affiancargli, per poterne sfruttare al massimo il talento, ma l'ex Arizona, partito il suo mentore ed amico, ha deciso di "mettersi in proprio", dimostrando di avere la stoffa per correre da solo. Oltre 18 punti, quasi 6 rimbalzi e 5.5 assist sono il bottino del ragazzo finora, numeri da capogiro che però non danno la reale dimensione del suo impatto sul gioco della squadra.

AI (un deja vu) è uno dei giocatori più altruisti della Lega, uno capace di rendere al massimo coinvolgendo i compagni nella manovra. Sa segnare, difendere (2 recuperi a gara di media), passare e sta imparando, pian piano, a giocare da leader"silenzioso. Rispetto allo scorso anno è cresciuto in tutte le voci statistiche: +6 punti, +2.5 assist, con oltre 40 minuti di media in campo, solo 3 più della scorsa stagione, ma con responsabilità  triplicate.

Il suo carattere schivo e riservato gli impediscono di diventare ancora un "nome" nella NBA, ma Andre è in rampa di lancio, galvanizzato poi dalla nascita (appena un paio di settimane fa) della sua prima figlia. Attorno a lui stanno fiorendo i nuovi Sixers, un gruppo "operaio", ma ben assortito che cresce gara dopo gara forte del tiro di Korver, dei rimbalzi dei Dalambert, degli assist di Miller (che in molti davano partente già  appena arrivato) e della gioventù dei cari Randolph, Carney e Williams.

Dopo un post Iverson disastroso sono in netta ripresa. Con il 40% di successi il discorso play-off non è ancor archiviato, anche se più per demeriti altrui che per una reale spinta di chi rincorre; resta però l'impressione positiva per una squadra che mostra ancora diversi difetti, ma ha una voglia matta di emergere e fare bene.

In vista della prossima stagione bisognerà  operare "chirurgicamente" per rinforzare il roster, sciogliendo subito il nodo della cabina di regia (anche se Miller si sta guadagnando la riconferma) e provando ad affiancare a Iguodala un realizzatore interno (magari un 4) capace di dare una doppia dimensione all'attacco di Phila.

Insomma, il cartello "work in progress" è ancora lì in bella mostra, ma cosa ci si poteva aspettare dopo un terremoto simile?!

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