Vita da gnomi

Brad Miller è l'unico centro di ruolo affidabile dei Kings: mancherà  per un mese

Eric Musselman ha già  vissuto un momento difficile delle sua nuova esperienza alla guida dei Sacramento Kings, senza aver ancora allenato una partita ufficiale; stava declinando l'estate quando una pattuglia della locale polizia stradale lo ha beccato che girava in macchina, vagamente zig-zagante e decisamente alticcio.
Ecco perché non s'è scomposto più di tanto quando, di ritorno dalla prima trasferta della stagione, ha scoperto di dover fare a meno di Brad Miller, il titolare nel ruolo di centro nonché unico pivot credibile in rosa, per il prossimo mese.

Ad un certo punto dell'esordio casalingo contro i Minnesota Timberwolves, in campo c'era un quintetto microscopico come nemmeno ai tempi della banda bassotti di quando Mike D'Antoni era un giovane playmaker milanese: Mike Bibby, Kevin Martin, John Salmons, Maurice Taylor e Kenny Thomas. Cinque nani per gli standard della Nba. Quella partita è finita bene, 91-83, ed è servita a capire quanto per ora Vitaly Potapenko non sia considerato giocatore di rotazione.

Shareef Abdurd Rahim ha recuperato il posto in quintetto che con Rick Adelman aveva definitivamente perso il giorno di Santo Stefano del 2005 per fare il numero 5. "E' una situazione nuova per me - ha commentato il giocatore - non posso dire d'essermi trovato male ma ci vorrà  un po' di tempo per abituarmi."

Dicevamo di Musselman che contro Minnesota è stato uno spettacolo nello spettacolo per intensità  e dinamismo; spesso è sembrato che volesse varcare la linea del campo per andare di persona a fermare Garnett, Hudson e compagni. Il coach in qualche modo deve rifarsi una verginità .
Senza drammatizzare, la bravata di fine agosto è il peggior modo per presentarti in una piccola comunità  chiusa e vagamente ben pensante in cui basta poco per diventare "quello che beve". Chiedere per informazioni a Chris Webber che, nei momenti peggiori, quando il suo ginocchio non girava e il tuo tiro in sospensione usciva, diventava "quello che sfumacchia".

Le sue immagini col capo cosparso di cenere mentre chiede scusa, le dichiarazioni della dirigenza, Petrie in primis, che assicuravano che "Eric ha sbagliato ma noi siamo dalla sua parte" hanno fatto il giro della nazione. "In tutte le squadre – ha dichiarato qualche giorno fa il coach ex Golden State - si dice che i membri sono una famiglia. Io però lo posso dire forte perché l'ho sentito molto chiaramente quando ne ho avuto bisogno."

Ora Musselman, ma tutta Sacramento, ha bisogno di cominciare a vincere le partite. Non che l'attuale 2-2 significa qualcosa. Ma una squadra prende fiducia con le vittorie che permettono di lavorare con maggiore serenità  ed entusiasmo; lo sanno bene i giocatori che hanno provato l'ambiente dei Kings a dicembre del 2005.
Il problema è farlo, come dicevamo con tre lunghi undersized e poco fisici: il paragone che più s'è sentito in questi giorni è stato quello super abusato dei Phoenix Suns. Per arrivarci non basta alzare il ritmo e spingere il contropiede.

Bisogna tirare con buone percentuali di tiro: contro i Timberwolves, in casa, la squadra ha tirato col 45%, fino a quel momento la percentuale media di tre gare in trasferta non arrivava al 38%. E' chiaro che in un contesto del genere non si comincia neppure a parlare. "Dobbiamo essere bravi - ha spiegato Kevin Martin - a non far schierare la difesa quando prendiamo i ribalzi." Ecco appunto: il contropiede lo fai se hai il pallone fra le mani. Per questo motivo Musselman in una conversazione a quattr'occhi ha chiesto ad Artest di curare con particolare attenzione quest'aspetto del gioco.

Forse il coach ha notato che nelle sue prime sette stagioni nella Nba Artest ha avuto una media di 4.8 rimbalzi a partita. Pochi per la fisicità  e le caratteristiche dell'ex Pacers. Più probabilmente, con realismo, Musselman sa che, per caratteristiche fisiche, non sono molti i giocatori che possono essere veramente efficaci sotto i tabelloni. Lo era l'anno scorso Bonzi Wells; ma sappiamo com'è andata.

Come al solito, com'è sempre stato negli ultimi anni, almeno a parole si tende a sottovalutare l'aspetto difensivo; che fino a prova contraria conta moltissimo, tanto che secondo la versione ufficiale era stato il principale argomento contro la riconferma di Adelman. E la difesa, non da oggi, chiama in causa anche i perni storici della squadra: Miller, che per un po' non ci sarà  e Bibby. "Dopo le prime partite di esibizione - ha spiegato Musselman - mi son confrontato con i miei assistenti e siamo stati tutti concordi nel dire che la difesa di Mike finora è stata la migliore degli ultimi anni. Si sta davvero applicando per diventare un difensore migliore."

Sull'applicazione non possiamo sapere; ma che la pre season sia un buon banco di prova per affermare che un giocatore sta difendendo meglio ci pare perlomeno discutibile. Ecco perché solo le prossime partite ci diranno qualcosa di più di questa squadra. L'unico dato di fatto è che nella tremenda Western Conference, la concorrenza non ti permette di perdere troppo terreno.

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