Faccia che dice tutto: Marbury è sempre New York, più nel male che nel bene
Anche il più inguaribile degli ottimisti non può affermare che New York abbia cominciato bene la sua stagione; e se è presto per dire che l'abbia iniziata come l'anno scorso, è indubitabile che il clima sia proprio lo stesso.
Ne ha fatto le spese Stephon Marbury, che fu l'emblema della rinascita che Isiah Thomas aveva promesso al suo arrivo nella grande mela: per ora "Coney Island Finest" è stato solo il simbolo del terribile esordio casalingo, il peggiore in campo della sconfitta 109-95 patita dagli Indiana Pacers.
La point guard è stata fischiata pesantemente, senza pietà , per tutto il quarto periodo dal Garden esaurito; Marbury ha chiuso la partita con 4 punti, frutto del suo 1 su 9 al tiro, e sei palle perse condite da un misero assist. Il suo coach, che è anche il suo presidente, lo ha messo nella condizione peggiore, facendolo entrare all'inizio del quarto periodo; in quel momento il pubblico era in ebollizione perché una tripla di Nate Robinson, che assieme a David Lee, si segnala come uno dei preferiti dei tifosi, aveva riportato i Knicks ad un punto di distanza. In quella situazione Steph ne ha fatte una più di Bertoldo, sbagliando tiri, perdendo palloni e completando l'opera facendosi fischiare un tecnico sull'88-78, un calcio alla palla in direzione di Thomas "per la frustrazione - ha spiegato poi il giocatore - per quanto stava accadendo in campo."
A 2'22" dal termine della partita s'è alzato il coro definitivo: "Mandate a casa Steph", pesante come un macigno. Nel corso della serata i Knicks sono stati fischiati anche collettivamente. E d'altronde ce n'è per tutti: Francis ha fatto bene dal punto di vista individuale contro Indiana ma era stato pessimo prima, Crawford sta tirando sotto il 25% dal campo, 10 su 47 dopo la sconfitta casalinga contro gli Spurs. Per non parlare di Frye, 2 su 11 contro Atlanta impreziosito al contrario dal marchiano errore su una schiacciata.
Ma Marbury è stato il capro espiatorio: "Non sono certo seduto qui - ha dichiarato in conferenza stampa - per nascondermi o raccontarvi che ho giocato bene; oggi ho giocato da schifo. I fischi non fanno piacere ma fanno parte del gioco, specie in una situazione come questa." Un pubblico incattivito, che aspetta questo gruppo al varco, dopo il 23-59 della passata stagione, non ti perdona nulla.
Cosa importa se le scarpe di Marbury costano poco, se poi in campo fa schifo? Come fa ad allenarsi bene se è sempre in giro per promozioni? "Credo che quello che Marbury ha fatto durante l'estate - ha spiegato Isaiah Thomas - sia stato bello e importante come sempre quando si aiuta qualcuno che è meno fortunato di noi" Il coach ha difeso pubblicamente il suo giocatore con un abbraccio e un invito a pensare alla partita successiva. Ha punito però la squadra, né più ne meno di come aveva fatto Larry Brown nella stessa situazione, costringendola a un'inusuale e infinita sessione di video.
Solo qualche giorno prima, dopo la vittoria 118-117 al triplo overtime contro Memphis, l'atmosfera era ben diversa: tutti sorridevano e difendevano il risultato appena ottenuto, poca cosa se pensiamo al vantaggio di 19 punti sprecati alla fine dei regolamentari, come se fosse un successo fondamentale in una gara di playoffs.
Proprio contro Memphis s'è notato come la conduzione della squadra sia ancora approssimativa: il gioco veloce che Thomas sta chiedendo ha funzionato, ma quando i Grizzlies hanno provato a rientrare s'è rivelato un boomerang. A quel punto nessuno ha avuto la testa per rallentare e gestire: Rudy Gay and Kyle Lowry, due rookie, hanno fatto quel che hanno voluto. Con tutto il rispetto: non Pau Gasol.
Altri brutti segnali Dicevamo che Marbury è il capro espiatorio ma non può certo essere considerato l'unico problema: contro i San Antonio Spurs coach Thomas ha pensato bene di non riconfermare nel quintetto di partenza del secondo tempo quattro dei cinque giocatori che avevano inziato la gara. Marbury, ovviamente, ma anche Frye, Curry e Francis che nel frattempo s'era scavigliato.
Nel secondo quarto era successo di tutto: squadra sotto di 23, pubblico che rumoreggia e Thomas così furioso da affidarsi a Mardi Collins e al redivivo Malik Rose. A tutti i livelli, in tutti gli sport in giro per il mondo è sempre un brutto segnale quando i titolari non mostrano voglia di "sbattersi". Ricorrere alle riserve operaie è come prendere la tachipirina quando si ha 39 di febbre. Volendo vedere le cosa con un'ottica positiva, possiamo dire che il messaggio è andato a destinazione: New York ha rimontato con 5 minuti di furia agonistica che nel quarto periodo hanno portato ad un parziale di 20-2. Ma la sfida con i texani non ha fatto altro che magnificare il fatto che ora come ora l'elite della Nba e i Knicks sono una contraddizione in termini.
Le vittorie morali, com'è stato salutato il risultato di stanotte fra il serio e il faceto, sono il pane delle squadre mediocri. E non basta la voglia di combattere di David Lee, che sta confermando d'essere, numeri alla mano, rimbalzista d'alto livello.
La squadra ora dovrà giocarsi tre trasferte proibitive a Denver, Houston e San Antonio. "Dobbiamo esser pronti all'idea - ha detto Thomas in spogliatoio, rimanendo chiaramente sulla difensiva - che potremmo tornare con 1-6." Che non è molto diverso dallo 0-5 di partenza della stagione di Brown.
Se il buon giorno si vede dal mattino, sarà un'altra, lunga stagione.