End-season report di Boston

Splendido Paul Pierce in questa travagliata e movimentata stagione biancoverde

Rendimento della dirigenza

I capi della franchigia Wyc Grousbeck e Steve Pagliuca in passato hanno promesso che stringeranno i cordoni della borsa quando ci sarà  un valido motivo per farlo, per il momento questo motivo non c'è stato, quindi si sono limitati a confermare il general manager Danny Ainge alla sua poltrona fino al 2009, evidentemente contenti della sua gestione.

Ainge d'altro canto nell'ultimo draft ha sfoderato ancora una volta le sue eccelse qualità  scegliendo giocatori molto interessanti, che saranno trattati nella sezione "Rendimento dei rookies". In estate però ha reso il fianco a quello che sembra essere il suo tallone d'Achille: i free agents. I due arrivi, Scalabrine e Dickau, non hanno reso secondo le aspettative per motivi diversi.

Brian Scalabrine si è distinto la stagione precedente per un buon gioco di qualità  ed Ainge quando lo ha firmato voleva proprio quello da lui. Purtroppo le cose non sono andate come avrebbe voluto, perché il giocatore non si è mai completamente integrato e Rivers non è riuscito a (o non ha voluto?) impiegarlo al meglio. È passato da serate interamente in panchina a minutaggi in doppia cifra in un battito di ciglia, cosa che non ha fatto sicuramente bene al giocatore, rendendolo incerto non sapendo quanto poteva giocare la sera successiva.

Il carattere di Brian è stato quello che lo ha sorretto, garantendogli anche delle performance di tutto rispetto, compreso un famoso tiro da tre che di fatto ha riaperto una gara contro Washington. Quell'unico tiro gli ha assicurato un buon minutaggio per le alcune tra le successive gare, ma è anche segnale che Rivers ha fatto fatica ad inquadrarlo.

Non è titolare di un alto contratto, quindi non ingolfa il cap, ma è lungo perché dura ancora 4 anni, quindi se la dirigenza ritenesse che non sia utile farebbe fatica a scambiarlo od a lasciarlo libero, se non inserendolo in un più ampio scambio che per il momento non è in previsione.

Un altro free agent che non ha avuto finora fortuna è Dan Dickau, reduce da un'annata interessante a New Orleans, ma infortunatosi dopo soli 19 incontri. In questo caso è da incolpare solamente la sfortuna, ma non è che Dan sia stato irreprensibile nei due mesi scarsi di militanza in biancoverde.

La sua situazione è però tremendamente simile a quello di LaFrentz, infortunatosi anche lui dopo poche gare e poi dalla stagione successiva ha reso un buon contributo alla causa bostoniana. Non è garantito che avverrà  la stessa cosa anche per Dan, ma le caratteristiche del giocatore, molto simile ad un play di vecchio stampo, potrebbe aumentare le opportunità  di schierare quintetti diversi a seconda delle necessità ; un fatto da non trascurare.

C'è da dire che Rivers non l'ha sempre utilizzato cercando di valorizzare il suo potenziale, ma non è detto che ne abbia avuto l'opportunità . Visto che costa poco, proseguire la scommessa su di lui non lo riteniamo un errore, anche se l'anagrafe dice già  28 anni (ma ne dimostra la metà ).

Dopo qualche mese di stagione Ainge mette insieme uno cambio molto corposo con Minnesota: vanno nello stato dei laghi Davis, Blount, Banks, Reed e due seconde scelte future per Szczerbiak, Olowokandi, Jones ed una prima scelta futura. I principi che hanno condotto Ainge ad effettuare questo scambio sono numerosi, ma si possono riassumerne in tre, vediamoli nel dettaglio.

Liberare spazio per giocatori più meritevoli. Davis è un buon giocatore, ma più di quello che dava quest'anno non poteva, Blount è un giocatore svogliato che prende i rimbalzi quando ne ha voglia e eprde troppi palloni, Banks non è migliorato di un millimetro dal suo primo anno di NBA, Redd ha limiti evidenti in attacco. Perché quindi non dare la possibilità  a giocatori come Jefferson, Perkins, Greene e Gomes di far vedere cosa possono fare? Perkins e soprattutto Gomes ne hanno approfittato, Jefferson è stato limitato dagli infortuni e Greene ha fallito. L'importante è sapere cosa si ha in casa e comportarsi di conseguenza.

Prendere un giocatore più compatibile col gioco di Pierce. Nulla da dire su Davis: bravo, attivo, non ha creato problemi, amico di Pierce, nessuna tensione in campo. Il problema è che i due avevano un gioco molto simile e quindi poco vario, entrambi amano penetrare e nessuno che punisce dall'arco i raddoppi sul penetratore, col risultato che i raddoppi avvenivano ed il solo West non era in grado di approfittarne, essendo un buon tiratore, ma non eccelso. Con Szczerbiak le cose cambiano in meglio, con un giocatore che è un lottatore, ma soprattutto un tiro mortifero che non fa prigionieri. Quest'anno abbiamo avuto le prime avvisaglie, ma il meglio dovremo vederlo dal prossimo anno.

Liberarsi di due giocatori dannosi per lo spogliatoio. Chi non si è interessato molto allo scambio penserebbe che stiamo sicuramente parlando di Ricky Davis, ed invece no, stiamo parlando di Blount e di Banks, definiti "cancro" dai loro stessi ex compagni di squadra dopo la loro partenza. Noi non abbiamo elementi per giudicare, ci limitiamo soltanto a riportare alcune dichiarazioni, ma non vediamo come si possa dubitarne.

La stagione è finita male, con sconfitte poco giustificabili, ma le possiamo definire "sconfitte onorevoli", ovvero quando le speranze di fare i play-off sono svanite è meglio perdere qualche partita in più per avere più possibilità  di scegliere in alto al draft senza perdere di troppi punti per salvare la faccia. Nel frattempo si è potuto far giocare Green per fargli fare esperienza, dare più minuti ad Allen per accelerare la sua ripresa e verificare quanto può dare Greene.

Ma come siamo arrivati ad avere molte sconfitte nonostante un grande Pierce? Come al solito non c'è stata un'unica causa ma una concatenazione delle stesse. Possiamo pensare alla scarsa integrazione di gioco tra Pierce e Davis, a qualche errore di troppo di Rivers, tra cui spicca la sua continua voglia di adeguarsi agli avversari e non farli adeguare ai Celtics, ma soprattutto ad un'ipotesi che riteniamo trovi molti riscontri nella realtà , ovvero la vetrina ai giocatori da scambiare.

Non è una pratica scandalosa e non è rara ed il principio è semplice: faccio giocare un atleta che voglio scambiare per far vedere a chi può essere interessato cosa può fare. In questo caso Rivers, probabilmente d'accordo con Ainge, ha stravolto le gerarchie effettive del roster e ha messo in campo per molti minuti Blount, il quale sarebbe dovuto stare in panchina dietro a Jefferson. Anche per Reed ci sono stati minuti sottratti a Gomes, e qui riteniamo che stia poco in piedi la scusa di Rivers che si è dimenticato Gomes in panchina, secondo noi sapeva bene il suo valore, altrimenti Ainge avrebbe scambiato Gomes.

Gli altri due giocatori scambiati hanno una storia diversa dai primi due citati. Mentre per Davis i suoi minuti erano meritati perché effettivamente giocava bene, per Banks l'infortunio che lo ha tenuto lontano dal parquet fino al 15 di dicembre lo ha penalizzato, ma dal suo rientro ha avuto i suoi minuti per farsi notare. Un'ipotesi intrigante ma che, come detto, trova molti riscontri proprio nei minuti dati a questi giocatori.

Ecco quindi che anche una stagione fantastica di Pierce non è stata sufficiente per ottenere la qualificazione ai play-off, ma proprio per questo motivo la prossima stagione è esente da scuse: bisogna vincere, e pure tanto.

Rendimento delle stelle

Quando si parla di stelle si pensa sicuramente a Pierce, ma anche Szczerbiak è un elemento molto prezioso e non va ridimensionato. Ma iniziamo a parlare dello strepitoso Paul Pierce, che è stato in grado di giocare come mai aveva fatto fino ad ora.

La scorsa estate è sembrato che Pierce stesse per essere scambiato, ma alla fine non se ne è fatto nulla. Un giocatore viziato come ce ne sono tanti avrebbe chiesto più o meno velatamente la cessione e si sarebbe reso colpevole di mancato impegno in campo ed anche fuori dallo stesso, ma non Pierce. Si è impegnato come non mai e si è trovato prontissimo a sostenere sulle sue spalle tutta la squadra, dopo che Walker ha preferito i dollari al votarsi alla causa bostoniana, forte anche di un colloquio chiarificatore in autunno con Rivers.

In quel colloquio Pierce ha avuto le rassicurazioni che voleva: la squadra è tua, noi ti appoggeremo, nessuno ti vuole male, valorizzeremo al meglio le tue caratteristiche. Fin dalla palla a due dei primi di novembre ha dato l'anima in campo, proprio come vuole il pubblico di Beantown e com'è nella tradizione dei grandi giocatori della storia biancoverde e tutta la squadra si è stretta attorno a lui.

Probabilmente c'è anche lo zampino di Rivers in questa straordinaria stagione di Pierce, ma ovviamente se il giocatore non ci mette del suo non potrà  mai migliorare. Il suo gioco è diventato più efficace, tira meglio dal campo e segna di più, spesso è parso molto sicuro di sé, consapevole che nessuno possa fermarlo, abbiamo avuto più volte l'impressione che Pierce potesse fare qualunque cosa volesse in qualunque momento.

Pierce è migliorato non solo nel gioco, ma anche nello spogliatoio. Se in passato il più grave difetto che gli è stato rivolto è stata la mancanza di leadership non in campo, ma proprio fuori dallo stesso, quest'anno Pierce è letteralmente cambiato, perché lo si è visto incitare i compagni, dare il buon esempio e rimproverare chi non faceva il proprio dovere. Ovviamente non è il leader modello e ha ancora ampi margini di miglioramento, ma la sua trasformazione è stata significativa, perché se in passato preferiva delegare la leadership dello spogliatoio al Walker di turno, ora non sembra averne più bisogno, forse anche consapevole del fatto che 'Toine stesso gli ha voltato le spalle preferendo votarsi al dio denaro.

Poco male per Pierce, è cresciuto ed è migliorato come nessuno avrebbe mai potuto immaginare, e come ciliegina sulla torta si è visto recapitare un invito per la partecipazione al camp che deciderà  la formazione della nazionale americana. Continuando su questa strada al momento del suo ritiro vedrà  la sua maglia ritirata in compagnia dei grandi dei Celtics del passato.

Non è al livello di Pierce, ma Wally Szczerbiak è stato molto utile per agevolare le sue scorribande in area pitturata e lo sarà  ancora in futuro quando Wally conoscerà  meglio i compagni di squadra, il coach avrà  imparato nel dettaglio tutte le caratteristiche del giocatore e saranno ottimizzati schemi adatti al suo gioco.

Se con Davis l'intesa era perfetta, ma il loro gioco era molto, troppo simile per essere pericoloso ai massimi livelli, con Szczerbiak le cose cambiano e secondo le aspettative dovrebbero migliorare in modo considerevole.

Il principio è semplice: Pierce penetra, se riesce ad arrivare a canestro segna, altrimenti scarica sul perimetro dove Szczerbiak segna dalla lunga distanza. Detta così però è troppo semplice, perché in questo caso sarebbe meglio prendere un semplice tiratore, ed invece Wally è molto di più, perché difende con voglia, nonostante non sia un top nel ruolo, ed è un lottatore, contesta ogni pallone e vuole veramente vincere le partite. Questa caratteristica spesso fa la differenza tra una vittoria ed una sconfitta.

Il tempo per conoscerlo e fargli conoscere l'ambiente è stato poco e quindi sarà  molto salutare trascorrere un'estate riflettendo come sarebbe possibile far fruttare al meglio il nuovo arrivato. Tutto questo in attesa che Green cresca e possa prendere il suo posto, ma per questo c'è tempo, il suo momento non è ancora arrivato, ben venga quindi Wally, che potrà  dare il suo ottimo contributo fin da subito.

Sia per Pierce che per Szczerbiak è inverosimile aspettarsi ulteriori miglioramenti perché ormai la loro crescita è arrivata alla parte alta della curva. Forse ci sarà  la possibilità  di qualche limatura e saremo felici se potremo vederli ancora più forti, ma lo riteniamo improbabile, sarà  però importante vederli sempre così combattivi, perché il loro impegno e la loro esperienza saranno importanti per la prossima stagione.

Rendimento dei sophomores

Se tutti noi sappiamo che un rookie è un primo anno, non tutti sono a conoscenza che i sophomores sono i secondo anno e solo grazie alla nuova formula della partita all'All-Star Weekend tra i rookie ed i sophomores ha reso questa parola abbastanza conosciuta. Vediamo quindi cosa stanno facendo i "secondo anno" dei Celtics.

Già  all'inizio della stagione le vicissitudini dei tre giocatori sono state diversissime. Iniziamo quindi da chi ha avuto più fortuna, ovvero Delonte West. Senza l'ingombrante presenza, seppur positiva, di Payton, c'era un po' d'incertezza su chi fosse titolare tra lui e Dickau, ma appena è iniziato il training camp Rivers non ha avuto dubbi e ha subito chiarito che Delonte sarebbe stato titolare.

Per lui è stata una stagione stupenda, nettamente migliore rispetto alla precedente, dove ha giocato soltanto 39 delle 82 gare totali. Anche quest'anno ha saltato qualche incontro, ma sono stati soltanto 11, nulla rispetto alla sua disastrata prima stagione.

Dopo un primo mese di rodaggio ha iniziato a trovarsi completamente a suo agio, agevolato anche dalla fiducia incondizionata da parte dei compagni di squadra. Ha anche la positiva tendenza a portarsi la squadra sulle spalle ed a spronarla, un valido aiuto a Pierce, al quale ogni tanto cede la palla per le sue iniziative personali, ma Delonte ha il controllo della situazione nonostante non sia un play puro.

Siamo quindi arrivati alla diatriba che ha appassionato molto i tifosi italici dei Celtics: West è quello che serve a Boston per andare in alto? West è un play puro? A qualcuno forse sembrerà  strano, ma le due domande non sono necessariamente correlate. Motivo? Semplice, l'NBA è cambiata.

Sono ormai passati i tempi in cui i 5 ruoli erano fissi ed immutabili: un play che pensa prima a passare, un guardia tiratrice che si mette sul perimetro a tirare, un'ala piccola che divide in modo esatto il proprio tempo trascorso sul perimetro e sotto le plance, un'ala grande che staziona sotto canestro, al massimo arriva in lunetta ed un centro che è allergico ad una distanza dal ferro superiore ai 4 metri.

No, l'NBA è cambiata. Restando nell'ambito del play, ora spesso e volentieri chi ricopre questo ruolo segna molto e se ha una stella a fianco non disdegna a consegnargli la sfera e lasciargli campo libero. Pensiamo a Billups, play dei campioni NBA di Detroit, l'esempio perfetto di play moderno. Ci sono ancora play puri, ma sono pochi e presumibilmente andranno scomparendo nel prossimo futuro.

In tutto questo discorso West s'inserisce perfettamente nella figura di play moderno. Ha offerto un rendimento eccellente, anche se noi ce lo aspettavamo e siamo contenti d'averci visto giusto. Da lui ci si aspetta che riesca ad incrementare ulteriormente il suo livello di gioco per arrivare a poter dire la sua in modo efficace in questo ruolo, e per uno che è alto 6 pollici e 4 piedi (1,93 metri) solo nominalmente (in realtà  neanche scalfisce il metro e 90) non è poco.

Se per West il primo anno è stato sfortunato mentre il secondo ottimo, sia per Jefferson che per Allen è stato esattamente il contrario: buon primo anno e con qualche incertezza il secondo, ma con storie diverse, vediamole.

Iniziamo con Tony Allen analizzando la sua stagione ancora prima che iniziasse, perché in estate si fa male alla gamba in modo molto strano, da lui mai chiarito fino in fondo. Sullo sfondo anche una pendenza giudiziaria non ancora conclusa che ha contribuito a rendergli la vita difficile, se calcoliamo che ha avuto la possibilità  di calcare un parquet NBA soltanto dal 6 gennaio, dopo un estenuante tira-e-molla, durante il quale un giorno stava bene ed era pronto a giocare ed il giorno dopo era quasi incapace di correre.

In questa situazione disagevole risulta normale che il rendimento del giocatore sia stato mediamente basso rispetto al suo primo anno in cui si era meritato il quintetto base. Fino a marzo difficilmente il suo impiego superava i 20 minuti a sera e le sue caratteristiche migliori, atletismo sconfinato e difesa asfissiante, erano un lontano ricordo. Ricordiamo come se fosse stato ieri le parole tristi di Rivers, il quale ricorda come rimpiangesse quando Allen veleggiava costantemente sopra il livello del ferro, mentre ora stenti persino ad eseguire una semplice schiacciata.

Però tutto passa, ed anche il dolore pian piano è svanito, ecco quindi che da aprile ha avuto un impiego medio superiore ai 30 minuti ed il suo rendimento in attacco ne ha giovato, infatti solo in una delle ultime 11 partite è rimasto in singola cifra di punti. Le prime avvisaglie si sono già  viste nella seconda metà  del mese di marzo, quando Allen ha tenuto brillantemente Kobe Bryant in difesa, il quale ha potuto giocare bene soltanto quando Allen era in panca.

Si parla molto della necessità  in futuro di liberare spazio per Green per quando sarà  pronto, e si fa proprio il nome di Tony, ma noi riteniamo che bisogna pensare molto bene a cedere o ridimensionare il suo ruolo, perché se per segnare Green sembra proprio nato con lo stampino, non siamo altrettanto sicuri sulla difesa, cosa che Allen esegue in modo eccellente. Sono però discorsi prematuri, ora Allen deve stare attento a non farsi coinvolgere in altri alterchi, pensare a riprendere del tutto la forma fisica e dare il suo contributo alla causa biancoverde.

Vediamo ora il secondo sfortunato sophomore, infatti anche Al Jefferson è stato bersagliato dagli infortuni, ma mentre Allen se l'è procurato in modo dubbioso, ma probabilmente per colpa sua, per Al la faccenda è diversa e non è più semplice.

Il rischio per il giovane lungo è che abbia una caviglia debole, proprio in quel punto infatti si è infortunato ben 3 volte in due anni, un po' troppo per essere una pura coincidenza. La prima volta nell'anno da rookie è stata data la colpa alla mancata fasciatura da parte del giocatore, ma adesso gli infortuni sono un po' troppi. Vedremo se la caviglia lo tormenterà  ancora, in tal caso inizieremo a preoccuparci, per il momento non è il caso.

Tra un infortunio e l'altro il giocatore ha avuto modo di entrare in campo per 59 volte ed ha incrementato di poco sia la media punti che i rimbalzi mentre la percentuale dal campo è leggermente scesa, ma è rimasta attorno al 50%. Nella prima parte di stagione la necessità  di fare vetrina a Blount gli ha negato la possibilità  di esprimere tutto il suo potenziale, eppure nei pochi minuti a disposizione è stato a tratti dominante in maniera a volte imbarazzante, poi dopo poco si doveva sempre accasare in panchina.

Questa situazione è stata sicuramente frustrante per il giocatore e non dubitiamo che il suo rendimento ne sia stato inficiato. Quando il roster è stato liberato si è subito infortunato e da quel momento non ha mai raggiunto una condizione fisica adatta a sostenere una stagione NBA, pertanto è stato deciso di tenerlo a riposo fino a fine stagione.

Per lui ci sarà  un'estate in cui dovrà  curarsi bene ed essere pronto al meglio al training camp, deciso a riprendersi il posto in quintetto al momento saldamente nelle mani di Gomes (a meno di improbabili e clamorosi scambi estivi). La prossima stagione avrà  la possibilità  di dimostrare tutto il suo valore, e noi sappiamo essere immenso.

Rendimento dei rookies

Ainge, non contento dello splendido draft dell'anno prima, nell'ultimo si porta a casa Green, Gomes e Greene. Di questi tre di certo Orien Greene, non è e non sarà  mai un fuoriclasse, ma soltanto un giocatore di complemento. Saremo felici che il giocatore ci smentisca, anche se ne dubitiamo fortemente.

I primi due atleti invece sono molto intriganti e possono dare un valido aiuto alla causa biancoverde. Ryan Gomes è sicuramente la sorpresa più grande, ancor più dell'aver preso Green alla 18, almeno per il momento, perché se Green diventerà  un fuoriclasse allora le cose cambieranno. Per il momento i Celtics possono godersi un Gomes snobbato da tutte le franchigie, un idolo di casa (college di Providence) quindi già  amatissimo, con una storia che è amata dal popolo americano: un uomo che lavora duro, sottovalutato, sfrutta come meglio non può fare l'occasione della vita e diventa famoso, un classico del sogno americano, perché in effetti la cosa è andata proprio così.

La sua storia si può semplificare in poche righe: scelto al numero 50, tanta panchina prima del famoso scambio che ha portato Szczerbiak a Boston dopo il quale ha usufruito degli spazi liberi dei giocatori in uscita ed approfittando anche degli infortuni occorsi ad alcuni giocatori rimasti ha avuto le porte spalancate del quintetto base e ha giocato così bene da restare in quintetto anche dopo il rientro degli infortunati.

Potremo anche disquisire sul fatto che Rivers lo abbia messo in quintetto base fin da subito senza batter ciglio, alimentando le voci che lui sapeva benissimo il valore di Gomes e non che "non sapevo che fosse così forte". In effetti non è che fossero disponibili molti altri giocatori a roster in quel momento, quindi un suo impiego poteva anche essere giustificato.

È un giocatore opportunista, nel senso che sfrutta ogni occasione disponibile per segnare un canestro, eseguire un tap-in, catturare un rimbalzo, qualità  che denotano una grande intelligenza e preparazione, ma che aprono il fianco agli adeguamenti difensivi. Se il vantaggio è che sicuramente Gomes è molto più intelligente della media dei giocatori NBA, dall'altro canto non riuscirà  mai a dominare sotto le plance per una tecnica molto buona ma non sopraffina ed un fisico nettamente inferiore alla media nel ruolo.

All'inizio di stagione lo staff ha cercato di trasformarlo in ala piccola, ma sono stati solo disastri e nemmeno lui riesce per il momento a giocare fuori dall'area. Se per il suo fisico l'ala piccola sarebbe l'ideale, per il suo istinto non fa al suo caso. Sarà  interessante vedere se durante l'estate cercheranno di trasformarlo in ala piccola, il nostro consiglio è quello di eseguire questo processo di trasformazione, ma non insistere in modo ossessivo, per noi il futuro di Gomes sarà  di un giocatore in grado di passare con disinvoltura nei due ruoli di ala, entrando a partita già  in corso, infatti la sua intelligenza potrà  essere utile per aiutare la squadra esattamente di quello che avrà  bisogno in quel momento.

Il primo rookie scelto all'ultimo draft è tale Gerald Green. Il mistero per cui è sceso dalla 5 come ipotesi più pessimistica alla 18 è ancora vivo e valgono poco le giustificazioni derivanti da una mancata sfida contro Webster od una improvvisa scoperta che al giocatore manca mezza falange del dito di una mano, quando questo fatto era già  noto da tempo agli addetti ai lavori.

La risposta definitiva probabilmente non ci sarà  mai, ma pensiamo che si possa giustificare un simile crollo al draft chiamando in causa un complesso di situazioni. Le due già  citate sono il cappello, poi ci possiamo mettere il cosiddetto "safety pick", ovvero la chiamata del general manager per salvarsi il posto, per evitare di sbagliare, quindi il pensiero che "tutti non lo chiamano, quindi ci sarà  sicuramente dell'altro" condito con un draft insolitamente ricco nelle posizioni di rincalzo, quindi meglio chiamare uno sicuro, che non causerà  il licenziamento, che imbattersi in un rischio giudicato troppo grande.

Ecco quindi che ad Ainge arriva in braccio quello che proprio non sperava accadesse, un giocatore con prospettive da stella, ed allora al diavolo tutte le congetture e strategie di una chiamata di un giocatore di complemento, meglio un rischio che un safety pick. Le particolarità  di tutta questa faccenda è che il nome che Ainge avrebbe voluto chiamare se non fosse stato disponibile Green era proprio quello di Gomes, pazienza se lo chiama qualcun altro, meglio rischiare con un probabile All-Star. Immaginate quindi la meraviglia quando il buon Danny si è reso conto che Ryan era ancora libero alla chiamata numero 50.

Il problema è che Green è veramente un ragazzino, sia come modi di fare che come fisico, molto esile e poco sviluppato. Ecco quindi che il ragazzo viene spedito in sala pesi e poi fatto giocare in NBDL per fargli rendere conto che ora ha un fisico nuovo. Sia chiaro che il lavoro in sala pesi è tutt'altro che terminato, i chili devono ancora aumentare per poter sostenere una lunga stagione NBA fatta di colpi e spintoni senza complimenti, ma nelle ultime settimane di stagione il coach ha deciso che era arrivato il momento di provare il giocatore con una serie di partite con un minutaggio importante e, sorpresa delle sorprese, non ha giocato affatto male. La sua incrollabile fiducia in sé stesso gli ha permesso di sfoderare delle performance splendide, agevolate peraltro dal clima di fine anno scolastico che serpeggia sempre ad aprile nella Lega.

Gerald nel finale di stagione ha prodotto una serie di schiacciate da urlo che sono andate dritte nelle top ten settimanali, ma la sua caratteristica più importante in ottica futura è che sembra possa offrire una ventina di punti a partita fra poco tempo, tanto è la sua facilità  di segnare. Vedi il suo fisico e ti chiedi come mai non esca in barella dopo una trentina di minuti trascorsi su un parquet NBA, vedi il suo gioco e ti chiedi se vincerà  la classifica marcatori la prossima stagione o solamente quella successiva. La verità , come al solito, sta nel mezzo perché ha bisogno di crescere, di adeguarsi al mondo NBA e di fare esperienza, inoltre nella difesa siamo messi a zero, o quasi, e se non difendi i titoli NBA puoi anche scordarteli.

Il rendimento di Green però non è in discussione, e se è certo che deve lavorare ancora tantissimo, non crediamo d'essere degli illusi se speriamo che possa diventare una nuova stella nel panorama cestistico a stelle e strisce. Se poi lo diventerà , starà  tutto a lui ed alla sua volontà  d'impegnarsi al massimo.

Rendimento degli altri giocatori

In questa carrellata sono rimasti fuori Perkins, LaFrentz, Jones ed Olowokandi. Per rispetto e pudore verso i giocatori veri non riteniamo sia il caso di commentare Olowokandi, mentre per Dwayne Jones è difficile che ci sia futuro nell'NBA. È vero che è giovane, è vero che ha buone caratteristiche come il rimbalzo e la stoppata, ma è ancora molto indietro nelle marcature e nel complesso non sembra avere il talento necessario per fare strada nell'NBA. Probabilmente il suo futuro prossimo sarà  ancora nell'NBDL in attesa di vedere se potrà  dare qualche contributo al piano di sopra.

Vediamo ora i primi due giocatori citati, iniziando dal più "vecchio". Raef LaFrentz in realtà  non è proprio vecchio perché spegnerà  la trentesima candelina a fine maggio, ma la sua reattività , il suo atletismo, la sua reazione ed i suoi scatti stanno (inevitabilmente?) indicando che la sua parabola è in netta discesa. Quello che lo salva è la sua intelligenza cestistica che lo porta a fare molto spesso la cosa giusta.

È necessario che il giocatore smentisca questo che ormai è un fatto cercando di produrre una prossima stagione all'altezza delle sue migliori, altrimenti i Celtics dovranno rimpiazzare un elemento che sa giocare sotto canestro, ma che è anche in grado di allontanarsi dallo stesso con una buona mano da tre. Un giocatore che possa sostituirlo già  lo conosciamo, è originario di Roma ma attualmente bazzica nel Triveneto, vedremo se da questo orecchio Ainge ci sente e se ci sarà  la possibilità  di prenderlo.

Da uno che è in discesa, ad uno che è in salita, e Kendrick Perkins lo è veramente. Qualche mese prima del draft in cui è stato scelto da Boston è stato definito "il nuovo Shaq", invece quella sera se non era per Ainge rischiava seriamente di finire fuori primo giro. Bufala? Fino all'anno scorso il timore era latente e nessuno voleva tirarlo fuori per esorcizzare la paura, questa stagione invece è stata liberatoria perché ha dato segnali molto convincenti che il giocatore c'è e può diventare a tutti gli effetti il centro titolare di una squadra che vuole lottare per il titolo NBA, difatti le sue cifre lo dimostrano: da 2,5 a 5,20 punti per gara, da 2,9 a 5,9 rimbalzi, dal 47 al 51% dal campo e da 0,62 a 1,54 stoppate sono segnali chiari di un netto miglioramento.

In campo lo abbiamo visto bene, si muove meglio, ha movimenti meno legnosi, è parso più fluido e più deciso, sicuro di quello che fa. Ovviamente non è il momento per rilassarsi ed i progressi che deve ancora fare sono tantissimi, però almeno adesso sappiamo che il giocatore c'è e che ha le capacità  per diventare qualcuno nei Celtics.

Rendimento dello staff

… ovvero coach Doc Rivers ed i suoi collaboratori, ma poiché in tutto il mondo, ed in America in particolare, il capo si assume tutti i meriti e tutte le colpe, è giusto fare riferimento a lui per tutto quello che lo staff ha fatto.

Va dato merito a Rivers di molte cose buone: in primis l'ottima stagione di Pierce, mai così forte come quest'anno, poi l'altra ottima annata di West, la scoperta di Gomes ed i buoni miglioramenti di Perkins, ma non dimentichiamo anche i difetti di Blount e Banks, abbastanza nascosti nel gioco tutto approntato all'attacco di Rivers.

Se Pierce è stato convocato al camp per la selezione dei partecipanti alla nazionale americana il merito è da attribuire anche a Rivers, che lo ha messo nelle condizioni ideali per esprimere un gioco spumeggiante ed efficace. Se West ha avuto un'annata sorprendente lo si deve anche a Doc che gli ha permesso d'integrare il suo gioco nel ruolo di play, senza snaturare la sua tendenza a segnare, peraltro con ottime percentuali. Se Gomes ha avuto le luci della ribalta lo si deve al coraggio di Rivers di metterlo in quintetto base quando gli infortuni avevano martellato i Celtics.

Finora però abbiamo parlato solo di attacco, perché se è vero, come ha detto Pierce, che il 90% del tempo speso in allenamento è dedicato ad una sola parte del campo, cosa ne facciamo dell'altra metà ? Ecco che quando si parla di difesa iniziano i problemi.

Aiuti inesistenti, mancanza di conoscenza delle rotazioni difensive, avversari che si trovano tranquillamente in area senza che gli venga contestato un tiro sono solo alcune delle lacune difensive dei Celtics.

Se è vero che per una buona difesa ci vuole necessariamente la volontà  del giocatore (perchè in attacco non ci vuole la sua volontà ?) è anche vero che se un allenatore lascia gli ultimi 10 minuti di allenamento per fare due paroline veloci alla difesa mai e poi mai ci sarà  la possibilità  di vedere i giocatori impegnarsi per difendere sugli avversari in modo aggressivo ed efficace come sarebbe lecito aspettarsi. Se poi ci aggiungiamo che pochi, pochissimi del roster dei Celtics sono portati a difendere in modo naturale, a maggior ragione è utile e necessario lavorare sulla difesa nelle giornate in cui non c'è una partita. Il giocatore, forse l'unico, del roster dei Celtics che ha una mentalità  difensiva di un certo livello è Tony Allen, ma a causa dei suoi problemi fisici e giudiziari lo abbiamo visto poco in campo, però lui potrebbe essere il fulcro su cui basare la difesa dei Celtics.

Il problema è che ci dev'essere la volontà  di lavorare sulla difesa ed anche la capacità , perchè a nostro avviso Rivers non è molto competente su questo aspetto. Ci vorrebbero degli assistenti capaci e questo sarà  un aspetto a cui la dirigenza Celtics in generale, e coach Rivers in particolare, devono porre rimedio. Poco spazio è stato riservato a questa risposta alla gestione dei giovani giocatori e successivamente gli infortuni degli stessi gli hanno negato uno spazio che avrebbero tutto il diritto di avere e che avrebbero avuto senza gli infortuni citati. Se Rivers rimarrà  non ci saranno più scuse e dovrà  far giocare i giovani, ed anche parecchio.

Un vecchio adagio dice: "l'attacco fa vendere i biglietti, la difesa fa vincere i titoli", al momento Boston non è in grado di puntare al titolo NBA quindi può anche permettersi di non avere una difesa ai massimi livelli, ma cosa succederà  quando ci sarà  questa opportunità ? Se Rivers sarà  ancora ai Celtics saprà  migliorarsi ed organizzare una difesa adeguata per puntare al titolo NBA? Se si vuole programmare in modo adeguato una franchigia bisogna pensare ora a queste cose e non dubitiamo che Ainge lo abbia già  fatto.

Forse vedremo qualche novità  quest'anno e forse no perchè Rivers ha eseguito bene gli ordini di Ainge (in breve: ripulire il roster e far vendere biglietti), ma ora c'è il passo successivo, ovvero puntare al titolo NBA. Per rispetto verso l'allenatore forse non avremo novità , ma se Rivers non saprà  fare il passo successivo nella prossima stagione preparatevi a vedere dei cambiamenti nello staff dei Celtics.

Rendimento dei giocatori

Analizzeremo ora brevemente i singoli giocatori: quello che hanno fatto e quello che faranno per i Celtics in futuro.

Paul Pierce
La stagione appena trascorsa è quasi unanimemente considerata la sua migliore in carriera e noi non potremo essere più d'accordo. Guardando le mere cifre ha avuto la sua annata migliore nella percentuale dal campo, nei falli commessi e soprattutto nei punti segnati per gara, ma andando oltre, ha dato l'impressione di aumentare molto il suo livello di gioco come solidità  caratteriale, come continuità  di rendimento e soprattutto come leadership fuori dal campo, non solo in campo. Per la prossima stagione è difficile immaginare un ulteriore incremento del suo livello di gioco (anche se non è detto), una sua conferma a questi livelli sarebbe già  un ottimo risultato, i miglioramenti nel gioco devono farlo tutti gli altri.

Wally Szczerbiak
Serviva un tiratore ed un lottatore con vari anni d'esperienza NBA? Eccovi serviti il giocatore con un cognome da codice fiscale, un cuore immenso, un tiro mortifero ed una voglia di lottare da far invidia ad un gladiatore esperto. Se poi il giocatore ha un contratto importante, ma non pesante, allora ci si aspetta un certo rendimento, cosa che Wally ha fatto: ecco perché non gli si deve attribuire critiche di nessun tipo, il suo lavoro lo fa, e lo fa bene. Poi se si vuole un fuoriclasse che ti porta la squadra in alto l'indirizzo è quello sbagliato, ma se vuoi qualcuno che ti faccia pagare, e pagare salato, ogni raddoppio che viene eseguito su Pierce, allora abbiamo trovato il nostro uomo. Da lui ci si aspetta per il futuro le stesse cose avute quest'anno, magari migliorate da una maggiore conoscenza dei compagni di squadra, in attesa che cresca Green, ma per allora il contratto di Wally sarà  terminato, proprio giusto in tempo.

Delonte West
Dire che è la più bella sorpresa della stagione sarebbe azzardato visto che quest'anno Pierce ci ha pregiati della sua migliore prestazione annuale, ma pochi avrebbero scommesso su una stagione come quella che ci ha proposto il buon Delonte. Nominalmente è al suo secondo anno in NBA, ma in pratica è da considerare un rookie, visto che all'esordio ha visto il campo solo 39 volte. Non è un play vecchio stampo, ma ormai quella è una razza in via di estinzione, ed allora ben venga un play di nuova concezione, che crea ma anche segna e prende rimbalzi. Da lui ci si aspetta che prosegua nei miglioramenti e che diventi il play titolare di una squadra che vuole andare molto in alto.

Raef LaFrentz
Non una buona annata per Raef, ai minimi di carriera per percentuale dal campo, rimbalzi, palle recuperate, stoppate e punti. È un giocatore molto intelligente, profondo conoscitore delle dinamiche di gioco, fa sempre la cosa giusta, ma il timore è che i suoi giorni migliori siano alle spalle.

Kendrick Perkins
Ci aspettavamo grandi cose da Jefferson, invece risponde presente proprio chi non ti aspetti. Non ha ancora i numeri per poter fare la voce grossa in campo, ma l'incremento rispetto all'anno scorso è notevole e non tutti se lo aspettavano. Se fino ad un anno fa c'era ancora qualcuno che dubitava che potesse diventare un centro titolare, ora i dubbi sono calati drasticamente e da lui ci si aspettano continui miglioramenti. Al momento però LaFrentz rimane migliore di lui, ma sarà  così anche la prossima stagione? Ne dubitiamo.

Ryan Gomes
Letteralmente esploso dopo il famoso scambio di Szczerbiak, è stato promosso in quintetto a causa della serie di infortuni che hanno afflitto i Celtics a metà  stagione e da lì non lo ha più mollato. Non è altissimo per il ruolo di ala grande, difatti hanno cercato di convertirlo in ala piccola, ma lui si sente di giocare sotto canestro tutto il tempo e lì dà  i maggiori risultati. Dinamico, molto intelligente, sfrutta ogni spazio disponibile per prendere un rimbalzo od infilare un canestro, questa è la sua forza ma è anche il suo limite. In una squadra da titolo potrebbe essere un valido cambio per i due ruoli di ala, ma la prossima stagione ha la possibilità  di tenere il ruolo di titolare in attesa dell'esplosione di Jefferson.

Al Jefferson
Delusione mitigata dalla convinzione che Rivers non è riuscito a (o non ha voluto) farlo crescere come avrebbe potuto fare. La questione è complessa ed è già  stata trattata nella sezione "Commento dei sophomores", per il futuro è auspicabile agevolare la sua crescita tecnica e psicologica, perché è innegabile che debba migliorare in tutti e due gli aspetti per dare la sua impronta nell'NBA.

Tony Allen
É nettamente il miglior difensore della squadra, e la riprova l'abbiamo avuta quando è tornato a giocare come l'anno scorso dopo l'infortunio estivo. I Celtics hanno bisogno come il pane di un giocatore come lui, che difende e coinvolge i compagni nella difesa, ma che sa anche andare in attacco scollinando nella doppia cifra spesso e volentieri, con un buon numero di schiacciate ogni sera. Tutto questo se sta bene, perché è stato fermo alcuni mesi prima di riprendersi dall'infortunio al ginocchio ed abbiamo dovuto attendere ancora molte settimane prima di rivederlo veleggiare sopra il livello del ferro. Nella speranza che non si faccia male ancora, potrà  dire la sua nella stagione della verità  per i Celtics: la prossima.

Gerald Green
Vogliamo la dimostrazione che Ainge è un mago nel draft? Proviamo a pensare a Green, dato per certo nel primi 5 e poi scivolato fino alla 18. I motivi di questa discesa repentina sono noti e sono già  stati trattati nella sezione "Commento ai rookies", ma Ainge non si è fatto pregare e spaventare, assicurandosi i suoi servigi. Dopo una prima parte di stagione nella lega di sviluppo, ha usufruito degli spazi liberi in roster grazie allo scambio che ha portato Szczerbiak a Boston per iniziare ad acquisire esperienza nell'NBA. Il finale di stagione gli ha offerto i minuti che gli servivano per dimostrare che può dare qualcosa fin da subito. Si diceva per lui che poteva diventare una stella, e per il momento le previsioni non sono state ridimensionate, infatti le potenzialità  rimangono molto alte. È probabile che nella prossima stagione gli venga riservato un minutaggio costante, anche se basso, per proseguire nel suo miglioramento, poi sta a lui dimostrare di meritare una presenza maggiore sul parquet.

Orien Greene
Di fatto play di riserva nonostante la presenza parziale di Banks e Dickau, i quali per motivi diversi gli hanno spianato la strada. Molto alto per il ruolo, gli mancano molte cose, deve migliorare praticamente su tutto e non è detto che i Celtics vogliano attenderlo. Se vuole ancora far parte del roster dei Celtics deve migliorare molto ed in fretta.

Brian Scalabrine
Se Green è la dimostrazione che Ainge è un mago al draft, Scalabrine (per tutti Veal) è invece la dimostrazione che il buon Danny deve andare a ripetizione per quanto riguarda la firma dei free agents. Costa poco, ma quest'anno ha anche dato poco, noi riteniamo che il "rosso" dia il meglio di sé in una squadra pronta per la caccia al titolo offrendogli qualche minuto di qualità , in un "work in progress" come sono ora i Celtics ha fatto e farà  molta fatica, anche i prossimi anni. Incedibile se non in un più ampio scambio che coinvolga altri giocatori, poiché non prevediamo nessun grosso scambio la prossima stagione, Veal rimarrà  ai Celtics ancora per qualche anno.

Dan Dickau
Il ragazzo è proprio sfortunato, aveva bisogno di tempo per integrarsi bene nel gruppo, ma dopo sole 19 partite deve recarsi sotto i ferri del chirurgo dicendo addio alla stagione. Per la prossima sarà  disponibile fisicamente, ma non è detto che Ainge voglia continuare a scommettere sul prodotto di Gonzaga, anche se è quello che più si avvicina ad un play di vecchia concezione attualmente nel roster dei Celtics. Per noi la scommessa su di lui va rinnovata.

Dwayne Jones
I suoi 87 minuti calcati su un parquet NBA non offrono molti spunti di giudizio, ma se li sommiamo a quelli (poco rilevanti, peraltro) giocati nella lega di sviluppo vediamo un giocatore poco avvezzo alla marcatura, ma che cattura un rimbalzo come se fosse l'ultima cosa che debba fare nella sua vita. Non sorprende quindi che i rimbalzi siano superiori ai punti, sia nell'NBDL che nell'NBA, ed anche nella casella delle stoppate c'è un numero interessante per Ainge. Il problema è che il tasso di talento non è elevato e non è detto che lo possa aumentare a livelli accettabili per continuare a militare nella franchigia bostoniana. Possibile un suo utilizzo anche nella prossima stagione per dargli una seconda opportunità , ma è più probabile un suo parcheggio nell'NBDL in attesa di vedere se il fiore sboccia.

Michael Olowokandi
La certezza di non rivederlo più con una casacca bianca bordata di verde rende inutile commentare un giocatore inutile per qualsiasi franchigia NBA.

Conclusioni

Per vari motivi già  indicati in precedenza quest'anno non è andato bene, nel prossimo invece non ci sono più giustificazioni. Alcuni giocatori devono dimostrare di valere l'NBA, altri devono esplodere, altri devono proseguire nei loro miglioramenti ed altri devono confermarsi. Non ci saranno giustificazioni per un'altra mancata qualificazione ai play-off e dovrà  essere una qualificazione tranquilla, senza patemi ed incertezze fino all'ultima settimana.

Senza ulteriori variazioni di roster se non per un'aggiunta al draft, è verosimile aspettarsi circa 45-50 vittorie, quindi un bilancio del 55-60%, se invece ci saranno modifiche sostanziali al parco-giocatori ogni previsione dovrà  essere effettuata attorno al training camp di ottobre. Rimanete sintonizzati su queste frequenze anche in estate, perché vi forniremo tutti le informazioni per conoscere tutto quello che succede alla nostra franchigia preferita.

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