Quest'uomo nei playoffs avrà brutte gatte da pelare
Facciamo un primo rapido flash back all'inizio della stagione, alle polemiche generate dal restyling estivo: durante la off season se n'erano andati Damon Jones, Eddie Jones e Rasual Butler. Gran parte delle discussioni di quel periodo nascevano dalle scelte dell'allora general manager Pat Riley che, per avvicinare ulteriormente la sua squadra al titolo, aveva scelto Jason Williams, James Posey, Antoine Walker e Gary Payton.
Il secondo rapido flash back ci porta al Palace of Auburn Hills, a fine marzo, per la sconfitta degli Heat, 82-73, contro i campioni della Eastern Conference Detroit Pistons; quella sera Williams, Payton e Walker racimolarono un misero 8 su 25 per 22 punti totali. L'attualità parla di una nuova sconfitta contro i Pistons, questa volta sul parquet di casa, 95-82. Il contesto tecnico è sempre lo stesso: 57 punti in coppia fra Wade e O'Neal, gli altri non pervenuti.
Al di là di questa sintesi ridotta all'osso, che quindi può risultare ingenerosa, c'è da chiedersi una cosa: a che punto è il "progetto Miami" se, all'inizio della quarta frazione di questa partita, Pat Riley ha "liberato" Michael Doleac e Derek Anderson? Per onestà intellettuale bisogna far notare che mancavano, per infortunio, Jason Williams, la cui tendinite al ginocchio è abbastanza preoccupante, James Posey e, soprattutto Alonzo Mourning.
L'analisi delle dinamiche fra le due squadre che, probabilmente, si giocheranno la finale di conference al momento appare impietosa. "Era una partita importante questa - ha dichiarato dopo la gara Derek Anderson - perché dovevamo dimostrare, soprattutto a noi stessi, che possiamo battere una squadra che è convinta di poterci battere quando vuole." Dopo quel che s'è visto sul campo, non si può dar torto alle convinzioni degli uomini di "Flip" Saunders.
Shaq e Wade hanno segnato 32 punti dei 41 con cui Miami è riuscita in qualche modo a rimanere in scia nella prima parte di partita; Detroit, com'è solita fare ha cambiato passo nella seconda metà di gara. E i nodi sono venuti al pettine, al di là di due estemporanei "ritorni a -2 nel quarto periodo. Il segnale più importante è quel temendo 0 su 10 da tre che è un monumento alle scelte difensive dei Pistons.
Il problema è sempre il solito: Detroit chiude l'area e lascia che gli esterni di Miami tirino dall'arco. Finchè quei tiri non entrano, e la scatola non si apre, gli Heat avranno sempre problemi. E quei punti, comunque pochi, che gli esterni, Wade escluso, segnano in avvicinamento all'area, non cambiano più di tanto l'equazione e non fanno che estendere il concetto appena enunciato.
"Finchè i nostri veterani - ha detto senza peli sulla lingua Pat Riley, probabilmente dando voce al malcontento delle due stelle - continueranno ad andare in campo pensando di aver maturato "diritti" sulla base del loro curriculum, non avranno il giusto atteggiamento." Poco importa che i giornali cittadini abbiamo ritirato fuori il trito argomento delle percentuali al tiro, per confrontarle con quelle dei giocatori che non ci sono più. Molto maligno, ma comunque in argomento, sarebbe far notare a Riley che quei veterani li ha voluti lui.
"Il problema è tenere coinvolti tutti", aveva detto dopo l'ultima sconfitta di Auburn Hills Gary Payton che, peraltro, non da oggi ha un cattivo atteggiamento. Nell'ultima sfida fra le due squadre Walker, lo stesso guanto, hanno avuto possibilità piedi per terra, con 3 metri di spazio. Ma è evidente che, attualmente, non sono in condizione di segnare quei tiri.
"In campo oggi ho visto giocatori non pronti a fare quello che devono fare", s'è lasciato sfuggire negli spogliatoi un Dwyane Wade insolitamente frustrato. Quella frustrazione s'era notata da un paio di atteggiamenti e sguardi in campo. Alla fine l'ex Marquette s'è affidato a Michael Doleac che, primo fra gli uomini venuti dalla panchina, ha messo un paio di tiri dalla media distanza. Stiamo parlando di un giocatore che in una normale rotazione degli uomini, con Alonzo Mourning in grado di scendere in campo, non dovrebbe avere spazio in campo.
Pat Riley gli aveva dato spazio da ala grande all'inizio del quarto periodo, dopo aver constatato, ma non è novità dell'ultima gara, che è improponibile tenere in campo Hudonis Haslem quando Rasheed Wallace comincia a giocare.
Anche Derek Anderson s'è ritrovato sul campo ad inizio quarto periodo, giocando a lungo nella frazione, perché è sempre attuale il problema difensivo contro il back court dei Pistons; in questo l'assenza di James Posey ha pesato parecchio. L'ex San Antonio, che comunque non è mai stato un mastino, ha fatto un discreto lavoro, pagandolo però in attacco dove ha segnato solo due punti.
"E' evidente che qui deve cambiare qualcosa", ha commentato il giocatore quando, in sala stampa, un giornalista gli ha fatto notare che il bilancio fra le due squadre nelle ultime tre stagioni parla di 5 vittorie e 13 sconfitta per Miami. Peraltro stiamo parlando di un atleta arrivato in corsa, che non faceva parte del disegno originario della squadra
Che il giocatore abbia personalità è fuori di dubbio: "La palla deve muoversi di più - ha spiegato ancora Anderson dopo aver segnato 20 punti nella successiva vittoria 99-86 a Washington - non voglio polemizzare con Wade ma è evidente che se saremo tutti coinvolti le nostre prestazioni miglioreranno." E' chiaro che ognuno ha la sua opinione: l'apporto del supportin' cast contro i Pistons però è sembrata davvero misera.
Anche perché all'orizzonte si intravede il momento in cui Riley dovrà fare delle scelte; e l'ex architetto dello show time si ritrova con giocatori particolari che, se ti danno attacco, sono carenti in difesa. Parliamo del ruolo di play dove, se si vuole dare spazio alla creatività di Williams si dovrà entrare nell'ordine di idee di soffrire in difesa. Lo stesso discorso vale per il ruolo di ala forte dove i problemi del già citato Haslem e di Walker fanno pensare che prima o poi si dovrà ricorrere a Alonzo Mourning, sempre che torni in condizioni di contribuire.
In ogni caso ci saranno dei giocatori da scontentare mentre l'unità di intenti, per lo meno in campo, dei Pistons appare totale. Una constatazione che, al momento attuale, appare decisiva a chi scrive; e non autorizza a pensare positivo.
"In passato ci sono stati momenti - ha dichiarato qualche giorno fa Riley - in cui il margine tra annata positiva o negativa dipendeva da molte considerazioni; non è il caso quest'anno perché sappiamo tutti che il fine ultimo è vincere". Tutta pressione in più per un ambiente cercava fiducia ma che, in questi mesi, non ha maturato le necessarie garanzie.