Il pubblico di Miami sembra aver preso posizione: Van Gundy non ha lasciato traccia
Poche volte, da quando esiste le Nba, si è assistito ad un dibattito così magro a corollario di una decisione tanto controversa. Non ha creduto proprio nessuna alla storia della famiglia di Stan Van Gundy, anche se non si è ancora dissipata la nebbia artificiale distribuita da chiunque abbia un ruolo nella franchigia. E' tornato Riley ed è 4-1. E' tornato Shaq ed è 5-1. Queste sono le uniche cose che contano.
Anche perché danno un chiaro segnale di come l'ex allenatore dei Los Angeles Lakers intende gestire la squadra.
"Non credo possa prendersela nessuno se dico di considerare O'Neal la prima opzione offensiva della squadra", ha detto Riley dopo la prima vittoria casalinga, 111-92 contro gli scapestrati Atlanta Haws. L'ex pivot dei Los Angeles Lakers ha completamente dominato la partita segnando i primi 8 tiri e chiudendo con 13 su 15 al tiro. "Mi piace questa situazione - ha spiegato il "nuovo" allenatore degli Heat - sia quando gli avversari difendono uno contro uno contro O'Neal, sia quando lo raddoppiano: nascono sempre buone opportunità ."
Non fa testo una partita contro una squadra che non ha un lungo credibile ed è stata sotto anche 81-43. Ma il piano "A" è evidente, almeno per ora: andare da Shaq in post, facendolo ricevere anche da fermo, per vedere cosa succede. E' stato chiaro fin da subito anche a Philadelphia, persino all'inizio del secondo tempo quando il gigante da LSU ha sbagliato qualche tiro di troppo. Il fatto di rimanere in campo non più di 25 minuti non fa che magnificare questo concetto: se Shaq è in campo, la squadra va da lui.
Ufficialmente l'idea di Riley, confidata al suo entourage, dovrebbe essere creare un mix del ritmo di gioco dell' Show time con la difesa ferrea di Miami e New York. Da qualche parte si direbbe: un piede in due scarpe. Nondimeno è impossibile dare un giudizio definitivo, almeno per ora: "Per ora - ha dichiarato Riley dopo la partita di Cleveland, l'unica persa - abbiamo semplicemente cercato di sopravvivere. Soprattutto io. Da domani torneremo a casa ed avremo la possibilità di allenarci e creare qualcosa." Chi gli ha fatto notare che quanto s'è visto finora sul campo sembra un tuffo diretto al basket che si giocava negli anni '80 ha ricevuto una risposta ironica: "Non vinco da 17 anni, sarà meglio cambiare qualcosa."
"Miami Freedom. "Quello che mi ha chiesto finora - ha spiegato Gary Payton recentemente - è spingere il pallone in avanti e tirare se ritengo di farlo e sono libero." Figurarsi se Payton se lo faceva ripetere due volte: l'ex Seattle sta segnando 12.8 punti a gara, beneficiando paradossalmente del ginocchio bizzoso di Jason Williams e del recuperato ruolo da titolare. "Tutti stiamo traendo vantaggio - ha spiegato Dwyane Wade che, con 26.5 punti a gara rimane pur sempre il miglior marcatore della squadra - da quel che Riley ha portato in squadra." L'ex Marquette impazza nonappena O'Neal si siede in panchina.
Con tutto il rispetto, il valore di Pat Riley come coach non è in discussione; rimane il fatto che Shaquille O'Neal potrà essere un giocatore controverso e discutibili in certi atteggiamenti, specie in stagione regolare. Però toglie un bel po' di pressione dalle spalle dei suoi compagni quando è sul terreno di gioco. La sua presenza immanente ha ben altro effetto sui giocatori normali che si trovano sul suo cammino. Basta notare come, in sue presenza, molti penetratori alterano la loro parabola o accelerano l'esecuzione del tiro.
E prima c'era comunque Alonzo Mourning, numeri alla mano il migliore della lega in intimidazione e stoppate. "Date da mangiare al cane", ammoniva Shaquille quando a LA non riceveva la palla secondo i suoi desideri. Gli Heat lo stanno facendo. Bisogna trovare il giusto equilibrio tra la pallacanestro che Riley ha sempre allenato e le istanze degli attaccanti in squadra. "I problemi di falli - ha dichiarato Wade - di Shaq in queste prime partite sono dovuti solo al brutto lavoro che noi esterni abbiamo fatto sul perimetro." Ovviamente non è solo questo, ovviamente O'Neal non ha neanche la sua abituale esplosività offensiva. Ma, anche in questo stato, averlo o non averlo fa una grande differenza.
"Vedendolo in quest'inizio di stagione - ha spiegato dalla California Jerry Buss - mi convince ancora di più d'aver fatto la scelta giusta a scambiarlo." "Se fosse sincero - è stata la piccata risposta del pivot - spiegherebbe come stanno le cose: hanno scelto il ragazzo più giovane non considerando che in 5 anni con Phil Jackson avevamo fatto quattro finali vincendone tre e dimenticandosi quanti punti ho segnato e rimbalzi ho preso. Proprio sicuro, mister Buss, di voler motivare O'Neal in vista del rendez vous di Natale?