La nuova guida di L.A.: Smush Parker!
La prima settimana di lavoro nel nuovo e rinnovato cantiere della personalissima scuola zen di Phil Jackson, ha decretato ufficialmente il segnale di start sulla stagione 2005/2006 dei Lakers nella NBA.
Dopo una pre season molto morbida, terminata con un bilancio di 6 vinte e 2 perse, la squadra che "tremare il mondo faceva" ha cominciato il lungo cammino che quest'anno la dovrebbe rivedere, nelle previsioni più ottimistiche, rientrare nel lotto delle migliori 16 franchigie della lega.
La partenza è stata decisamente in linea con le previsioni.
Risultati
Lakers @ Denver 99 - 97 dts
Lakers vs Phoenix 112 – 122
Lakers vs Denver 112 – 92
Lakers @ Atlanta 103 – 97
Lakers @ Minnesota 74 - 88
Lakers @ 76ers 81 – 85
Sì, dal bilancio dei primi impegni agonistici, si possono notare con una certa evidenza I pregi e le contraddizioni che il gruppo dei nuovi Lakers si è portato in dote dall'estate.
La squadra segna.
Questo è il primo dato che salta all'occhio di quanti, solo pochi mesi fa, vedevano gli score degli spenti giallo blu versione Hamblen arrivare a stento agli 80 / 85 punti per serata.
In particolare la squadra segna con un accenno di coralità (dovuta principalmente alla massiccia reintroduzione del triangolo offensivo) e questo è un dato decisamente incoraggiante.
Kobe Bryant, fresco di annuncio di seconda genitura prossima ad arrivare, ha cominciato la stagione con cifre da MVP: una striscia di quattro prestazioni costantemente sopra i 30 punti (34.8 di media) con l'aggiunta di qualche buon rimbalzo dinamico e ben 4.6 assist.
Accanto però al numero 8, Lamar Odom il deluso per eccellenza della stagione scorsa, ha cominciato come aveva fatto nella sua annata d'esordio: ottimi numeri, doppie doppie a ripetizione ma la sensazione di non riuscire ad essere veramente un fattore che sposta gli equilibri della squadra.
Certamente però, quest'anno sono cambiati almeno due elementi: accanto al numero 7 da Rhode Island, in allenamento, prima delle partite, durante la settimana, coach Jackson ha chiamato il suo pupillo Scottie Pippen.
L'intenzione, nemmeno troppo nascosta, è quella di riprendere un discorso che dopo la seconda stagione in maglia Clippers sembrava interrotto per Lamarvelous.
Il progetto è quello di rimettergli la palla in mano; non certo spostarlo nel ruolo di guardia, ma di renderlo quell'ala piccola atipica, quel dispensatore di palloni, quel crocevia della distribuzione offensiva, che l'ex di Miami sembrava potesse essere nei sogni dei tifosi californiani e che nella realtà non si è praticamente mai visto.
A Bryant sembra che ad oggi la cosa non dispiaccia e la riuscita di questo progetto, potrebbe aprire le porte ad un nuovo corso tecnico nello staff angelino.
Non è un segreto infatti, che molte scelte prese in questa estate di ritorni, siano state dettate da una logica di riavvicinamento delle stelle ad una squadra che sembrava si stesse snaturando.
Così Pippen fa da chioccia a Odom, Kareem Abdul Jabbar il grande antipatico (o evitato fate voi) della lega, è tornato a spiegare tecnica a Bynum e Kwame Brown, Brian Shaw è stato rimesso a libro paga, così come Kurt Rambis e infine l'acquisto sul mercato dei free agents di Aaron Mckey, che peraltro ad oggi ha giocato pochissimo, può essere letto come la ricerca nella posizione di guardia di un giocatore all'occorrenza duttile e modesto, ma anche una guida tecnica in tutte le sessioni d'allenamento per gente come Vujacic, Devin Green o il fantomatico Von Wafer.
Dal punto di vista dei risultati, il protozoico progetto è partito quanto meno senza eccessivi tonfi.
In due partite secche, i Lakers hanno sempre vinto contro una delle squadre (i Nuggets) che in pre season erano date per favorite al ruolo di lepri.
Nella partita d'esordio ci è voluto un over time, un po' di ruggine degli avversari e una magata del numero 8, nel ritorno del terzo impegno, è bastata la sfortuna avversaria, ovvero l'infortunio di Nené per dare via libera ai lunghi di L.A. e consegnare così un facile risultato alla piazza californiana.
Nel frattempo, i giocatori di Jackson, hanno ribadito di trovare in Phoenix una vera bestia nera, perdendo ancora in una partita dal copione decisamente offensivo e poi hanno raccolto una vittoria quasi scontata contro Atlanta ed una sconfitta forse dovuta anche ad un po' di stanchezza mentale contro Minnesota.
Il meglio della settimana: fra le note più liete della partenza di stagione, c'è da segnalare un record. Il piccolo Smush Parker è riuscito infatti ad arrivare là dove tanti campioni non erano arrivati: ha segnato almeno 20 punti in tutte le sue prime quattro uscite, conquistando lo spot di play titolare della squadra. Indubbiamente, il Parker versione Lakers non è paragonabile all'omonimo versione Spurs, ma il suo inserimento in squadra porta davvero un po' di ottimismo alla causa.
Come il suo predecessore, Chucky Atkins, il prodotto di Fordham segna parecchio, ma nonostante l'inesperienza ci sta mettendo davvero poco per entrare negli schemi del coach zen, rilasciando bene il pallone (un massimo di 6 assist contro Denver) e difendendo quel tanto che basta"per ora.
La riprova della sua importanza è data dal fatto che nell'unica occasione nella quale non ha segnato, ovvero nell' uscita contro Minnesota, la squadra ha perso la bussola. Ad oggi possiamo classificarlo come un caso, domani, ne riparleremo.
Un'altra nota positiva è rappresentata dalla reazione dimostrata da Chris Mihm nella gara di ritorno contro Denver.
Il centro ex Boston, non era partito quest'anno con le buone cifre del 2004. E' bastato però, che si presentasse un'occasione nella quale gli avversari fossero più leggeri del dovuto ed il numero 31 ha sfoderato una prestazione piuttosto convincente, fatta di 20 punti e 13 rimbalzi al cospetto comunque di Marcus Camby e Kenyon Martin.
Il peggio della settimana: sarà un tema ricorrente nei prossimi mesi. Lo spot numero 5 della formazione dei Lakers, non troverà tanto presto un padrone fisso, non c'è a roster l'uomo che può dire: io qui domino, quindi non mi sposto!
Proprio per questo gli esperimenti saranno, almeno per qualche settimana ancora, all'ordine del giorno.
Lo spostamento nel ruolo di centro di Brown, almeno nella sua prima occasione, è stato decisamente fallimentare.
Lo si è provato contro una squadra sulla carta adattissima, i corridori Phoenix Suns, ma è bastato evidentemente il talento operaio del solo Kurt Thomas per ridurre, anche in una gara ad alto punteggio, il fatturato del numero 54 a 4 punti e 5 rimbalzi.
Da sottolineare poi la maledizione del due.
Ancora una volta, come dodici mesi fa, la squadra ha mancato la prima occasione per inanellare più di 2 vittorie consecutive.
Chi non crede alla cabala, può ignorare questo fatto, ma anche chi si basa su fatti concreti capisce che in questo modo il bilancio non riuscirà mai ad essere così positivo da permettere un generale aumento dell'entusiasmo.
E adesso? L'ultima sconfitta, maturata solo nella scorsa notte al cospetto di un Allen Iverson da 34 punti ha un po' ridimensionato la buona impressione che la partenza giallo viola aveva destato.
Ora si navigherà un po' a naso, almeno fino a quando i meccanismi della squadra non saranno consolidati e si potrà cominciare ad intuire il margine di miglioramento al quale si potrà aspirare.
Alla prossima"