Wade a canestro spazzando via Anderson. Nessun dubbio su chi sia il leader
Uno sguardo al passato Dwyane Wade proprio non riesce a dimenticare il tiro che a 2'30" dalla fine di gara7 contro Detroit scavalcò il tabellone: "Fosse entrato - ha spiegato il giocatore degli Heat - forse avremmo vinto il titolo e magari adesso la squadra sarebbe diversa." "I cambiamenti dell'estate - fa sapere Pat Riley attraverso i suoi portavoce - non sono stati condizionati da gara 7." Teoria particolare perché immaginiamo che un eventuale titolo Nba avrebbe comunque significato qualcosa.
"Gli Heat - ha spiegato in settimana Mike Termini, agente di Damon Jones - sono stati interessati a rifirmare il giocatore fino a che non s'è accordato con i Cavs." Non a quelle cifre, aggiungiamo noi. L'argomento è caldo, specie con questi Heat, ingiudicabili senza Shaq, che ha annunciato l'inizio della sua riabilitazione fatta di 2 sedute giornaliere, e con Posey all'esordio stagionale contro Houston. Qualcuno ha fatto malignamente notare che né Williams, né Walker, né Posey, raggiungono il 38.9 in carriera da tre del "demone". I numeri non sempre sono la verità , specie se parzialmente riportati: Damon Jones nell'ultima stagione ha tirato il 45.6% (225 su 521). L'anno prima a Milwakee tirò il 40% sulla metà dei tiri.
A Sacramento nel 2003 si fermò al 35% con poco più di 200 tentativi. Tutto dev'essere contestualizzato, fra minuti e opportunità tecniche: il giocatore è cresciuto in questi anni e a Cleveland sta tentando una media di 5 triple a partita col 41.5%. Però viene il sospetto che il sistema abbia fatto grande il giocatore più di quanto il giocatore ha fatto grande il sistema. Se poi pensiamo all'esperienza di Derek Fisher, Nick Anderson e altri in questa lega, viene l'ulteriore tentazione di sostituire alla parola sistema il nome di Shaquille O'Neal.
Parere di chi scrive: Damon Jones è stato un fantastico giocatore di ruolo per tutta la regular season. Nei playoffs sono venute fuori le magagne per i limiti di trattamento di palla del giocatore, per la sua insicurezza e per le condizioni precarie di Shaq e Wade. Senza contare la variabile della difesa e della stazza fisica che ha penalizzato anche Eddie Jones da ala piccola: un handicap contro i Detroit Pistons, la squadra che, prima o dopo, contenderà a Miami lo scettro della Eastern Conference. Ecco perché bene ha fatto Riley a non accontentare le richieste economiche dell'attuale compagno di James in Ohio.
Il presente Detto questo, rimane da dimostrare che le decisioni di mercato prese dagli Heat siano state le migliori possibili. Non ce l'ha detto la vittoria 88-84 contro i Rockets, decisivi un parziale di 20-6 e la prima prestazione di rilievo, 11 punti, di Williams nell'ultimo periodo. La Nba è pure impietosa, costringendo una squadra nuova a un tour de force quand'è incompleta e avrebbe bisogno di lavorare per trovare la giusta quadratura. Gi Heat però ora avranno solo 3 partite nei prossimi 10 giorni e un po' di tempo per starsene a casa. "Abbiamo bisogno di allenarci - ha precisato Stan Van Gundy - di rafforzare la conoscenza reciproca dei nostri giocatori e cominciare a mettere qualche punto fermo al nostro gioco."
Si dovrà quindi vedere qualcosa al più presto, posto che Mourning ancora per un po' sarà il surrogato di O'Neal; soprattutto si dovrà capire qualcosa della rotazione definitiva, con Posey stabilmente in ala piccola, dove Walker e Kapono hanno chiaramente dimostrato d'esser vulnerabili, e l'ex Boston a dividere, secondo i desideri dell'allenatore, lo spot di ala grande con Haslem. "Penso che finora - ha precisato Van Gundy - la nostra difesa sul perimetro abbia lasciato a desiderare. Solo a Memphis, abbiamo fatto un discreto lavoro, venendo da quattro giorni di lavoro specifico." La precisazione è giusta perché il dna del gruppo non è certo difensivo. Per raggiungere un buon livello, una volta posizionati i tasselli al posto giusto, servirà comunque un'applicazione che certi giocatori non sono abituati a mettere.
If I was the coach "Se fossi il coach" è la nuova rubrica dedicata all'uomo precedentemente conosciuto come "I didn't sign up for this" (non avevo firmato per 'sta roba). Gary Payton ha detto la sua dopo la sconfitta di Milwakee: "Io avrei sfruttato di più - ha detto l'ex play (???) dei Los Angeles Lakers - certi mismatch sul campo. Però Van Gundy è un coach che vuol tenere coinvolti tutti quindi devo fare quello che chiede." Tradotto: avrei voluto la palla per attaccare T.J. Ford ma non me l'hanno data. Era la terza partita della stagione. Promemoria per Van Gundy:pazienza Stan, sarà una lunga stagione.