Senza bisogno di commenti l'espressione di Bonzi Wells nei minuti finali della gara con i Pistons
Qual è la differenza tra avere Chris Webber nel tuo starting five, oppure Shareef Abdur Rahim?
La via più diretta per giudicare le fortune di una franchigia è guardare a quello che succede sul campo; sotto questo punto di vista subire all'esordio un'imbarazzante sconfitta, definita dal giornale cittadino "un atto di carità nei confronti dell'organizzazione degli Hornets e della comunità di Okhlahoma City", non è un bel segno.
E' presto per tirare conclusioni, anche se la leggerezza con cui Sacramento è andata sotto alla prima casalinga con i Pistons la dice lunga. Siamo però in tempo per valutare le prospettive economiche dei Kings e per inserire in questo contesto la scelta di Francisco Garcia. Il ragazzo ha talento, lo ha dimostrato alla scuola di basket di Luisville, diretta da Rick Pitino, ma è anche il primo giocatore di lingua ispanica a vestire la maglia bianco-viola.
"C'è grande entusiasmo per me - ha spiegato il rookie dopo la partita contro Detroit - Dopo ogni allenamento trovo gente ad aspettarmi per farmi sapere quanto orgogliosi sono d'essere ispanici come me. E' una bella sensazione, spero di non deluderli." Non la normale situazione della matricola che sta giocando 6 minuti a partita con 2 punti di media.
"E' nel nostro interesse - ha spiegato recentemente Sonja Brown, portavoce della Maloof Sports & Entertainment - "connettere" Garcia alla comunità latina di Sacramento." Interesse prettamente finanziario: la comunità ispanica è la quarta, per numero di appartenenti, della regione.
Negli stessi giorni la SouthWest Airlines ha reso noto di non aver rinnovato il suo impegno di sponsorizzazione annuale con i Kings; la collaborazione andava avanti da più di dieci anni, si tratta del quarto sponsor istituzionale che, in parole povere, ha dato il due di picche. Le trattative proseguono con altre realtà mentre scriviamo: il denaro ricavato nella scorsa stagione ammontò a 18.2 milioni di dollari. I responsabili del marketing dei Kings non si sbilanciano: "Facciamo quello che è possibile per quanto riguarda le sponsorizzazioni. - ha spiegato John Thomas, presidente della Maloof Sports & Entertainment - però in questo lavoro bisogna sapere che le aziende che ti seguono possono fare anche scelte diverse."
"Abbiamo avuto una fantastica collaborazione con i Kings - precisano i responsabili della compagnia aerea - ma per i nostri affari abbiamo deciso di dirottare gli investimenti su squadre della zona di Pittsburgh e Philadelphia." Le considerazioni da fare sono tre. Primo: Francisco Garcia in un quadro del genere diventa la chiave che apre ai Kings le porte del mercato latino-ispanico. Secondo: per dare una spiegazione alla cessione di Chris Webber devono esser messe sullo stesso piano le "ridotte" capacità sportive del giocatore e la sua perdita di appeal nei confronti di una comunità che ha da subito mal digerito le sue "divagazioni" con scommesse clandestine e uso di droghe leggere. Terzo: le frasi di David Stern secondo il quale "la Nba adora essere in città dove c'è solo la pallacanestro."
E' facile infatti capire che situazioni del genere determinano grande interesse degli inserzionisti locali nei confronti delle squadre; sull'argomento i fratelli Maloof non si sono espressi, anche perché è sempre più difficile intercettarli nei palazzi in cui gioca Sacramento. L'opinione radicata, e non confessata, dell'organizzazione è che le difficoltà del settore marketing siano da collegare all'inadeguatezza dell'Arco Arena. La solita annosa questione che si ripropone.
Come sempre in queste storie c'è un professore, che per qualche strano motivo negli Stati Uniti parla sempre dalla costa opposta a dove avvengono i fatti. "Al giorno d'oggi - dice Larry De Garis, professore di marketing sportivo all'Università della Virginia - le aziende vogliono avere un rientro sicuro ai loro investimenti." E ancora: "Le difficoltà di Sacramento possono essere dovute alle recenti difficoltà nei playoffs."
Questa spiegazione dell'ovvio non serve er capire una cosa: sono passati i tempi in cui i Kings con Webber, Divac e Jason Williams erano i fidanzati cestistici d'America, quel ruolo al momento è detenuto dai Suns di Steve Nash. Al momento non sono nemmeno la squadra che nel 2002 incantò il mondo prima di cedere ai Lakers. In un contesto del genere tornano a galla tutti i limiti di visibilità di un mercato piccolo e periferico come il North California.
Ecco perché si giunge alla facile conclusione: alla Nba Sacramento interessa per gli sponsor, i Kings senza di essi non possono certo basarsi solo sui diritti televisivi; peraltro la Comcast, il network che quest'anno trasmetterà 64 partite della squadra, sarebbe la prima a trarre vantaggio da un'estensione dell'appeal. Dal successo della strategia "latino ispanica" dipendono gran parte degli orizzonti prossimi venturi dell'organizzazione. Un'operazione del genere fu tentata l'anno scorso con Matt Barnes prodotto della locale Del Fuego; è durata poco.
Siamo al ventunesimo anno del matrimonio fra Sacramento e i Kings; è indubbiamente passato il periodo dell'innamoramento folle. Ora si tratta di ricreare le premesse per entrare nella fase della maturità . Con Francisco Garcia, cominciando a vincere qualche partita con la nuova squadra. Il modello è sotto gli occhi di tutti: San Antonio è un mercato non tanto diverso da Sacramento. Eppure gli Spurs vincono, "win big" come dicono oltre oceano. Qui sta il fatto.