La maledizione del 2

In assenza del N.8, Odom ha preso in mano la situazione…

Settimana di delusioni e di aspettative infrante, quella vissuta dai Los Angeles Lakers nell'ultimo scorcio di stagione giocato.

Dopo l'uscita anticipata dal parquet dello Staples Center di Kobe Bryant in occasione della vittoria contro i Cleveland Cavs, erano davvero tante le domande e le aspettative delle fazioni di tifosi ed osservatori della franchigia californiana, ma da quel giorno il bilancio dei Lakers (3W – 3P), ha scoraggiato chiunque sperasse in una netta inversione di tendenza.

RISULTATI
Lakers 104 @ Golden State Warriors 102
Utah Jazz 102 @ Lakers 94
Minnesota T-Wolves 90 @ Lakers 93
Golden State Warriors 101 @ Lakers 105
Seattle Sonics 104 @ Lakers 93
Lakers 89 @ L.A. Clippers 105

Si diceva che i Lakers erano attesi nell'ultimo periodo a dare prova della loro reale facciata. Una serie di partite giocate sul terreno amico, per la verità  neppure contro squadre di altissimo livello, avrebbe dovuto dare ai fans di Kobe la riprova della necessità  quasi matematica della sua presenza a roster, del suo ruolo di leader maximo, mentre per i detrattori dell'attuale stile di gioco degli angelini, peraltro lontanissimo dallo sbandierato ritorno allo showtime, queste sfide interne avrebbero dato la conferma dell'egocentrismo del numero 8 e della necessità  di rivalutare Lamar Odom come uomo al comando alternativo.

Tanto per non smentirsi e tanto per non smettere di far scrivere fiumi di parole sulla loro perenne indecifrabilità  (a questo punto potrebbe nascere il dubbio che lo facciano apposta), gli uomini di Rudy T, hanno messo in piedi una serie di partite contraddittorie se ve n'è stata una quest'anno, mettendo in mostra a tratti alterni tutto il meglio ed il peggio della propria tradizione recente.

Si può partire dai numeri.

Ancora una volta, la maledizione del 2 ha colpito i rappresentanti di Los Angeles. I Lakers sono infatti una delle sole cinque squadre della lega (l'unica con un record vincente), nella non proprio allegra compagnia di Portland, Charlotte, Atlanta e New Orleans a non avere mai vinto tre gare consecutivamente nella stagione.

Certo, si tratta anche di una delle squadre che non hanno mai perso più di due gare consecutivamente, ma questa vocazione ad interrompere possibili strisce positive sta diventando un piccolo caso fra i dipendenti di casa Buss.

Inoltre c'è la questione Odom.

L'ex giocatore di Clippers e Heat non aveva certo mandato a dire nelle settimane passate, la sua indifferenza nei confronti del sistema di gioco dei suoi, una sorta di palla lunga e pedalare a favore del capitano Kobe, che lo relegava al ruolo stretto quanto inutile, di lungo perimetrale.

In queste ultime gare le responsabilità  si sono spostate quasi tutte sulle sue spalle e Lamavelous ha risposto anche con ottime prestazioni.

Nelle due partite contro Golden State ma soprattutto contro Minnesota, il lungo proveniente da Rhode Island, ha guidato i suoi senza farsi troppo pregare.

Come per magia sono ricomparsi i movimenti spalle a canestro i post, le penetrazioni con stile da guardia, i fade away brucianti che per parecchio tempo avevano candidato al ruolo di nuovo Magic, questo ragazzo dal sorriso facile.

Alla presenza di Kevin Garnett, non proprio l'ultimo della classe, Odom ha sopperito a problemi di falli con una gara tutto cuore, nella quale ha dimostrato che con le giuste motivazioni, questo è davvero uno degli atipici puri più devastanti della lega in ogni reparto del gioco.

Peccato però che nel contrappasso eterno nel quale vivono i giallo viola, i suoi peccati siano stati scontati nelle tre sconfitte contro Jazz, Sonics e Clippers.

I problemi di falli palesati contro queste due ultime squadre in particolare, hanno tarpato ulteriormente il gioco già  privo di un terminale come Bryant e hanno messo in evidenza la mancanza di coralità  dell'impianto Lakers.

Un impianto che, pur potendo contare su un buon talento di base, non ha potuto assolutamente prescindere dalle uniche due stelle presenti a roster.

Emblematica in questo senso l'ultima sfida nel derby contro i Clippers.

Una buona gara, comandata da subito da Maggette (20 per lui venendo dalla panchina) e compagni, che i Lakers hanno cercato di riacchiappare grazie al robusto apporto della panchina (Medvedenko e Cook in particolare). Peccato per loro che proprio nel momento di massimo sforzo, una volta riportati sul - 4 a quota 71 a 75, gli oro-viola si siano trovati ancora senza Odom e con una coppia di lunghi titolari che segnando solo 12 punti totali (contro i 42 della coppia Brand - Kaman) ha in pratica consegnato l'area e quindi il risultato finale ai decisamente meglio disposti in campo cugini.

Il meglio della settimana: in assenza del capitano, al di là  dell'atteso fattore Odom, chi sembra aver meglio recepito le nuove consegne è stato proprio Chucky Atkins. Nelle ultime cinque gare infatti, il play da South Florida ha tenuto la media di 19.8 punti e di 6.8 assist a partita, ben al di sopra delle sue cifre precedenti e soprattutto ben al di sopra di quanto gli era accreditato dai critici.

Nel periodo in questione, da segnalare anche le serate di gloria di Luke Walton, finalmente coinvolto dal proprio coach e autore nella sconfitta contro Seattle di 19 punti e di Sasha Vujacic, che nonostante una precisione al tiro ancora tutta da rivedere ha portato le sue cifre da uno 0.2 punti a partita delle prime 30 gare, ad un 3.8 nelle ultime 5 con pochissimi (3 in 5 gare) turnovers.

Il peggio della settimana: la cronica mancanza di continuità  sta indubbiamente condizionando il rendimento della sesta franchigia dell'ovest.

In particolare però deve far riflettere l'incapacità  dei californiani di tenere i rivali lontani dalla quota 100 punti (subiscono una media di 98.2 punti per serata) e la cronica mancanza di apporto dai lunghi.

Certamente la struttura del roster non consente di basare il proprio attacco sul fattore area pitturata, ma questo non fa che mettere in mostra la dipendenza dal tiro da fuori dei Lakers e la scarsità  (in particolare per questo tipo di gioco) della fluidità  di gioco con la palla troppo ferma fra le mani di un solo atleta.

E adesso?
Parzialmente non sfruttata una porzione di calendario piuttosto favorevole, ai Lakers arriverà  ora un prova d'appello.

In sequenza faranno visita ai Lakers i New Jersey Nets, Portland, Charlotte e San Antonio (quest'ultima gara avrà  veramente il sapore dell'ultimo treno verso uno scatto di qualità ), poi comincerà  la lunga stagione delle trasferte: Houston e Atlanta le prime tappe.

Alla prossima"

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