Vince Carter è sempre stato, e sempre sarà , un giocatore che fa discutere…
Vince Carter è sicuramente riconosciuto come uno dei maggiori talenti atletici mai visti nella storia della pallacanestro mondiale. Da poco trasferitosi nel New Jersey, è stato scelto nel draft del 1998 dai Golden State Warriors e subito girato a Toronto per il compagno/amico Antawn Jamison; in virtù dunque del suo cambio di squadra Vince ha lasciato la franchigia canadese risultandone essere il leader all-time per punti segnati, partite giocate in quintetto e per tiri da 3 punti infilati, contribuendo tantissimo alla prima e soprattutto alla seconda apparizione dei Raptors ai playoffs. Questo senza contare l'abbonamento al primo posto nelle votazioni annuali per l'All Stars Game.
La sua fama mondiale è diventata straripante nel febbraio del 2000, grazie all'esibizione nel leggendario Slam Dunk Contest di Oakland, dove elettrizzò i presenti con una serie di schiacciate stupefacenti guadagnandosi nomignoli quali “Half-Man Half-Amazing”, o “Vinsanity”, oltre a quello di “Air Canada” che si era già conquistato in precedenza. Nell'estate seguente ottenne di essere convocato per giocare le Olimpiadi, lasciando nella memoria di tanti quella schiacciata ai danni del povero Frederic Weis, sorvolato letteralmente in altezza da un Carter che aveva appena dato lanciato una nuova sfida alle leggi della gravità .
Il momento migliore della sua carriera in Canada è arrivato nella postseason del 2001, quando i Raptors raggiunsero gara 7 della semifinale di Conference contro i 76ers di Allen Iverson, arrivando ad un tiro dal passaggio del turno, sbagliato proprio da Carter. Vince concluse con 27.6 punti a partita nei playoffs e con un duello entusiasmante a botte di punti con Allen-I, registrando un massimo di 50 nella serie.
Da quel momento in poi le cose potevano solo migliorare, con i Raptors a raggiungere il miglior traguardo della loro breve storia e con un leader che speravano li portasse ancora più in là , ma cambiamenti ingenti nel roster, infortuni (Carter ha giocato 82 partite solo nel 99/00), scelte sbagliate di allenatori (Lenny Wilkens, Kevin O'Neill) e quant'altro hanno portato prospettive tutt'altro che rosee a Toronto, fino ad arrivare al deludente 33-49 con cui la squadra ha chiuso la stagione l'anno passato, e spingendo voci, opinioni ed idee su un Carter che non sarebbe più stato in grado di riportare la squadra dove l'aveva portata prima.
Vince è spesso stato oggetto di termini quali "soft" o "egoista" per qualificarlo rispetto ad altri giocatori, magari pagati meno dei suoi 90 milioni di dollari ma con una voglia di dannarsi l'anima per vincere molto più grande della sua; lo stile di gioco si è modificato, con il giocatore visto accontentarsi di tiri dalla distanza e restio a provare l'entrata a canestro per non subire contatti, complici anche gli infortuni citati prima ed una volontà non proprio di ferro, con assenza di spirito di sacrificio.
Anni fa gli venne anche mossa la critica di essere troppo sorridente dopo le sconfitte della sua squadra, di scherzare troppo con gli avversari che l'avevano appena battuto, di essere troppo poco arrabbiato, grintoso nello spronare i compagni a cercare la vittoria, che era la qualità che ci si attendeva venisse fuori dopo le altissime aspettative da cui il giocatore era circondato, qualità che per sua indole ha già dimostrato di avere solo parzialmente.
Da ricordare che queste osservazioni gli piovevano addosso già dai tempi di Chapel Hill, quando il meno talentuoso Antawn Jamison veniva riconosciuto come vero leader della squadra. La provenienza da North Carolina ha fatto poi in modo che venisse individuato in lui l'ennesimo erede di Michael Jordan, accettabile dal punto di vista atletico ma non certo da quello della leadership, dove il paragone non può nemmeno cominciare.
La vita cestistica di Carter ha dunque avuto spesso risvolti contradditori, molti alti ma anche molti bassi. Basti pensare al rapporto idilliaco tra lui ed il "cugino" McGrady, originariamente suo compagno di avventure a Toronto, poi trasformatosi in negativo negli anni a seguire, oppure alle varie volte in cui il giocatore si è lasciato andare a dichiarazioni non proprio felici o si è trovato in episodi non piacevoli.
Un esempio di ciò può essere la situazione creatasi tempo fa con l'ex-agente, Tank Black , che gli aveva procurato un contrattone da 25 milioni di dollari come sponsor della Puma, dal quale Vince ha tentato poi di uscire, ottenendo poi una ingente richiesta di danni da parte dell'azienda sportiva ed arrivando alla separazione con Black, per poi firmare con la Nike una volta sistemata la faccenda.
La richiesta di cessione inoltrata nella preseason, causa la sua accusa al management di non aver fatto nulla per costruire una squadra con prospettive vincenti, ha fatto imbizzarrire i tifosi di Toronto che lo hanno etichettato come l'ennesima star viziata che alla prima difficoltà vuole andarsene (sempre più di tendenza nel 2004/2005) e lo hanno ricompensato con diversi “boos” nelle sua prime apparizioni casalinghe, dopo che lui era stato il simbolo vivente di una città che fino al 1994 aveva vissuto di solo hockey su ghiaccio.
Anche nei giorni successivi alla trade Carter ha avuto modo di alimentare le critiche, ammettendo in un'intervista alla TNT di non essersi impegnato a fondo in alcune partite giocate in maglia Raptors, spiegando che dopo gli infortuni ora doveva allenarsi di più, quando invece prima gli bastava il solo talento a facilitargli le cose e successivamente negando ciò in un'altra dichiarazione: “Non ho mai detto di non essermi impegnato sempre a fondo, amo troppo il gioco del basket per mancargli di rispetto. Ho sempre dato tutto quello che avevo.”
La reazione degli ex-compagni è stata prevedibilmente dura, come testimoniano le varie interviste rilasciate dopo l'accaduto.
Rafer Alston ha detto: “Quello che ho sentito è un riflesso del suo carattere vero, non può essere considerato un giocatore con il quale andare in guerra una sera sì ed una no e molta gente ha dubbi sulle sue capacità di leader. Non è bello che un All-Star come lui si trascini la fama di soft, visto che è sempre tra i più votati ed acclamati”.
Morris Peterson ha aggiunto: “Non potevo credere a quello che stavo sentendo. Io sono un giocatore professionista e dormo meglio la notte se so che ho dato veramente tutto.”
Comunque stiano le cose, il cambio di aria sembra avere avuto effetti positivi e le ultime prestazioni parlano di un Vince Carter rinato (lui stesso ha dichiarato di volersi considerare un rookie con il trasferimento); i numeri sembrerebbero confermare questa tesi, in quanto dopo aver accumulato le peggiori statistiche in carriera in partenza di campionato con una media di 15.9 punti per gara, 3.3 rimbalzi ed il 41% dal campo, giocando solamente poco più di 30 minuti a partita con Toronto, Carter, in 13 parite con i Nets, ha migliorato quasi tutti reparti statistici, aumentando considerevolmente la media punti con 22.6, e raddoppiando i rimabalzi presi con 6.5. Migliorati sono anche il numero di assist, minuti giocati e percentuali al tiro, più preciso sia da due che da tre punti.
Lo scambio perfetto, si sa, è quello che migliora tutti i team coinvolti, e dalla trade Carter sembra essere uscito sollevato, dopo aver tanto pestato i piedi per andarsene dal Canada. La stagione dei New Jersey Nets può avere nuova linfa vitale, e l'addizione di Carter può rivelarsi davvero importante visto il ruolo di secondo violino che ora si trova a ricoprire, più adatto alla sua natura.
In un sistema di gioco come quello di Lawrence Frank, ci sarà modo per lui di divertirsi in contropiede, elettrizzare il pubblico assieme a Kidd su passaggi immaginifici e conseguenti splendide schiacciate, e di continuare a fare male con il tiro da tre o con le conclusioni laterali da appena dentro l'arco che ha dimostrato di saper mettere con una certa continuità , e magari di far rimangiare, questa volta per davvero, qualche malignità ai suoi numerosi critici.
Benvenuto allora nel Flying Circus, Vince.