Sfortunatissimo Hughes, fermato dalla sfortuna nel momento migliore suo e dei suoi.
PROMOSSI
DA BIG THREE
“La capitale, noi siamo la capitale!”. Ok, magari il coro non sarà proprio questo, ma sicuramente i tifosi dei Washington Wizards hanno di che essere orgogliosi dopo anni, anzi lustri, di vacche magre. I Maghi sono una delle grandi sorprese di questa stagione, e si sono ormai affermati come una delle più serie contenders per il titolo della Eastern Conference.
Parte del merito va ovviamente a coach Jordan: un rampante guru della lavagnetta, che dopo aver ricevuto nelle stagioni passate offerte da tantissime squadre NBA ha deciso a sorpresa di accasarsi in una delle realtà storicamente meno felici della lega… evidentemente aveva visto giusto.
Dopo il dovuto omaggio reso a chi tiene in mano le redini della squadra, è tempo di parlare dei tre giocatori che stanno facendo la fortuna di Washigton. Arenas-Hughes-Jamison sono il miglior trio della lega al momento… anzi sono il miglior trio che si sia visto nell'NBA da un bel po' di tempo! Se continuano su questi ritmi saranno infatti i primi tre compagni di squadra contemporaneamente sopra i 20 punti a partita dai tempi del mai dimenticato Run TMC di Golden State. E' sorprendente come mettere assieme tre giocatori istintivi, umorali, tradizionalmente difficili da integrare in un contesto tattico razionale si sia rivelato un mix perfetto, una combinazione vincente.
“Iron-Man” Jamison (al momento detentore della più lunga striscia aperta di partite consecutive, 359) ha portato autorevolezza in post basso e la possibilità di creare un mismatch contro chiunque non si chiami Garnett o Duncan.
Alle sue spalle, Arenas e Hughes sembrano finalmente aver trovato la maturità che gli è sempre mancata. Formalmente il primo è il play e il secondo la guardia, in realtà è Hughes che si incarica di gestire il gioco, mentre “Hollywood” è il terminale offensivo principale in quello che Doc Rivers (e altri) considerano il miglior back-court dell'intera lega. Non fa male il fatto che entrambi abbiano scoperto quanto è bello e utile difendere sul serio, e chi affronta i Wizards si sorprende di non trovare più le praterie che conducono a lay-ups facili.
Proprio Larry Hughes è probabilmente il componente del terzetto che merita maggior considerazione, soprattutto perchè è il meno quotato. Svariati giocatori della lega segnano almeno 20 punti a partita, e un consistente numero di questi li condisce con almeno 5 rimbalzi. Hughes fa però parte di quella ancor più ristretta elite che oltre a tutto questo sforna anche 5 assist (assieme a Wade, James, Francis, Bryant, Garnett, McGrady), ed infine è l'unico di questi assieme a LeBron a buttare sul piatto della bilancia anche un paio di palle rubate abbondanti.
Per anni lui e chi lo ha scelto sono stati derisi per quel famigerato draft in cui Nowitzki e Pierce furono scelti dopo di lui. Intendiamoci, deve fare ancora MOLTA strada per essere accostato a due super-campioni di questo livello… ma se guardiamo solo a questo spicchio di stagione 04/05 è, sorprendentemente, superiore ad entrambi.
[AGGIORNAMENTO: la sfortuna, che come tutti ben sapete ci vede benissimo, ha scelto di mettere la prua in rotta di collisione col povero Hughes. Un grave infortunio lo costringerà ad un lungo stop proprio nel momento migliore della sua carriera, portando via ai Wiz uno dei loro tre pilastri e tarpandone notevolmente il potenziale]
BARON DAVIS
C'è chi si ritiene un grande campione, gioca in una squadra scarsa, o quantomeno ritenuta inferiore al proprio blasone, e quindi si prende la libertà di remare contro, giochicchiare, giocare per gonfiare le proprie statistiche e più in generale fare di tutto per farsi scambiare, o meglio svendere.
C'è poi chi vuole allo stesso modo andarsene da una realtà che appare irrimediabilmente condannata alla mediocrità , ed è per di più falcidiato da cronici problemi fisici… eppure reagisce in modo del tutto opposto, giocando alla morte ogni singola partita, come se fosse una gara 7 di Finale.
Baron Davis ha saltato 18 partite per colpa di quella maledetta schiena, che lo perseguita ormai da anni. Dopo essersi tolto un po' di ruggine dalle giunture ha ricominciato a giocare con gli occhi della tigre, e con 21 punti, 7 rimbalzi e 10 assist di media nelle ultime quattro gare ha trascinato i suoi abulici compagni, aiutandoli a conseguire tre vittorie su quattro. Peccato che il suo fisico proprio non ne voglia sapere di lasciarlo in pace: nella partita con i Raptors, che sembrava avviata ad essere la quarta W in 5 partite, il Barone è stato fermato da un infortunio alla caviglia; ovviamente i suoi si sono demoralizzati, hanno dilapidato il vantaggio e si sono portati a casa la sconfitta.
INCREDIBULLS
I milioni di tifosi della Windy City, orfani inconsolabili di Sua Maestà MJ, dopo tempo immemorabile possono guardare la classifica e sorridere, anzi esultare. Se la stagione finisse oggi, i Tori dell'Illinois sarebbero ai playoffs, grazie ad una cavalcata straordinaria nelle ultime settimane: 6 vittorie consecutive nelle ultime 6 gare, 11 nelle ultime 14… una squadra apparentemente irriconoscibile rispetto a quella disorganizzata e senza speranza “ammirata” nelle ultime stagioni.
Guidati dal leader silenzioso Hinrich, che gioca come un veterano ed è fenomenale per continuità e completezza, quasi tutti i componenti del roster si stanno togliendo delle soddisfazioni. Curry è ancora pigro sotto il suo tabellone, ma domina quasi tutti gli avversari diretti con la sua stazza e la proprietà tecnica dei suoi movimenti. Chandler è ancora a tratti rallentato da problemi e problemucci fisici, ma quando gioca è la vera arma in più dei suoi: difende come pochissimi giocatori della sua età , e mostra sempre più frequenti lampi di grandezza Garnettesca. I rookies Deng e Gordon si completano meravigliosamente: il primo sa fare veramente tutto (e veramente bene) su un campo da basket, tranne il go-to-guy; il secondo non sa fare assolutamente niente, tranne segnare raffiche di punti in pochissimi minuti, in ogni momento della gara e contro chiunque. Nocioni e Duhon non saranno mai delle star, ma sono gregari preziosissimi che farebbero comodo a qualunque squadra, e persino i grandi vecchi Davis e Harrington sembrano ringiovaniti di parecchi anni.
L'attacco è ben disegnato, spreca troppo ma non può che migliorare all'aumentare dell'esperienza dei suoi giovani componenti. La difesa in compenso è già al livello delle grandi del gioco (primi assoluti per la percentuale dal campo concessa agli avversari, davanti ai devastanti Spurs). L'ovvia avvertenza a tutti i tifosi è quella di mantenere il sangue freddo, perchè i Bulls di questi ultimi anni ci hanno dimostrato che possono rapidamente distruggere tutto quello che hanno creato… ma in questa folle Eastern Conference sognare non è vietato.
I GIOVANI CELTICS
Negli ultimi anni i Boston Celtics non sono proprio stati sinonimo di spettacolo, e questa stagione non fa certo eccezione. I biancoverdi fanno una fatica tremenda a restare a galla in una Eastern Conference in cui i Bulls sono in prepotente ascesa, i Pacers stanno ritrovando le proprie stelle e Sixers e Raptors non sembrano aver intenzione di mollare. Si preannuncia quindi una stagione al cardiopalmo, da vivere sul filo del rasoio senza poter mai tirare il fiato.
All'interno di questo quadro incerto, i tifosi dei Celtics hanno comunque la possibilità di ritagliarsi un piccolo spazio di divertimento puro, che coincide con quei 10/15 minuti a metà partita in cui Rivers fa rifiatare i veterani e fa largo ai giovani… in quei minuti i vari Allen, Jefferson e Banks, supportati dal genio sregolato di Ricky Davis, fanno il bello e cattivo tempo: il playbook viene stracciato, i giochi a metà campo dimenticati, si pesta a tavoletta sull'acceleratore e chi osa cercare di tenere testa al ritmo forsennato imposto dai ragazzi finisce presto con la bombola ad ossigeno sulla faccia e viene messo a ferro e fuoco. Ovviamente non è che si possa giocare così per tutta una partita, nel gioco a metà campo i giovani Celtics sono ancora largamente insufficienti: quando il gioco si fa duro è necessario aprire il manuale e fare spazio ai senatori, alla solidità e alla sobrietà … ma quei 10 minuti di elettrizzante anarchia valgono il prezzo del biglietto, e nei sogni dei tifosi irlandesi rappresentano un succulento antipasto di quello che potrebbe succedere nei prossimi anni.
Daniel Engber
Magari questo nome non vi dirà niente, ma vi assicuriamo che ha rischiato di stravolgere una delle più solide certezze del mondo NBA.
L'esimio Engber è uno studioso che di recente ha deciso di dedicare il suo tempo allo sviluppo di una branca della scienza che potremmo chiamare… “pingonologia”.
Tutti voi nelle partite NBA avrete avuto il piacere di notare il pubblico che, alle spalle del canestro, cerca in tutti i modi di influenzare il tiratore della squadra avversaria con metodi alquanto pittoreschi: cartelli, “manone”, sciarpe e sciarpette sventolate, e soprattutto i mitici “pingoni”. Forse vi sorprenderà sapere che l'unica funzione di cotanto impegno è quella di bruciare una piccola percentuale delle calorie ingurgitate con l'hot-dog, perchè in realtà non danno fastidio proprio a nessuno: nell'ultima stagione le squadre in trasferta hanno tirato i liberi con percentuali praticamente identiche a quelle delle squadre di casa. La differenza fra le due statistiche è inferiore al ventesimo di punto percentuale; 194 giocatori hanno tirato meglio i liberi in casa che in trasferta, 192 giocatori al contrario si sono trovati meglio lontani dal parquet amico.
A questo punto entra in scena il nostro “pingonologo”. L'ineffabile Daniel ha infatti scoperto che non solo un “rumore di fondo” disordinato e scomposto non crea difficoltà ad un professionista, ma addirittura in qualche caso rischia di metterlo più a suo agio rispetto ad uno sfondo fisso. Per dare veramente fastidio ad un tiratore, in base ai meccanismi che regolano il cervello umano, ci sarebbe necessità di un movimento uniforme dello sfondo in un senso o nell'altro, un movimento ondulatorio che gli darebbe l'impressione di essere in movimento, creandogli problemi al tiro. Un po' quello che succede quando siamo su un treno assolutamente silenzioso, e vediamo muoversi lentamente un treno accanto al nostro: siamo noi in movimento e l'altro treno è fermo, o viceversa?
Chi poteva cogliere questo suggerimento se non Marc Cuban? Il proprietario dei Mavs ha assoldato Engber per un breve periodo di tempo, organizzando gli “hoop troopers”, soggetti destinati a guidare ed armonizzare i movimenti del pubblico. La prima applicazione concreta del principio è avvenuta contro i Celtics… che hanno tirato col 60% (18/30), circa 20 punti percentuali al di sotto della propria media. E' toccato poi ai Bucks ed è stato un altro successo (63%, 17/27), ed infine sono arrivati i Lakers (21/27 e 78%, perfettamente in media con il loro rendimento abituale). Questa è stata la fine della breve carriera di Engber come consulente, visto che il volubile Cuban ha ritenuto fallito l'esperimento dopo la sfida con i gialloviola… ma chissà , forse in un futuro qualcuno perfezionerà questo principio rendendo un incubo realizzare i liberi in trasferta, e dell'eccentrico Engber parleremo come dell'uomo che ha rivoluzionato il basket NBA!
JERMAINE O'NEAL
E' tornato dalla squalifica per i fattacci di Detroit bruciando dalla voglia di rivincita. Poche gare dopo il rientro ha piazzato 55 mitici punti in faccia ai Bucks (con 11 rimbalzi, 18/28 dal campo, 3 assist e 2 stoppate), proseguendo poi con 5 partite in cui una sola volta è sceso sotto ai 29 punti. Nel mese di Gennaio viaggia a 34 punti e 10 rimbalzi col 48% dal campo, cifre nettamente superiori a quelle tenute in una prima parte di stagione senza infamia e senza lode. Senza Artest questa è più che mai la sua squadra: avendo sulle spalle questo pesante fardello tecnico ed un ancora più pesante fardello rappresentato dagli strascichi legali della rissa, si può ben dire che questa stagione rappresenterà un ulteriore esame di maturità per Germano.
THE CHRISTIES
La saga di Doug Christie e della sua dolce (ma anche no) metà Jackie si arricchisce di un nuovo capitolo: il reality show! I due sono infatti nella fase conclusiva delle trattative che li porteranno a mettere in piazza la loro vita quotidiana a beneficio del pubblico americano, all'interno di un reality show della rete televisiva VH1, sulla falsariga di quanto fatto da MTV con “gli Osbournes”.
Entusiasmati da questa prospettiva, i dirigenti dei Kings hanno pensato di far iniziare il programma con un bel colpo di scena, sbolognando senza preavviso “The Christies” a Orlando, in cambio di Cuttino Mobley, in una trade che ha fatto letteralmente inferocire “Stevie wonder” Francis.
Detta papale papale, questa trade non sta nè in cielo nè in terra per i Kings. Certo, Christie non è più un ragazzino e non fornisce più il contributo di una volta, in attacco e in difesa. Resta però probabilmente la miglior guardia dell'NBA quando c'è da passare il pallone, un leader silenzioso, un giocatore che può cambiare il corso di una partita e di una stagione grazie agli “intangibles”.
Mobley al contrario è un giocatore che ha punti nelle mani, ma è il classico “buco nero” che pretende il pallone e non lo restituisce mai, rompe gli schemi, difende pochino e a parte i punti segnati contribuisce veramente poco al gioco della squadra.
C'è chi dice che la decisione dei Kings sia stata motivata proprio dalla volontà di liberarsi non tanto di Christie, quanto della ingombrante ed onnipresente Jackie… se fosse così sarebbe sinceramente una motivazione risibile.
Dall'altra parte della trade, Francis si straccia le vesti e preannuncia sventure e disastri. In realtà il fatto di spezzare finalmente l'accoppiata Francis-Mobley non potrà che fare bene ad una squadra che non ha bisogno di accentratori, ma di gente che distribuisca con intelligenza il pallone. Il primo a beneficiarne potrebbe essere Howard, troppo spesso ridotto a fare da spettatore alle interpretazioni personali dei due piccoli, come accadeva a Yao in quel di Houston.
BREVIN KNIGHT
In pochi si ricordano che nel '97 il figlio di Brenda e Kevin, la “pulce d'acqua” di Buffesca memoria, fu scelto alla sedicesima posizione assoluta del draft grazie ad una carriera universitaria di tutto rispetto. Dopo anni di infruttuoso girovagare in fondo alle panchine delle peggiori squadre della lega, l'elettrizzante playmaker sembrava destinato ad essere solo uno dei tanti protagonisti del “sommerso NBA”. Al contrario, nei nuovi Bobcats ha trovato terreno fertile per il suo gioco, e ha ripagato Bickerstaff con prestazioni eccezionali. Al momento è addirittura secondo assoluto negli assist a partita e nel rapporto assist/palle perse. Contro i Cavs, la squadra che lo drafto' in quel fatidico 1997, ha sfornato ben 20 assist, la sua quinta prestazione stagionale con almeno 15 servizi in camera ai compagni.
MARIO KASUN
Il rookie di Orlando non ha ancora avuto molte possibilità di dimostrare il proprio valore in campo (anche se recentemente ha messo 9+6 in una ventina di minuti contro i Bobcats), ma ha trovato comunque modo di mettersi in mostra. Alle partite dei Magic infatti si è soliti ultimamente vedere, fra le altre celebrità , la pornostar Mary Carey* (da non confondere con la quasi omonima Mariah), diventata famosa per essersi candidata nientemeno che a governatrice della California. Il fatto è che è stato proprio Kasun a mettere da parte i biglietti riservati all'esuberante Mary, conosciuta in un night-club.
“Thumbs up” per Mario che, a prescindere dai futuri sviluppi della sua carriera NBA, si guadagna un posto nei nostri cuori!
*vabbe' dai, tanto lo so che in un periodo variabile tra i 3 e i 5 secondi dopo aver letto queste righe vi precipiterete a Googlare in cerca di foto della signorina Carey… vi risparmio la fatica, il suo sito ufficiale lo trovate qua.
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RIMANDATI
LARRY BROWN
L'hanno scorso ha conquistato i cuori degli appassionati (e, cosa ancora più importante, il titolo di campione NBA) grazie all'ormai proverbiale “play the right way”. La “right way” consisteva nel giocare di squadra, nella solidità di un gruppo senza primedonne, totalmente concentrato verso un unico obiettivo: vincere, e vincere grazie all'abnegazione, alla dedizione e allo spirito di sacrificio.
In questa prima parte di stagione i Pistons sembrano avere smarrito la “right way”. Detroit gioca mettendo in campo solo una piccola parte della grinta, della cattiveria agonistica e della voglia di vincere che contraddistingueva, la squadra, e i risultati non entusiasmanti lo dimostrano. Anche la recente striscia vincente (7W nelle ultime 9 gare), ottenuta comunque contro avversarie di basso profilo, non è stata convincente: vittorie risicate, sofferte, strappate grazie all'esperienza e all'amalgama, a fronte di sconfitte nette e preoccupanti (particolarmente pesante a livello emotivo la batosta contro gli Heat, primi candidati alla successione ad Est).
Più preoccupanti ancora sono le voci che i soliti beninformati stanno facendo girare attorno alla squadra. Si dice infatti che il calo di intensità dei giocatori sia direttamente legato ad un calo di mordente da parte di Larry Brown: un allenatore leggendario per la sua sapienza tattica, ma anche per la tendenza agli innamoramenti facili e ai disamoramenti ancora più facili, per il fatto di non esser mai riuscito a mettere radici in nessuna squadra in cui ha allenato (un fatto che probabilmente gli ha impedito di raggiungere prima l'agognato anello).
Intendiamoci, chiunque voglia vincere il titolo dovrà ancora fare i conti con questi, ma i GM che erigono i proverbiali ponti d'oro per il coach campione del mondo sono tanti, e hanno argomenti convincenti (si parla di un forte interesse da parte di NY, Denver e Chicago): basta un piccolo granello di sabbia per mettere in difficoltà un meccanismo che sembrava quasi perfetto.
DANNY FORTSON
Il giocatore più falloso dell'NBA (per un certo periodo di tempo è stato addirittura in media per battere il record assoluto di falli di Darryl Dawkins, e guida la classifica dei falli tecnici con 11) sta avendo la miglior stagione della sua carriera, e fornisce un solidissimo contributo ad una delle migliori squadre della stagione 2004/2005: è al momento il miglior rimbalzista, assieme a Garnett, se parametrato sui 48 minuti.
Peccato che non sia riuscito a raggiungere questi risultati senza sentirsi obbligato a commentarli con una adeguata colonna sonora, finendo coinvolto in baruffe verbali con svariati altri giocatori. L'ultimo suo bersaglio è stato nientemeno che il pezzo più grosso di tutti, Da Shaq, nei confronti del quale ha speso parole non proprio diplomatiche alla vigilia del confronto diretto:
"You know something? If he can't go out and bang, if he can't get two or three feet underneath the basket, he is ineffective. My goal is to keep him out of the paint. I challenge him to take a jump hook. Take a couple jump shots. I bet you he can't do that. Of course he is going to complain about flopping because he has to be inside to score buckets. If he doesn't get inside to score buckets, he might as well give the ball to Dwyane Wade and move back."
Alla fine della partita Shaq aveva in saccoccia 28 punti, 11 rimbalzi e 5 stoppate: certo, i Sonics si sono comunque accaparrati la vittoria, ma provocare il cagnone non è mai una buona idea
CARLOS BOOZER
Le sue statistiche stagionali restano più che discrete (19+9 col 52% dal campo), ma il suo rendimento è in calo. Solo tre doppie-doppie nelle ultime 9 partite, tiro che va e viene, palle perse in aumento, un rendimento difensivo che Jerry Sloan ritiene largamente insoddisfacente, e che potrebbe addirittura portare presto ad una sorprendente riduzione del suo minutaggio.
Più in generale le sue prestazioni non aiutano a togliere dalle secche una squadra che, orfana di Kirilenko, è letteralmente crollata.
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BOCCIATI
ERICK DAMPIER
E' stato l'uomo più corteggiato del mercato estivo, ma per il momento sta facendo tirare un grosso sospiro di sollievo ai tifosi di quelle squadre che sono state battute da Cuban nella corsa per strapagare il monumentale centro da Mississippi State.
Uno dei più abusati luoghi comuni del mondo NBA stabilisce che è meglio diffidare delle stagioni abbaglianti giocate da giocatori che sono in un “contract year”, vale a dire in scadenza di contratto: per il momento la stagione di Dampier sta confermando il suddetto luogo comune, fornendo una puntuale definizione del termine “bust”.
Le sue cifre sono calate di 3 punti e quasi 5 rimbalzi, ritornando sui livelli delle sue mediocri medie di carriera: 8.9 punti, 7.3 rimbalzi, una stoppata ogni due palle perse… cifre francamente imbarazzanti per un giocatore che costerà ai Mavs 73 milioni nei prossimi 7 anni (oltre a due prime scelte ed un giocatore valido come Najera). Tanto per fare un confronto, date un'occhiata a quel che succede nella Grande Mela: Isiah Thomas era il GM che aveva mostrato il massimo interesse per Dampier, ed era stato dipinto come il grande sconfitto nel momento in cui Dampier si accasò nel Texas. Pochi mesi dopo Nazr Mohammed, che gioca nel ruolo che Thomas avrebbe voluto affidare a Dampier, lo surclassa nettamente in tutte le voci statistiche, per il modico prezzo di 5M a stagione.
CHRIS MULLIN
In cima a questa classifica vi abbiamo parlato dei Big Three, che stanno entusiasmando un po' tutti gli appassionati di basket NBA… tutti tranne i tifosi di Golden State, visto che poco tempo fa quei tre giocatori erano dei loro, e se li sono lasciati scappare ricevendo poco o nulla in cambio.
Come abbiamo detto, i “big three” di Washington sono il miglior trio dai tempi del “Run TMC”… e i corsi e ricorsi storici fanno sì che l'attuale GM dei Warriors sia Chris Mullin, uno dei componenti di quel mitico terzetto.
Quando, prima della stagione 2003/04, Mullin prese le redini della squadra, c'erano grandi aspettative: da una ex stella e franchise-player di Golden State, giocatore dotato di sapienza cestistica sovrumana, tutti si attendevano una rinnovata ventata di rispettabilità per una squadra che negli anni è stata lo zimbello della lega.
Un anno e mezzo dopo, i Warriors si ritrovano impantanati in una situazione probabilmente peggiore di quella ereditata dal buon Mullin, che si è dimostrato di manica eccessivamente larga al momento di staccare gli assegni: Richardson, Murphy, Fisher e Foyle hanno ricevuto estensioni contrattuali per un totale di 24 anni e 216 milioni di dollari. Una terrificante ipoteca sul futuro della franchigia, una scommessa fondata sul rendimento futuro di uno slasher che deve ancora dimostrare tutto, un buon lungo che non difende, un play di riserva dal grande cuore ma al crepuscolo della sua carriera e un lungo che un tempo era uno dei più temibili stoppatori della lega e che gli infortuni hanno trasformato in un giocatore imbolsito ed inefficace.
Il tutto è stato aggravato dal licenziamento di Eric Musselman, che senza fuochi pirotecnici stava guidando la squadra a risultati superiori alla propria caratua, sostituito da Mike Montgomery: un pessimo errore, visto che il trend degli ultimi anni dell'NBA ha mostrato che i coach collegiali, anche quelli con ottimo pedigree, non sono in grado di allenare con uguale costrutto nella lega, mentre la scelta migliore è quella di puntare su gente sconosciuta al grande pubblico ma che ha fatto l'assistente per anni, abbeverandosi alla saggezza di altri grandi coach (Eddie Jordan, i Van Gundy, Frank, Carlisle, Bzdelik, tanto per citarne alcuni).
La situazione non è ancora tragica ma resta grigia. Certo, ci sono margini di miglioramento e possibilità di far quadrare il cerchio: il sostanzioso contratto di Dale Davis (10 milioni di dollari) è in scadenza, e quindi potrebbe attirare le attenzioni di parecchie squadre. Sfruttare al meglio questo asset potrebbe essere fondamentale per il futuro dei Warriors e dell'uomo dagli occhi di ghiaccio.
VINCE CARTER
Ma perchè, Vince, perchè? la tua immagine era già abbastanza deteriorata dalle tue pessime prestazioni sul campo negli ultimi tempi, dai tuoi infortuni continui, dall'ovvia impressione che stessi facendo di tutto per farti cedere… c'era proprio bisogno di ammettere candidamente e palesemente, sulla TNT, che nelle tue ultime stagioni ai Raptors stavi “remando contro”?
L'infortunio di Jefferson lo ha trasformato nell'unico credibile terminale offensivo della squadra, nonchè primo candidato ad essere esaltato dalle sapienti assistenze di Jason Kidd: è il momento di dimostrare con i fatti che è ancora una superstar nei fatti, non solo a parole
CARLOS ARROYO
Il venticinquenne portoricano era stato una delle grandi sorprese della scorsa stagione, ed era presentato come un tassello inamovibile dei nuovi Jazz. Purtroppo però le grandi attenzioni di media ed appassionati gli hanno un po' dato alla testa, e coach Sloan è proprio l'allenatore che non vorresti MAI deludere sul piano dell'impegno e della concentrazione.
Quando un giocatore si rende inviso al proprio coach si dice che finisce nella sua “dog-house”. Ecco, la cuccia di coach sloan è notoriamente un posto in cui è molto facile entrare, e difficilissimo uscire (chiedete a Greg Ostertag). Arroyo, pur essendo il più talentuoso dei play a disposizione dei Jazz, è stato chiaramente messo sul libro nero e, a meno di struggenti mea-culpa, difficilmente ne verrà fuori. Il posto di play titolare è stato affidato al carneade Keith McLeod, che peraltro si sta comportando egregiamente. Alle sue spalle, pur di ridurre al minimo i minuti di Arroyo, Sloan ha gratificato Raul Lopez e talvolta addirittura il rutilante Eisley.