L’ultima scommessa di Cuban

Nowitzki, e la sua fantastica tecnica di tiro

Ogni anno sempre più persone si avvicinano al mondo della NBA, ne seguono le partite, imparano a conoscerne i meccanismi e soprattutto i protagonisti. Può succedere però, se siete un neofita della grande setta degli appassionati dello sport più bello del mondo, che guardando una partita dei sempre divertenti Dallas Mavericks, vi capiti di notare uno scatenato tifoso, vestito come il vostro vicino di casa preferito quando va a lavorare in garage, sul quale le telecamere indugiano spesso e volentieri.

No, non ha lanciato una birra in campo.
No, non sta per essere allontanato dalla security.
Si, è un multimilionario e, tra le altre stupidaggini, è quello che "sfama" le famiglie di Nowitzi e soci.

Se il proprietario della vostra squadra è uno così, già  non siete partiti benissimo. Se in più l'allenatore è Don "vediamo-cosa-mi-invento-oggi" Nelson, beh, vi auguriamo buona fortuna.

Dopo averla risollevata dalla polvere nella quale si trovava, l'eccentrico proprietario Mark Cuban, insieme al suo coach, l'ha lentamente plasmata basandosi fondamentalmente su tre giocatori di assoluto valore: Steve Nash, Michael Finley e Dirk Nowitzki.

Su quest'asse la franchigia texana ha costruito stagioni fatte di record sempre più positivi in stagione regolare, seguiti puntualmente da cocenti delusioni ai playoff. Il suo gioco offensivo spumeggiante, figlio della filosofia Nelsoniana, non riusciva da solo a sopperire alla incredibile mancanza di organizzazione difensiva, che con il clima caldo della post-season, finiva immancabilmente per diventare determinante.

La stagione passata li ha visti partire con un roster di abbacinante talento, infoltito da uomini come Antoine Walker e Antwan Jamison. Come dite? Quanto hanno vinto in finale e come è andata la parata? Ehm, no, mi dispiace, eliminazione al primo turno, Cuban con le mani tra i capelli e Nelson appeso ad un filo.

Ma arrivati ai nastri di partenza della stagione 2004-2005, il buon vecchio Don nonché suo figlio e assistente Donn (eh, lo so, che ci volete fare) erano ancora al loro posto. Stessa cosa non si poteva di certo dire per il funambolico playmaker canadese Steve Nash, che giunto alla fine del suo contratto con i Mavs, ha preferito seguire il profumo dei dollari ed accasarsi alla corte di coach D'Antoni nel deserto dell'Arizona.

Insieme a lui, anche "the Genius" Antoine Walker, e il sesto uomo dell'anno Antwan Jamison, hanno fatto le valigie e portato il loro talento rispettivamente ad Atlanta e Washington.

Ma siccome Mark Cuban non si diventa, ma si nasce, tutti questi soldi sono rimasti a Dallas non più di una manciata di secondi. Dopo aver fatto firmare un contratto da più di 36 milioni di dollari a Marquis Daniels, praticamente a scatola chiusa, i Mavs hanno pensato bene, una volta fallito l'assalto a Shaq, di versare nel conto corrente di Erick Dampier poco meno di 65 milioni di dollari, per un contratto che scade nel 2011.

Evitate commenti per favore.

Dopo sette vittorie nelle prime otto gare di stagione, i Mavericks hanno rallentato, collezionando invece cinque sconfitte nelle ultime nove gare, condizionate anche dall'assenza per infortunio di Michael Finley, l'indiscusso leader emotivo della squadra.

Quello che si può indubbiamente notare guardando le partite di Dallas, è come, specialmente in determinate fasi del gioco, questi Mavs somiglino poco o niente a quelli della passata stagione. Innanzitutto la mancanza di un playmaker come Nash, ha modificato enormemente il gioco offensivo della squadra di Nelson, che adesso si affida nel ruolo di point guard al rookie Devin Harris, autore di una grande partenza ma in vistoso calando nelle ultime partite, e al neo acquisto Jason Terry, da Atlanta. Non propriamente i nuovi Stockton, tanto per intenderci.

Il gioco ne risulta rallentato, la palla gira con molta meno fluidità , e non sono i rari i casi di isolamento su un quarto di campo, con palla ferma per una decina di secondi, in attesa molto spesso che il tedescone tolga le castagne dal fuoco.

D'altro canto però, la presenza (finalmente) di un centro di peso come Dampier, sicuramente un fattore aldilà  del contratto spropositato, permette un più efficace gioco a metà  campo, nonché una migliore quadratura in fase difensiva, sempre e comunque vero tallone d'Achille per gli uomini di Cuban.

Le partenze di Nash e Walker hanno fatto sì inoltre che il peso dell'attacco ricadesse ancora di più, sulle spalle di quello che è probabilmente, il miglior europeo che abbia mai giocato nella NBA. "Klasse Dirk" ha molti meno tiri piedi per terra, ed è costretto spesso a crearsi un tiro da solo, ma questo non sembra creargli molti problemi.

Nowitzki sta giocando a livelli stratosferici, segnando valanghe di punti e dominando sotto i tabelloni. Nei sondaggi, un po' prematuri a dir la verità , sull'MVP stagionale, il suo nome non è mai assente.

Su diciassette partite disputate finora dai Mavs, Nowitzki è stato per tredici volte il miglior realizzatore, e per nove volte il miglior rimbalzista della squadra. Senza voler neanche prendere in esame i 53 punti conditi da 16 rimbalzi contro Houston, perché hanno i connotati della fantascienza.

Per l'ennesimo anno di fila i Mavericks, sono comunque nella lista delle squadre che hanno come obiettivo l'anello, e ancora una volta, il potenziale per raggiungerlo sembra esserci, anche se nel mondo della NBA non sono moltissimi quelli convinti che Dallas possa davvero uscire vincitrice in un'eventuale serie con San Antonio o Minnesota.

Se questi pronostici venissero però smentiti, e i Mavs dovessero riuscire nell'impresa di vincere il titolo, all'infinità  di aggettivi che accompagnano spesso il nome di Mark Cuban, si aggiungerebbe quello a cui probabilmente lui tiene di più. Vincente.

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