Dopo Martin, partirà anche Kidd?
Troppo gloriosa,a suo modo,è stata la favola di Byron Scott sulla panchina dei Nets; troppo difficile, comprensibilmente,riuscire a dimenticarsi in fretta di quel tecnico che vestì pure la maglia gialloviola in tempi di showtime e che in tempi recenti, approfittando delle magie del Flying Circus, ha indubbiamente condotto la franchigia di Rod Thorn a dominare l'intricata Eastern Conference.
A poco è dunque servito l'innesto di Lawrence Frank sul piano dei risultati: dopo una smodata euforia iniziale, notoriamente causata da una striscia di vittorie da record, è sopraggiunta una prematura eliminazione ai playoff in gara 7 contro i terribili Pistons versione 2004 e ben lontani dai Bad Boys, in quella che secondo molti è la semifinale di Conference,mentre a detta di altri è semplicemente il secondo turno di playoff.
Possono tuttavia essere individuati dei tratti comuni tra la gestione di Scott e l'inizio di quella di Frank, e non si tratta solo del medesimo roster tra le mani, ma di componenti che vanno minuziosamente analizzate.Senza considerare poi la dipartita di Kenyon Martin, che ha contribuito a diversificare pure sulla carta l'operato dei due coach.
In primo luogo è da valutare l'effettiva responsabilità dell'allenatore nel bel gioco espresso con continuità dalla squadra nell'ultimo triennio, e da un punto di vista puramente estetico il bandolo della matassa va ricercato, piuttosto,nel playmaker in maglia numero 5, cui è stata universalmente attribuita l'invidiabile facoltà di poter migliorare i compagni in ambito tattico e numerico.
Dalla panchina quindi nessuno è riuscito a programmare in maniera migliore ciò che Kidd portava già a compimento splendidamente,limitando di molto lo Scott o il Frank della circostanza.
E poi: argomento titoli, ritornato di freschissima attualità pure nella Eastern dopo il colpaccio delle truppe di Larry Brown,che ha aperto menti e prospettive di un'intera Conference dopo una fase decisamente dura. Se Frank si è davvero fermato anzitempo, non si può certo affermare lo stesso del due volte finalista Byron Scott, senza che tuttavia sia mai riuscito ad impensierire concretamente Lakers, ma anche Spurs, nel round più incandescente dell'intera NBA. In questo caso l'analogo fattore si ritrova con evidenza nel mancato raggiungimento del titolo, e poco cambia in sostanza che il cammino si sia interrotto in Finale o soltanto al secondo turno.
Quanto al roster dei Nets vi è molto della struttura portante ancora da definire, con il nucleo "storico" tuttora intatto con le pietre miliari Kerry Kittles e Lucious Harris sempre efficienti, mentre sono da sistemare le situazioni contrattuali di giocatori non indispensabili come il giovane Brandon Armstrong, classe 1980, o come l'ombra di colui che fu un sontuoso tiratore da tre,quale Hubert Davis, ormai un ex-giocatore.
La sola eccezione in fatto di free agents è rappresentata da Rodney Rogers, giocatore da un po' in calo ma certamente di valore, anche se non certo ad ingaggi spropositati.
Non per caso viene menzionata solo ora la situazione di ciò che resta della piccola Big Three del New Jersey, Kidd e Jefferson, che rappresentano come nessun altro la grande incertezza della franchigia allo stato attuale, forse sinonimo di imminente crisi.
Kidd sembra come non mai consapevole di aver esaurito ogni possibilità di arrivare all'anello in maglia Nets, ed ha ufficialmente chiesto di essere scambiato, magari sognando di approdare nell'agognata Western a servire assist a Tim Duncan, per quello che gli resta come giocatore ancora determinante nel proprio ruolo; i vari Parker o Rasho Nesterovic sono di certo i più appetibili in qualità di contropartita tecnicai.
D'altro canto Jefferson non vede l'ora di staccarsi dal contrattino da rookie che lo ha blindato fino ad ora,e pur essendo forse il solo sicuro punto di riferimento per i Nets del futuro,anche sulla sua sorte non molto è già stabilito, premessa la non remota ipotesi che ad un uomo-franchigia spetti pure il massimo salariale.
Poiché se pareggiare un'offerta non pare un'inattuabile impresa,la situazione di Martin deve mettere in guardia molti, ed è ancora difficile comprendere a pieno il senso di queste tre prime scelte dai Nuggets in cambio di un'ottima ala forte quale Martin si è dimostrato e probabilmente si dimostrerà nel corso degli anni; assai arduo pure accettare la scusante di un contratto fin troppo elevato (90 milioni di dollari per sette stagioni), specialmente se è lo stesso Rod Thorn ad esternare una probabile volontà di spendere e spandere,data la disponibilità finanziaria.Ciò che risulta al momento di vitale importanza per i Nets,anche solo per raggiungere la post-season, è l'acquisto di un'ala forte che rimpiazzi l'ottimo Martin degnamente in difesa, in attacco e a rimbalzo,ed è solo per il primo di questi tre aspetti che il chiacchierato nome di Shareef Abdur-Rahim non sembra soddisfare troppo le esigenze del team. Nel frattempo sarà interessante vedere l'inserimento di Martin nella Conference delle ali forti, banco di prova decisivo per una carriera ben avviata.
Ciò che si evince dai rimasugli di questa consumata rosa,che ha trovato in Collins l'ovvia soluzione per il ruolo di centro dopo l'esperienza di Mutombo ed il calvario di Mourning(che ancora figura ai Nets), è un'aria di rassegnazione, sia per la stagione alle porte,in cui Kidd e Jefferson dovrebbero bastare anche da soli per dei playoff, ma senza altra ambizione alcuna,sia per quella ancora successiva in cui lo smantellamento appare pressoché inevitabile.
Di Kidd c'è ampiamente da fidarsi nel momento in cui se ne hanno ancora i lussuosi servizi; un po' di fiducia può essere carpita da nomi del calibro di Planinic o più ancora dallo stesso Collins lasciando volutamente perdere Brian "Ralph Malph" Scalabrini, tuttavia lo spettro di un ritorno all'inglorioso passato si fa sempre più insistente.
A meno che non si ricorra ad un grosso nome per ricostituire un trio stellare,e puntare di nuovo alla finale, giusto canto del cigno per un ciclo che chiuderebbe comunque dignitosamente la propria epopea.
Anche perché partire con in testa un ottavo posto ed un ballottaggio tra ali forti che abbia in contesa Rodney Rogers o Aaron Williams non è affatto la più rosea delle prospettive Si è dunque,per forza di cose,in attesa di mosse della dirigenza per un'annata quanto meno dignitosa, come fa sperare l'avvento del nuovo proprietario Ratner.
Altrimenti, il circo ha già chiuso i battenti.