Stardust in LA

Quest'uomo, qualcosa da dare alla storia del gioco ancora ce l'ha!

Nba loves LA
Siamo a Los Angeles, la fiera mondiale delle vanità . All'Olimpic Tower non lo ammetterebbero nemmeno sotto tortura: la Nba di solito si trincera dietro la solita formula "We're proud to be in"..", "Siamo orgogliosi di essere a"".

Ma per l'All Star Game esistono sedi adatte e sedi naturali. New York nel 1998 fu una sede naturale: città  di basket, Broadway a due passi dal Garden, una spruzzata di star fra le prime file. Tutto quello che serve a creare l'evento attorno alla partita. Atlanta, lo scorso anno fu solo una sede adatta, con i suoi figuranti per coprire i seggiolini vuoti ad uso e consumo della mondovisione.

Ad un certo punto chi è riuscito ad entrare allo Staples Center, si deve essere chiesto se le celebrità  non avessero direttamente preso il potere. Uno sproposito: Andy Garcia, Joe Pesci, Lennox Lewis con Naomi Campbell, J. Lo, naturalmente Jack Nicholson, Will Smith e Denzel Washington.

Solo a Los Angeles una celebrità  può prendere il microfono al centro del campo, sotto le mentite spoglie del Governatore della California e augurare a tutti buon divertimento. Sui giornali, la polemica ha preso corpo, nemmeno tanto strisciante.

Per i prezzi dei biglietti: 250 dollari un posto in piccionaia, 4000 in prima fila, il doppio se presi dai bagarini. E per la tendenza della lega a gestire queste cose con criteri clientelari. I biglietti nei circuiti di vendita non si trovano. David Stern ha abbozzato: "L'anno prossimo - ha abbozzato - organizzeremo il tutto in Europa, magari a Parigi." Oppure, aggiungiamo noi, direttamente a Shangay.

La partita
Il ritrovo delle stelle sul parquet dello Staples Center il venerdì mattina assomigliava al ritrovo della tipica gita domenicale alle sei del mattino. Le facce non mentivano: Allen Iverson non si era svegliato qualche minuto prima, per il solo fatto che forse non era nemmeno andato a dormire. La sua media punti all'All Star Game, 22,8 la più alta in assoluto, è uno scherzo di fronte alla media dei party in cui è stato avvistato nei suoi giorni nella città  degli angeli.

Non che gli altri non si siano dati da fare. Con due notabili eccezioni: Yao Ming, alla sua seconda occasione, ha dimostrato una comprensione dell'evento e delle logiche americane ancora limitata. Ha partecipato alla gara del venerdì con lo stesso atteggiamento con cui il monaco zen aiuta la donna ad attraversare il guado.

Nel dopo partita ha dichiarato: "Lebron James ha gradito la partita molto più di me". Ce n'eravamo accorti. In tipico stile cinese, ha dimostrato tutto il suo rispetto per Shaq: "E' ancora il numero 1". Queste sono state le uniche dichiarazioni "forti", in tre giorni di incontri con la stampa.

Seconda eccezione: Kevin Garnett. Che a dispetto di qualunque cosa faccia, porta con se una regalità , un carisma, che nasce dal suo sguardo intenso, che non ha eguali neppure nella Nba. E' stato visto introdurre, lui che ormai è un veterano, negli ambienti giusti Sam Cassel. Kevin si era pur sempre presentato come il Miglior Giocatore in carica. Titolo corroborato del titolo di miglior giocatore della Western Conference del mese di dicembre.

Domenica pomeriggio poi, la partita non ha tradito le attese. La cronaca non vale moltissimo, ma ce la togliamo subito: vittoria 136-132 per la Western Conference, strabordante in front line, come da qualche anno a questa parte. Il miglior giocatore è stato, nemmeno a dirlo, Shaquille O'Neal, eletto ad una stretta incollatura dal suo compagno di squadra ai Lakers, Bryant. Quest' ultimo ha sfoggiato un sorprendente ardore, condito dalla voglia di difendere tipica delle partite vere, dopo essere arrivato al campo con trenta minuti di ritardo.

Il finale è stato davvero combattuto e tirato: Tracy Mc Grady ha segnato cinque punti, marcato da Kevin Garnett, con due tiri ed un libero, partendo da posizione centrale. Gli hanno risposto Bryant con una tripla dopo aver rubato il pallone dalla rimessa, Shaquille con una schiacciata potentissima e Duncan che ha segnato il definitivo vantaggio con un tiro dal post basso, appoggiato al tabellone.

Perle della serata. In assoluto: il coast to coast di Shaq in palleggio, concluso in schiacciata dopo aver seminato a metà  campo T-Mac, una versione riveduta, dallo stesso Tracy, della remix, schiacciata con penetrazione da destra a sinistra e lancio ad effetto al tabellone, la solita capacità  fuori del normale di Kidd di servire assist. E i pick n roll del terzo, o quarto millennio, con Duncan nel ruolo del palleggiatore e Garnett in quello di bloccante. Per tornare al discorso dei mutanti. Unica nota stonata: i fischi dello Staples Center, proprio per Kobe, colpevole di un lay up, solo contro il canestro. Bryant giura di non averli nemmeno sentiti.

Can u dig it ?
Il più cinematografico è stato comunque Shaq: ovviamente. Nel corso della partita, dopo la solita schiacciata che fa scattare gli allarmi, ha preso una macchina fotografica, si è messo in posa e ha scattato, sotto lo sguardo preoccupato del proprietario. Più volte si è sbizzarrito nel trattamento di palla, attaccando in palleggio dalla punta.

Una volta ricevuto il premio di Mvp, direttamente dalle mani di Stern ha arringato la folla con la stessa espressione usata durante le parate per i titoli: "Can you dig it ?", ha urlato un paio di volte. La folla ha risposto, adorante, al giocatore che, più degli altri, può portare di nuovo LA al titolo.
Dopo la partita Shaq è stato più misurato: "E' sempre - ha detto - molto divertente ed un onore giocare queste partite, insieme a questi grandi giocatori che sono uno stimolo. Mc Grady ha provato a rovinarci la festa con un paio di grandi tiri. Ma noi abbiamo gestito bene il finale."

Shaq ha segnato 24 punti con 11 rimbalzi. Ha dimostrato di essere in salute e pronto per la seconda parte della stagione. I complimenti per lui si sono sprecati. Kobe: "E' un centro molto atipico per il suo modo di trattare il pallone con le sue mani grandi, palleggiare e tirare. E' un grande talento."

"Per un attimo - ha detto Rick Carslile – mi è sembrato di vedere Travis Best". "Non ho potuto far altro che spostarmi per non essere portato via", ha detto Kidd del coast to coast di Shaquille.

Lakers Drama
Che Shaq e Kobe, a casa loro, avrebbero preso il proscenio si è capito fin da subito. D'altronde il grande martedì è sempre più vicino: il prossimo autunno "grande martedì" sarà  sinonimo di elezioni presidenziali, per adesso ci accontentiamo del termine ultimo per portare a termine gli scambi.

Un argomento è stato trattato più degli altri: "The Lakers Drama". Protagonista principale Kobe Bryant. Guest Star: Shaquille O'Neal e Phil Jackson. Fin da venerdì si è capito quale sarebbe stata l'antifona quando, al tradizionale media - meeting, Kidd, Pierce e Davis, tra l'altro tutti californiani, hanno ricevuto le stesse attenzione rivolte solitamente a Devean George, Kareem Rush e Slava Medvedenko.

"Non ho cambiato idea - ha detto Bryant - ed alla fine di questa stagione uscirò dal mio contratto per vedere quali possibilità  mi si apriranno. Anche se in realtà  io voglio essere un Laker a vita". Prima contraddizione in termini: perché uscire da un contratto quando si è del tutto sicuri di voler rimanere?

Forse per rimanere alle proprie condizioni. Alla fine della stagione, scadranno, come si sa, i contratti di Shaq e coach Phil. In settimana i colloqui, ancora alla fase preliminare fra la franchigia e Master Zen, sono stati interrotti. In teoria, la base, dovrebbe essere il compenso annuo di 6 milioni di dollari, percepito dal coach negli ultimi cinque anni.

Ci si è subito chiesti se, il rapporto fra giocatore e allenatore non sia alla base della decisione di Bryant. Lo stesso giocatore ha detto: "Il mio rapporto con Phil ha subito alti e bassi. Non posso dire di amarlo come persona. Di certo non sarei quello che sono senza l'allenatore".

Difficile avere spiegazioni da Jackson: "Sono stato informato - ha detto - che i colloqui erano interrotti poco prima che i Lakers ne dessero l'annuncio ufficiale. Non mi scompongo e, tantomeno, mi spaventa l'eventuale prospettiva di dover ricominciare da un'altra parte. E' un aspetto molto interessante del gioco".

Altro giro, altro incastro: la posizione di Shaq. C'è chi parla di un O'Neal spazientito dal fatto che il contratto non sia stato ancora rinnovato. Fa eco chi racconta di una franchigia indecisa, su un giocatore, a 31 anni apparso in fase calante, che quest'anno ha già  saltato quindici partite. Il giocatore è stato chiaro: "Non mi interessa il problema". Almeno per ora.

Alzi la mano chi in questo teatrino, non trova simmetrie con le baruffe che, a Chicago, fecero discutere per anni. Krause contro Jordan che difendeva Jackson. Litigi fra i sostenitori del gruppo da cavalcare e propugnatori del ringiovanimento competitivo. L'unica variante sta nel fatto che all'epoca, la figlia di Krause, o Jerry Reinsdorf, non era la compagna del coach.

Lo stesso Kobe, che ha ancora il vantaggio di essere il preferito in assoluto di Jerry Buss, ha chiarito che di tutto questo si parlerà  a fine stagione. La condizione necessaria è che i Lakers finalmente in salute, possano competere, e possibilmente, vincere il titolo. Dopodiché si vedrà . Il sostituto naturale di Phil Jackson è libero, è appena stato esonerato da Rod Thorn.

Nel frattempo si rincorrono le voci più bizzare: l'amicizia "fraterna" fra Shaq e Tracy Mc Grady, visti spesso assieme nel week end, spaventa Orlando. A Chicago si parla di uno scambio a breve: Shaq in rossonero, per Eddie Curry, Tyson Chandler ed uno fra Antonio Davis e Jerome Williams. Prendetela per quello che è.

Altrove: i Denver Nuggets vogliono fortemente Kurt Thomas. Per lui sacrificherebbero Rodney White, che interessa anche ai Dallas Mavs. Quest'ultimi vorrebbero scaricare Antoine Walker.

Philadelphia sta pensando di cedere Aaron Mc Kie che potrebbe andare ad Orlando con Eric Snow per Gordan Giricheck e Jowan Howard. L'ex Michigan potrebbe esser dirottato ai T-Wolves per un play, in teoria Hudson. Del vulcanico Isaiah Thomas che ha preso Nazr Mohammed e Tim Thomas per Doleac e Van Horn, leggerete altrove sul sito.

Nessun uomo è un'isola
Non deve aver molto amato, Kareem Abdul Jabbar, il coinvolgimento nel finale di dubbio gusto dell'All Star Friday, sulla panchina dei rookie. Altrettanto, non sappiamo come si sia sentito alla notizia che, all'anticamera dello Staples Center sarebbe stata scoperta una statua in onore di Magic Johnson.

"Nessun uomo è un'isola, ma Kareem ci va vicino", è stato il commento che per anni si è legato al miglior marcatore di tutti i tempi nella Nba. Vedendolo aggirarsi, da solo, lontano dai riflettori e dagli onori che ci si aspetterebbe per una leggenda, questo concetto è parso ancora più vero.

"Magic - così lo ha onorato Jabbar - è stato molto di più di un giocatore, è stato un'icona di un periodo. Io ho semplicemente fatto il mio lavoro e me ne sono tornato a casa".

Ci sono personaggi che sono troppo ingombranti per essere relegati al margine del "grande impero". Eppure per il miglior marcatore della storia del gioco, sembra proprio non esserci posto nella "hip-hop" Nba.

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