Lakers nella bufera

Poche buone nuove per i Lakers, ma per Cook l'inizio della carriera nei pro è incoraggiante

Lakers 109 @ Seattle Sonics 111
Lakers 98 @ L.A. Clippers 101
Lakers 90 @ Minnesota T-wolves 106
Lakers 91 @ Denver Nuggets 113
Atlanta Hawks 67@ Lakers 113
Cavaliers 79@ Lakers 89

E' definitivamente tramontato in casa Lakers il tempo per le prove tecniche di crisi. E' arrivato invece il momento, davvero inatteso se guardiamo ad appena un mese fa, di parlare di crisi vera e propria per la squadra sulla carta stra-dominatrice della lega. Cosa è successo?

Quale maledizione si è abbattuta sul nuovo dream team per recuperare dagli armadi gli abiti dimessi e tornare a parlare di Lakers in affanno, come se ci si trovasse ancora di fronte alla versione fine-dinastia più volte analizzata nel corso del campionato 2002-2003?

Le cause non sono facili da trovare, molto probabilmente perché se così non fosse, un tecnico molto migliore del sottoscritto, quale il sempre immarcescibile Phil Jackson le avrebbe già  trovate e vi avrebbe posato rimedio, ma è sicuramente possibile fare delle ipotesi che possono avvicinarsi alla realtà .

La squadra angelina ha affrontato con scarsissimo risultato negli ultimi dieci giorni la prima trasferta prolungata del nuovo anno e lo ha fatto incontrando degli ostacoli davvero duri.

Primo fra tutti la perdita contemporanea e inaspettata dei due elementi dello spogliatoio che maggiormente stavano incidendo sull'incredibile rendimento della squadra nella prima parte di stagione.

Karl Malone tutt'ora in lista infortunati per il problema, il primo serio della carriera ultraventennale, al ginocchio, aveva marcato con la sua maturità  e il suo spirito concreto tutto il primo mese di attività  regolare dei Lakers.

Il suo infortunio, arrivato peraltro in un momento di rendimento discendente, è stato un brutto colpo per gli equilibri nascenti della franchigia californiana, il problema più grave è che a stretto giro di posta, un altro infortunio ha colpito l'altra torre di Los Angeles.

Shaquille O'Neal ha potuto giocare solo 14 minuti della gara contro i Sonics, poi anche lui ha salutato la compagnia e si parla di un suo rientro non prima di giovedì prossimo.

Possono bastare quindi due infortuni, seppure così importanti e sostanzialmente nella stessa parte del front court, per giustificare un dietro front così netto, nella resa della squadra che fino a poche partite fa deteneva il miglior record della lega e la miglior quotazione per la vittoria finale in tutti i tabelloni dei book makers di mezza unione? Certamente la risposta deve essere no.

In verità  c'è da dire che i Lakers hanno perso due campioni proprio nella parte del roster con meno alternative di livello, ma qualche segnale (e forse anche qualche cosa di più) lo si era già  visto prima dell'uscita nel derby di Pacific Division di Shaq.
E questo porta alla seconda causa della crisi che si diceva poche righe or sono.
L'armonia dello spogliatoio. La chimica.

Questo fattore, così importante per una buona resa di un gruppo, è inutile nasconderlo, non c'è e probabilmente, anche se i risultati lo mascheravano agli occhi di tutti gli osservatori, non c'era neppure prima.

Gary Payton in questi giorni ha fatto lavorare molto la lingua, spiegando senza mezzi termini di non apprezzare lo stato delle cose e di non avere firmato per ottenere questi magri risultati, ma questo è solo la punta dell'iceberg.

Prima di lui, Kobe Bryant aveva esternato tutto il suo malessere per l'andamento della stagione, oggi fortunatamente sappiamo che almeno per il suo processo si dovrà  aspettare che le bocce dei play-off NBA si fermino, prim'ancora Shaq aveva dimostrato di essere stanco del modo di difendere della baracca astenendosi da qualsivoglia raddoppio per almeno tre gare.
Se si sommano questi fattori è chiaro che non è difficile rimediare quattro sconfitte di fila.

Per la cronaca, da segnalare che queste sconfitte sono arrivate in modo assolutamente diverso. Da una parte abbiamo avuto la stupenda partita della Key Arena, la prima della serie nera.

In quel di Seattle, davanti ad un palazzetto tutto in piedi per applaudire il suo figliol prodigo, Lakers e Sonics hanno dato vita ad una gara vibrante e spettacolare, con un Bryant finalmente lontano dal travagliato atleta visto nelle uscite precedenti che ha rischiato di portare i suoi alla ventiduesima vittoria nonostante fosse rimasto il solo vero alfiere giallo viola.

Una festa rovinata solamente dalla classe del nuovo padrone di casa Ray Allen, che a tre secondi dalla fine ha impattato con un sottomano il risultato finale di 111 a 109.

D'accordo, una partita così si può perdere. Il problema è che da quel momento la china è stata tutta un cadere per i giallo viola.

Prima la sconfitta di misura contro i cugini Clippers, poi la debacle contro Minnesota, che in questo modo si è presa una bella rivincita morale per le ultime sfortunate partite contro L.A. e che ha ribadito lo scarso livello di intensità  della difesa dietro dei Lakers.
Infine il punto più basso della parabola, la disfatta di Denver.

Una disfatta prima di tutto psicologica, con tutto il pubblico del Colorado a urlare “Guilty, Guilty” all'indirizzo del numero 8 senza che i suoi compagni avessero la forza di reagire per supportare il proprio compagno, tanto che alla fine è stato proprio l'imputato l'unico ad uscire a testa alta dalla serata, con 27 punti all'attivo e nonostante uno spintone, prontamente ritirato con tanto di scuse, al giovane Carmelo Anthony.

Il meglio della settimana: il meglio della settimana è arrivato dopo la sconfitta contro i Nuggets. La debordante vittoria contro Atlanta contiene in se molti, troppi ma. E' una gara vinta, ma contro una squadra nota per fare da cavalier servente, specie in trasferta, ma in una sfida senza pathos, ma con un punteggio tale da essere troppo largo per essere vero, ma con addirittura 26 punti di Medvedenko.

Quello che si può certamente affermare è che si tratta di un primo mattone per ricostruire una fiducia e un ambiente, che sembrano un po' persi, ovviamente ad oggi. Nel frattempo però, da segnalare che Medvedenko si sta distinguendo per abnegazione e impegno e che finalmente buoni segnali futuri arrivano da Bryan Cook, che nel peggior momento dell'anno, entra in rotazione, gioca e piace anche molto per tecnica e filosofia in campo.

Il peggio della settimana: C'è da dirlo?.
In due settimane i Lakers hanno perso due titolari, il primo e il secondo miglior record della lega, vari punti di serenità  e tanto di quel vantaggio psicologico che avevano costruito nelle prime settimane di gioco.
Non male per una squadra costruita per dominare subito.

Il peggio però è arrivato dal pubblico di Denver. Va bene, poteva essere solo una mossa per deconcentrare l'avversario, ma da non poche parti è stato notato l'accanimento nel quale il ricco nero della California è stato buuato e “giustamente” punito dalla famiglia acquisita per miracolo dalla povera vittima bianca.

Ipocrisia a parte, sembra che questa voglia di dare giudizi dovrebbe limitarsi alle aule di tribunale, pro o contro che sia, e lasciare ai parquet solo la parte tecnica dello show.

E adesso?
Ora i Lakers dovranno lavorare sodo.
Forse con queste batoste, l'etichetta di squadra del destino potranno costruirsela sul campo invece che negli uffici del mercato e potranno ripartire con un po' di pressione in meno.

In settimana tornerà  Shaq, per il resto si attende. Archiviata la pratica Cleveland, si aspetta Denver in casa, sperando in una gara senza polemiche, poi un viaggio a Sacramento e le sfide interne contro Clippers e Phoenix.
Tutto è possibile da oggi in poi.

Alla prossima"

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