Mike Miller nella sua specialità , il tiro
Memphis, ovvero una franchigia da sempre abbinata all’espressione di loser e ad un record negativo.
Fino ad ora il coach Hubie Brown ha sempre scelto come titolari Jason Williams, Mike Miller, James Posey e Pau Gasol mentre nel ruolo di centro, cardine a qualunque latitudine si giochi e ancor più sulla costa del pacifico, si sono alternati, a testimonianza delle difficoltà che storicamente assillano i Grizzlies nel ruolo, Lorenzen Wright, Stromile Swift ed il nuovo acquisto Jake Tsakalidis.
7 vittorie e 8 sconfitte testimoniano, comunque, che la società prosegue in un costante, anche se lento, miglioramento. Oltretutto tra le W ci sono quelle con Houston, Dallas, Spurs (anche se privi per quasi tutta la partita di Tim Duncan) e Lakers mentre almeno un paio di sconfitte – Celtics, per lo sviluppo dell’incontro, sempre in equilibrio, e Jazz, per il lignaggio attuale di Utah – potevano essere evitate e rendere ancor più scintillante il record.
Ritengo non sia un caso che l’inversione di tendenza nei risultati avvenga proprio nell’anno in cui le radici canadesi della squadra sono state definitivamente cancellate. Infatti, dopo le cessioni nelle scorse stagioni di Bibby e Shareef Abdur-Rahim, i ritiri di Reeves e quest’anno Dickerson, con la retrocessione definitiva di Stromile Swift in panchina può dirsi completata l’opera del personaggio chiamato a dare sostanza e garantire rispetto alla franchigia dopo il suo trasferimento da Vancouver alla città di Elvis.
La squadra è stata ricostruita con acume, com’era prevedibile sin da quando a capo della franchigia e delle operazioni di mercato si è insediato Jerry West, ovvero mister logo Nba, da un paio d’anni impegnato a rinverdire i fasti di dirigente che aveva raggiunto con i Lakers.
Da quando ha preso il comando sono giunti, come free agent, nell’estate 2002 il play Earl Watson, elemento che offre un valido rendimento partendo dalla panchina, e quest’anno James Posey, un’addizione che porta in dote 10 punti e 5 rimbalzi di media oltre ad una naturale propensione alla difesa ed al gioco intenso.
Le trade siglate hanno, invece, riguardato Wesley Person (estate del 2002), Mike Miller (febbraio scorso), innesto che acquista maggior senso a fronte del ritiro di Michael Dickerson, già preventivabile a febbraio 2003 dopo lo stop all’inizio della stagione 2002/03, e Jake Tsakalidis e Bo Outlaw (mercato di quest’estate).
L’acquisizione di Wesley Person, solido tiratore da tre, è stata la prima operazione di mercato in cui Jerry West ha dimostrato le proprie capacità poiché è stata realizzata cedendo, udite udite, Nick Anderson e Mark Barnes.
L’acquisto di Miller, guardia/ala con molti punti nelle mani, ma poca propensione a difendere, ha si comportato il sacrificio di Drew Gooden, prima scelta del 2002, oltre a Giricek, ma garantisce a Memphis un opzione importante sul perimetro oltre ad aggiungere un buon prospetto come Humphrey nel reparto dei lunghi.
Detto per inciso, le scelte del 2002 hanno forse rappresentato il punto più basso della gestione West, dato che o sono state scambiate, producendo, quindi, comunque qualcosa di positivo, oppure hanno finito per concludersi con un taglio (Chris Owens).
Va evidenziato, peraltro, che Gooden, pur essendo un buon giocatore, non poteva essere utilizzato nel ruolo di ala piccola, in quanto non in possesso di un buon tiro dalla media distanza, ed avrebbe finito, pertanto, per contendere minuti e posto al player franchigia Pau Gasol.
Lo scambio con Phoenix di Archibald, l’altra scelta 2002, Tribansky e Knight per Tsakalidis ed Outlaw ha garantito a Memphis chili, ingombro e cattiveria sotto canestro, assolutamente indispensabili visto ciò che c’era nel rosters, in cambio di un piccolo, che poteva essere considerato il terzo play maker della squadra, e due giocatori francamente non da Nba.
Ma è innegabile che l’opera di Jerry West si rintraccia anche nel progressivo avanzamento verso la maturità cestistica di Jason Williams e Pau Gasol che passa, per il play titolare, attraverso il minor utilizzo del tiro da tre ed alla riduzione delle palle perse senza che ciò diminuisca la positiva follia del suo gioco, e, per il catalano, ad una presenza sotto i tabelloni ed in genere nell’area pitturata più incisiva anche se prodotta con un minutaggio inferiore rispetto alle prime due stagioni da professionista.
La presenza di Shane Battier, buono ma purtroppo non così tanto come si pensava dopo la carriera universitaria, conferisce alla panchina una dimensione qualitativa elevata, potendo contare anche su Person, Watson, Wright, Humphrey, Swift, Outlaw ed i rookie Smith, Bell e Jones, quasi tutti giocatori scelti da West.
Questa squadra garantirà , quindi, un record finale migliore rispetto a quello conseguito lo scorso campionato, ma credo, purtroppo, non sufficiente per disputare già in questa stagione i play off, anche se si avvicina sempre più il momento in cui sarà più facile assistere ad una partita di play off alla Piramide che ad un recital di Elvis nell’arena cittadina.
Analizzando la Western Conference è, infatti, quasi scontato presumere che Lakers, San Antonio, Dallas, Sacramento, Minnesota e Portland riconfermino il loro posto ai nastri di partenza della post season a meno che non si verifichino eventi ora pronosticabili, ma non del tutto realistici, penso ad esempio a Kobe Bryant arrestato (0,1% di possibilità ), all’acquisto di Boykins a Dallas per farlo giocare centro (qualche possibilità in più), ad un diverbio tra due giocatori presi a caso nello spogliatoio dei Blazers che finisca a revolverate invece che a cazzotti come fino ad ora è sempre stato…(previsione già più realistica).
Gli ultimi due posti, quelli guadagnati lo scorso anno da Phoenix e Utah, dovrebbero essere appannaggio nuovamente dei Suns, se i big three alzeranno il loro attuale rendimento e l’innesto di Jahidi White darà i frutti sperati, e ad una fra Houston – se Van Gundy insegna a Mobley la difesa e convince Francis a passare qualche volta in più la palla il posto per quest’anno è loro –, Seattle, che ha pescato Flip Murray senza saperlo, e Denver, una squadra che ha tutto per pensare a vincere un titolo nei prossimi anni.
Memphis potrà rientrare nel giro che conta solo nel caso in cui le ultime tre precitate squadre producano una stagione inferiore, e di molto, alle attese, cosa che per il momento mi sento di escludere.
La società dovrà fare, quindi, un ultimo sforzo per ambire con legittime aspettative ad un posto nella post season, magari attraverso una trade che riguardi Stromile Swift, giocatore a lungo cercato lo scorso anno dalle squadre dell’Est, dove potrebbe far valere le proprie doti fisiche, mai amato da Jerry West e non più indispensabile sotto i tabelloni, data la batteria di lunghi ora a disposizione, la cui cessione verrebbe facilmente assimilata dall’ambiente specie se l’atteggiamento di Stro in campo permarrà quello remissivo e silenzioso sino ad ora tenuto.