Chauncey Billups, 24 per lui ma anche un infortunio.
Philadelphia @ Detroit 87-98
Neanche un blackout all'impianto d'illuminazione è riuscito a fermare i Pistons.
In una sorta di remake cestistico a stelle e strisce del famoso episodio di Marsiglia di "gallianiana" memoria, a 7 minuti e 54 secondi dalla fine del primo quarto di gioco, il pubblico, i giocatori, gli arbitri e tutti i venditori di Coca Cola e hot-dogs, venivano risucchiati nell'oscurità , i primi costretti a rimanere negli spogliatoi per ben 19 minuti, nell'attesa di poter effettuare un nuovo riscaldamento e riprendere finalmente il gioco, con i padroni di casa già in vantaggio per 8-4.
Dopo aver rischiato di uscire per mano degli Orlando Magic, i Pistons hanno capito l'importanza di mantenere il vantaggio del fattore campo e questa volta, in gara 1 delle semifinali della Eastern Conference non si sono lasciati sorprendere e con un'ottima prova di squadra sono riusciti a sbattere la porta in faccia ai Sixers.
"Il vantaggio del fattore campo è molto importante ed in gara 1 dovremo giocare con molto cuore" - aveva detto Chauncey Billups, autore poi di 24 punti (13 all'intervallo). Dunque, consci della propria forza, ma anche rispettosi delle qualità dell'avversario: "Philadelphia è un team esplosivo. Ecco perché sono così forti. Sarà una serie davvero eccitante" - ancora Billups interrogato alla vigilia circa la reale consistenza di Iverson e compagni.
A proposito del numero 1 in maglia bianca, bisogna segnalare l'infortunio occorsogli nel quarto periodo, a 10.04 dal termine delle ostilità ; dopo un "jumper" andato a segno cadeva infatti in malo modo, infortunandosi alla spalla sinistra.
Attualmente la sua presenza per gara 2 è in dubbio, ma ne sapremo sicuramente di più domani.
All'interno di un Palace gremito in ogni ordine di posti, si metteva infine in luce il rookie Mehmet Okur, con una performance immacolata, condita da 16 punti, con un eccellente 7-7.
"Siamo un grande team e abbiamo molte frecce al nostro arco" - il commento di un Okur su di giri.
"Dire che ha giocato bene e limitativo. E' stato reattivo su entrambi i lati del campo, concentrato sotto i tabelloni e anche autore di una stoppata decisiva, in un momento in cui l'avversario era 'on fire'. Una prova energica la sua" - i complimenti di coach Carlisle nel dopo gara.
I soliti noti invece, e mi riferisco a Hamilton e Ben Wallace svolgevano a dovere il loro compitino, il primo chiudendo l'incontro con 25 punti, il secondo sigillando la vittoria grazie a 12 rimbalzi, 4 stoppate e ad una presenza ingombrante per gli avversari.
Sul fronte Sixers, da segnalare l'opaca prova di The Answer, 27 a referto ma anche 8 su 21; Keith Van Horn, limitato a causa di un problema di falli, si fermava a 7+6, troppo poco per sperare di poter uscire con una vittoria dalla bolgia di Auburn Hills.
"Più del fatto di rimanere in campo per 16 minuti, mi ha pesato lo stare in panchina per 45'. A volte poi è difficile rientrare quando la gara è già nel vivo".
Larry Brown dovrà cercare inoltre in ogni modo di limitare il numero di palle perse dai suoi giocatori, un fattore chiave, in senso negativo, durante la gara di martedì.
Un esempio rende bene l'idea: con 3 minuti da giocare nel secondo periodo, Philadelphia aveva la "mano calda" e l'alta percentuale al tiro stava lì a dimostrarlo (60%), ma era costretta ugualmente ad inseguire (43-38). Il motivo? Tredici "turnovers" che Detroit era riuscita a convertire in 14 comodi punti.
Quando si parla della Città dell'Amore Fraterno non si può pero prescindere da Mr. Allen Iverson, dal quale dipendono quasi interamente i destini del team che fu del Dottore (sì, Julius Erwing).
Torno così a ribadire un concetto già espresso in sede di preview: se Jewel non tira con buone percentuali, i vari Van Horn, Snow, Coleman e McKie sono costretti agli straordinari ed in tal modo l'avversario si ritrova in una posizione privilegiata, con un compito da svolgere molto facilitato.
Il diretto interessato si è limitato a dichiarare che "i nostri ragazzi hanno la testa sulle spalle. Non lasceremo che una singola partita ci fermi. Il nostro obiettivo era (ed è tuttora) quello di vincere almeno una delle due gare qui nella Motown. Abbiamo provato a farlo nella prima ma non ci siamo riusciti". Di poche parole l'ex Georgetown, sintesi chiara dell'A.I. pensiero.
Dunque "O Iverson o si muore" potrebbe essere questo lo slogan per i prossimi impegni, a cominciare dal secondo scontro in programma giovedì in quel di Detroit (cosa accadrà stavolta alle luci del Palace?).
I Pistons per andare sul 2-0, i 76ers per non tornare in Pennsylvania a mani vuote!.
Stay tuned!