Momento luci e ombre per Shaq O'Neal…
E' cominciata con qualche mugugno e finita con due discrete batoste l'ultima infornata di partite dei Lakers. La storia di quest'ultimo periodo ha avuto in quel di L.A. un solo protagonista assoluto, Shaquille O'Neal.
Il mese di febbraio era stato il regno incontrastato del numero 8 dei Lakers. Un mese di record e di allori, ma in marzo la palla è tornata all'altro capitano dei giallo viola che non sta però ripetendo i fasti del suo giovane compagno.
Andiamo con ordine. La prima sfida del gruppone ha visto i Lakers recarsi nella città di smeraldo per rendere la visita fatta pochi giorni prima dalla banda ora capitanata da Allen. E proprio in questa occasione Ray ha mostrato di avere già preso in mano lo scettro una volta di sola competenza di Gary Payton.
In una squadra schierata senza lo straccio di un play, Allen ha fatto il bello e il cattivo tempo chiudendo con una tripla doppia e portando i suoi alla vittoria per 107 a 90. In casa Lakers a parte la generale sensazione di scarsa attitudine, Kobe si è salvato con 34 punti e 9 assist, ma nello spogliatoio e nel dopo gara qualche muso lungo si è palesato. Oggetto del contendere lo scarso servizio fornito dalla squadra ad O'Neal.
Horry come sempre è stato eloquente e schietto: “Quando si ha un giocatore come Shaq bisogna servirlo adeguatamente”.
Parole che sono suonate un richiamo netto al reparto guardie dei Lakers, forse un po' troppo abbagliato dal recentissimo passato e temporaneamente immemore dell'importanza e del contributo di Shaq nelle vittorie e nella rimonta verso i play-off della banda angelina.
Il messaggio è risuonato piuttosto netto e nelle partite seguenti la squadra ha agito di conseguenza. Le ultime tre partite in casa prima di un filotto on the road, hanno visto i Lakers affrontare tre avversari di spessore ma in situazione e con ambienti completamente opposti.
Nonostante 28 punti siglati da un Jermaine O'Neal ancora offeso per la disavventura dell'All Star game, la crisi dei Pacers è continuata anche nella partita contro i Lakers. Il punteggio finale è stato di 97 a 95 per i californiani e la partita è vissuta su due fattori decisivi.
Primo, il timone della barca è stato immediatamente preso dall'O'Neal più pesante, che si è trovato bene con una versione dei Lakers pro-lunghi. Alla fine il suo punteggio di 26 punti e 11 rimbalzi è stato sufficiente per essere il miglior marcatore della squadra.
Secondo, con qualche settimana di anticipo, i Lakers hanno rivisto la versione di Horry chiamata “quello che vince le partite con tre tiri in tutta la serata”. Come spesso gli è accaduto in passato, l'ala cinque volte campione NBA ha risolto la tenzone con un tiro dei suoi, lasciando gli avversari a chiedersi perché uno come lui si ritrovi sempre in queste situazioni senza uno straccio di marcatura.
Dopo i Pacers, lo Staples Center ha ospitato due formazioni in condizioni di forma leggermente più toniche. I Minnesota Timberwolves e i Philadelphia 76ers sono arrivati alle rispettive gare contro i Lakers con un Kevin Garnett in piena zona MVP e con una serie di vittorie conquistate all'ombra della campana della libertà più che lusinghiere.
A spegnere però gli entusiasmi ci hanno pensato ancora una volta i gemelli della combo. Kobe Bryant avrebbe potuto fare da spettatore a questa vicenda, invece si è impegnato e tanto per non smentirsi nel ruolo di unico e solo uomo a riuscire a portare il peso del titolo di next MJ, si è preso il record di più giovane giocatore a raggiungere quota 10.000 punti nella NBA. Un esame di maturità ? Una prova di classe?
Probabilmente entrambe le cose, ma anche la fortuna di avere potuto crescere e nutrire i propri tremendi istinti da killer al riparo dalle pressioni della leadership.
Grazie a chi? E' facile dirlo, grazie all'altro partner del dinamico duo, grazie a Shaq, che oggi forse può essere definito “l'altro” nell'equazione Kobe-Shaq, ma che in queste due partite ha ribadito la propria grandezza mostrando per la prima volta nell'anno i muscoli e fissando due gemme da 40 punti e 14 rimbalzi contro i Minnesota e da 39 punti e 10 rimbalzi contro Phila. Certamente da notare che le due partite hanno vissuto di temi e climi diversi.
Nella prima sfida, è stato l'atteggiamento complessivo degli ospiti a condannarli al punteggio finale di 106 a 96.
Nella seconda invece, Shaq ha potuto fare il bello ed il cattivo tempo contro un reparto lunghi assolutamente inesistente. Il punteggio di 106 a 92 è stato quindi la conseguenza, anche e soprattutto dell'impossibilità di avere un uomo che anche solo limitasse lo strapotere di Shaq, mentre Iverson si batteva come sempre da leone solo contro il mondo.
Dopo questa serie, i Lakers si sono ritrovati al sesto posto utile nella corsa ai play-off e con una situazione davvero invidiabile per cominciare una lunga trasferta di 6 gare.
Chi conosce L.A. avrà già capito come siano andate le due gare seguenti. Contro i Bulls e i Pistons, avversari strapazzati negli ultimi confronti, i Lakers sono passati alla versione novembrina rimediando due matematiche e meritate batoste.
Contro i Bulls, la chiave della sconfitta per 116 a 99 è stato sicuramente il lavoro di Curry e Chandler su O'Neal. Quello che i lunghi dei 76ers non avevano potuto fare, l'hanno messo in pratica i due giovani di Chicago che per una sera hanno risposto presente alla chiamata dello United Center. Lo score marcato dal numero 34 si è quindi dovuto limitare ad un 13 punti, minimo d'annata e 10 rimbalzi e a salvare la baracca non sono bastati i 36 punti di Kobe e i 23 di Fox.
Ancora più brutta la seconda sconfitta di fila, quella rimediata a Detroit.
Sono stati davvero tanti i motivi di preoccupazione che ha suscitato infatti la sconfitta per 111 a 88.
Primo, la generale inconsistenza della squadra. A Detroit si è visto un gioco prevedibile e lento, poca rotazione, quindi percentuali non all'altezza e una sensazione di rilassamento pericolosa.
Secondo, la tendenza dei Lakers a continuare l'annosa disputa contro le guardie dotate di velocità . In questo caso a far soffrire i piccoli di casa Lakers è stato un Billups da 33 punti e 6 assist. Una prestazione che ha fatto infuriare coach Phil ma che non deve far dimenticare anche la bella serata di Mehmet Okur, turco di razza che ha chiuso la bara degli angelini con 22 punti, 8 su 10 da campo, 2 su 3 nelle triple e 4 su 4 nei tiri liberi.
Il meglio della settimana: Fino al riscaldamento da effettuarsi allo United Center le note liete per i Lakers abbondavano. Shaq ha giocato una delle migliori settimane di pallacanestro da parecchio tempo a questa parte, Mark Madsen ha preso, con finalmente buoni risultati, il posto di Walker nella rotazione attuale di Jackson e le azioni dei comprimari sembravano essere in ascesa. Dopo due sconfitte tutto sembra ridimensionato, ma in fondo pensare positivo è d'obbligo. A questo punto i Lakers sono in una fascia molto più soft per la lotta ai play-off e tutto sommato non sembrano esserci abbastanza prove da giustificare la parola crisi.
Il peggio della settimana: Se pensare positivo con il sesto posto utile per la post season è un bene, bisogna però anche dare ascolto ai campanelli d'allarme. Nelle due sconfitte rimediate in trasferta i Lakers hanno mostrato limiti di rotazione e ricambio che sembravano dimenticati. La forma delle sue stelle ha spesso tolto le castagne dal fuoco nella grande rimonta 2003 ma alcune volte si può toppare la prestazione e se questo accadesse in una fida importante non avere armi di ricambio è grave. Da ricordare che la caratteristica dei Lakers campioni è sempre stata quella di non badare alla differenza di parquet sul quale si giocava. Se la musica cambiasse, basterebbe aggrapparsi allo Staples per mantenersi in vetta?
E adesso?
La missione dei Lakers nelle prossime sfide è quanto mai difficile. La trasferta che è partita così male prevede tappe a Minneapolis e Milwaukee, dove gli avversari daranno il 120% per poter portarsi via lo scalpo dei campioni e proseguirà con il ritorno in California per il derby da non perdere contro i Clippers in crisi e con la nuova pagina della sfida contro i Kings. Se sarà gloria o carbone è solo il campo che potrà dirlo. A questo punto ogni giornata sarà da guardare con un occhio ai fatti propri ed un altro a quello dei dirimpettai.
Alla prossima.