Kobe è entrato in trance agonistica nel quarto periodo…
Venerdì scorso il calendario della western conference metteva in cartellone la sfida Mavericks Lakers, la prima dell'anno allo Staples Center. L'occasione ideale per dare una controllata al termometro alla situazione degli equilibri della suddetta conferenza.
Ammettiamolo. Fino ad ora quello che era accaduto poteva tranquillamente essere preso un po' sotto gamba. La partita di venerdì riguardava già un altro capitolo della stagione. Affari seri. Affari che richiamavano strettamente le future strategie in vista dei play-off.
E come è andata a finire? E' andata, per coloro che non lo sapessero, che si sono vissute almeno tre partite diverse in quel di Los Angeles.
Nella prima, due ottime squadre si sono più o meno studiate.
Nella seconda, Dallas ha trasportato indietro la lancetta dell'orologio. Ha riportato la pallacanestro NBA agli anni '70, aggiungendo alla ricetta solamente uno spruzzo di zona (per chi ha seguito la partita su tele+, è inutile dire che la storia delle 9 zone è la più grande frescaccia dai tempi della campagna elettorale di Nixon).
Si dicevano gli anni '70. Si, perché la squadra di Don Nelson è arrivata ad un vantaggio di 66 a 36 in casa Lakers, mostrando sprazzi di una pallacanestro realmente offensiva che l'era Bad Boys di Detroit sembrava avere spazzato via definitivamente.
Il problema è che nella terza partita, i Lakers hanno deciso di segnare 44 punti in un quarto, impattare per il 105 a 103 finale e soprattutto rinverdire alcuni incubi (per la concorrenza NBA) che sembravano essere stati messi in un cassetto.
Stabilito che Phil Jackson nel pre-partita non ha ricevuto una telefonata da David Stern che gli domandava di organizzare un mega spot promozionale della lega, innegabilmente bisogna dire che questa splendida gara ha lasciato dietro di sé una scia di interesse e di temi da approfondire.
Per dovere di ospitalità è giusto partire da Dallas. L'attacco di Dallas in questo momento è il migliore della NBA. Non il più equilibrato, non il più continuo. Il migliore. Nessuno in questa lega ad oggi può vantare la potenza di fuoco dei Mavericks.
Non si tratta di percentuali. Si tratta di numero di possessi, di tratta di intensità nel creare tiri e nello strangolare gli avversari riducendo al minimo i tempi di reazione della difesa. Quante volte nei primi 3 quarti i Lakers si costruivano un buon tiro, lo sbagliavano ed in meno di 6 secondi avevano già dovuto rientrare a subire bombe in faccia?
Grazie agli scambi dello scorso anno e ad una programmazione basata sul medio periodo, i Dallas stanno sfruttando meglio di tutti i cambi di regole. Stanno giocando la pallacanestro migliore per il loro roster. Ovvero ammettere candidamente che di centri per limitare O'Neal non ce ne sono e allora è meglio averne centri finti che però ti sparano in ogni momento della gara bombe in faccia.
A proposito di bombe. E' ammissibile che lo schema 5 dietro alla linea da tre sia rischiosetto. Ma finchè i tiri entrano. Nulla da dire.
La difesa. Altro discorso. La difesa di Dallas, non è miglioratissima rispetto allo scorso anno. Ma con il basket che praticano i Nelson e i loro accoliti, la difesa è facilitata, dovendo lavorare contro attacchi che sono messi sotto la tremenda pressione di dovere sempre girare a mille. E non è poco. La partita però lascia spazio all'ovvia obiezione. Poi però si prendono 44 punti in un quarto. Certo. Ma bisogna rendersi conto di una cosa.
Quella di venerdì è stata una partita anomala. Da tifoso Lakers bisogna ammettere che è stata più persa da Dallas che vinta da L.A. Dallas si è lasciata portare nelle secche di una situazione (leggi rilassamento) nella quale non si riflette per nulla.
Paradossalmente ad oggi, è molto più facile per i Mavericks vincere una partita del genere di 40 punti piuttosto che di 10. Per quanto riguarda le individualità poi, il parquet dello Staples ha dimostrato chiaramente quanto Steve Nash rappresenti oggi il miglior play della NBA.
Nash fa con naturalezza quello che a bestioni di 2.10 non riesce fare: guida la squadra, fa il leader. Quello che si è visto in campo contro i Lakers era la versione con 2 marce più alte dello Stockton di gara 3 e 4 contro Chicago delle finali 1998. Gradissimo.
Altrettanto grande Nowitsky. Anche se in difesa può e deve fare meglio, il tedesco è ad oggi l'ago della bilancia di Dallas, necessario però che non accetti il ritmo blando imposto nei minuti decisivi della gara. F
ra i meno convincenti penso che Shawn Bradley debba essere salvato dalla lapidazione, non l'ha persa sicuramente lui la partita, mentre più indiziati sono stati Michael Finley, che ha sofferto terribilmente in difesa quando dovrebbe esserne lo specialista e Nick Van Exel.
Ok ha preso tiri impossibili e li ha messi, ma in tanti anni di carriera questa operazione l'ha portata a termine solamente fino a marzo. Sono curioso di sapere se lo saprà finalmente fare anche quando conta.
Sulla sponda Lakers l'analisi risulta facilitata. Perché il bello e il brutto dei giallo viola sono sotto gli occhi di tutti. I Lakers sono dei campioni secondo la definizione che dice che i campioni fanno le cose più difficili nei momenti difficili facendole sembrare facili.
La squadra ha giocato male a basket, nel senso che non la buttava dentro, per quasi oltre 35 minuti. Nonostante questo si è ricompattata solo per dimostrare agli avversari che erano ancora loro i più forti. Il roster dei Lakers ha delle lacune palesi e potrebbe essere che nelle prossime gare, mancando gli stimoli di venerdì sera, il gioco torni quello anonimo visto nelle scorse settimane. Ma è un falso problema.
Perché ai Lakers potrebbe non interessare il record nella regular season. Basterà entrare nei play off. Quando i campioni del mondo giocano in quel modo (4° quarto), non è importante il fattore campo e allora lo immaginate il sorriso di Jackson mentre pensa di poter vincere il quarto titolo partendo da una posizione bassa del ranking play-off?
Parliamo dei singoli.
Incredibile ma vero, venerdì Kobe nei momenti decisivi della gara, almeno prima di entrare in trance, ha cominciato a coinvolgere i compagni a farli entrare in ritmo. E questo è un grande segno.
Shaq è ancora ingiudicabile. Appare nervoso, un po' troppo a dire il vero, ma forse la cosa è legata al suo stato fisico.
Horry è grande. Bastano i 40 secondi di fine primo quarto per farlo odiare o amare in maniera viscerale. 4 palle recuperate o sporcate in un amen. Un parziale che psicologicamente ti ammazza anche il più motivato degli avversari ed il bello è che Horry è capacissimo di portarlo a casa in un momento qualsiasi della stagione.
Le note negative (e sono tante) devono passare dai Fox, dagli Walker, ma soprattutto dai Fisher. I Lakers giocano da anni senza un play titolare, ma hanno sempre sopperito con il talento. Basterà anche quest'anno, nel quale il numero 2 appare davvero così sfiduciato?
Una partita quindi che lascia ancora aperte molte porte. Detto che al calar del polverone potrebbe essersi trattato solamente di un episodio, l'idea è che adesso Dallas sappia di aver trovato le armi giuste per scardinare i Lakers, il problema è vedere se riuscirà a conservarle per aprile, quando il gioco sarà (è verissimo) un altro oppure se farà come Milwaukee di 2 stagioni orsono. Grande gioco, ma Phila in finale.
Per i Lakers al contrario questa sarà una iniezione di fiducia. Dovranno però ricordarsi che Dallas non perderà un'altra partita come questa e che adeguamenti difensivi urgono profondamente.
A conti fatti chi ci guadagna di più da questo risultato sono i rivali. Ora San Antonio, Sacramento, Houston e quant'altri sanno che Dallas ha dei punti deboli. Ora sanno che i Lakers hanno mostrato il logorio di un regno durato 3 anni.
Se i primi non troveranno il modo di evitare cali di tensione in attacco, potranno essere battuti sfruttando le pecche difensive. E non è detto che per i Lakers possano arrivare sempre quarti da 44 punti. O fischi di 5° fallo per i centri avversari. Domani c'è un altro turno di gioco. Altro giro altra corsa.