Al Miller: il padre dell'indoor soccer moderno
Eccoci di ritorno con la storia dell'indoor soccer, una lunga carrellata di fatti, date, risultati e nomi che sfocerà presto nella presentazione della Major Indoor Soccer League attuale. Ci eravamo lasciati la volta scorsa alla fine degli anni '60, quando la NASL era appena nata e tentava di far esplodere negli USA il gioco del calcio, invero non popolare a quelle latitudini.
Fu proprio all'inizio degli anni '70 che la NASL iniziò a pensare all'idea di confrontarsi anche con l'indoor soccer. Nel 1971, per esempio, i Dallas Tornado - guidati dal coach Ron Newman, un personaggio che ritroveremo spesso nei prossimi appuntamenti - vinsero il 1° torneo indoor mai organizzato dalla Lega; ma si trattò di un torneo molto approssimativo, con sole 4 squadre, organizzato più che altro a scopo dimostrativo. Infatti il torneo non ebbe alcun impatto sulla NASL o sulle fortune dei Tornado (anche se quell'anno vinsero il titolo outdoor), ma è il 1° di molti titoli indoor vinti da squadre allenate da Newman.
Fondamentalmente la nascita del gioco come lo conosciamo oggi in USA può essere fatta risalire al febbraio del 1974, quando la NASL giocò 2 partite di esibizione contro l'Armata Rossa, il club moscovita in tour in Nord America. La 1ª partita, giocata il 7 febbraio al Maple Leaf Gardens di Toronto, vide i sovietici asfaltare un'accozzaglia denominata "NASL All-Star" per 8-4. Tuttavia fu la 2ª partita che venne ufficialmente riconosciuta come il "big bang" dell'indoor soccer professionistico degli USA.
Bisogna sapere che alla fine della stagione outdoor 1973, i Philadelphia Atoms, allenati da Al Miller, vinsero il titolo al loro 1° anno di vita: erano infatti un expansion team. Ma la cosa realmente interessante e di grande importanza per la lega stessa era che gli Atoms riuscirono nell'impresa con una formazione composta prevalentemente da giocatori americani. In qualità di campione uscente, Philadelphia fu chiamata a giocare la 2ª partita contro l'Armata Rossa. I sovietici erano di gran lunga la miglior squadra che gli Atoms avessero mai affrontato, visto che schieravano giocatori di classe mondiale come il portiere Leonid Shmuts, il difensore Nikolay Kiselev, i centrocampisti Marian Plakhetko, Vladimir Fedotov e Vladimir Kaplichnyi, e la punta Vladimir Dudarenko. La partita sarebbe stata molto più di una semplice esibizione di un "nuovo" sport: sarebbe stato un test importantissimo per il calcio americano, dato che gli Atoms erano composti, come detto, prevalentemente da giocatori USA.
Miller, rendendosi conto di questo, non prese la partita come una semplice esibizione; raccolse al volo l'opportunità di testare la sua squadra contro i migliori in una competizione internazionale. "L'Armata Rossa è decisamente la miglior squadra che gli Atoms abbiano mai affrontato", disse Miller. "Se dovessimo riuscire a batterli, sarebbe un colpo tremendo… loro giocano un campionato di alto livello tutto l'anno, sono nelle prime posizioni del ranking mondiale, sono molto veloci ed estremamente tenaci". Miller fece svolgere ai suoi giocatori dei programmi di preparazione fisica impostati sulla resistenza, dichiarando: "Non voglio che nessuno degli Atoms crolli in campo solo perché non ha abbastanza fiato da stare dietro ai Russi".
Miller sapeva esattamente a cosa andava incontro, poiché aveva avuto la disavventura di essere il coach della selezione massacrata dall'Armata Rossa a Toronto. Ma i 2 cannonieri-principe e 3 quarti della difesa titolare degli Atoms in quel momento erano in Inghilterra, così Miller saggiamente "prese in prestito" 4 all-stars dalla selezione: Paul Child e Alex Papadakis (dalla defunta franchigia di Atlanta), Dick Hall (da Dallas) e Jorge Siega (da New York). Tra i rincalzi che completavano il roster di Philadelphia c'erano George O'Neill, Barry Barto, Bobby Smith, Bill Straub e l'uomo-copertina di Sports Illustrated Bob Rigby.
L'11 febbraio le 2 squadre scesero in campo allo Spectrum di Philadelphia, un'arena di hockey, la cui superficie di ghiaccio venne coperta per l'occasione con un tappeto di astroturf. La partita fu giocata su un campo delle dimensioni di una pista da hockey, con porte di 1,20 m per 4,80 m; si giocarono 3 periodi da 20 minuti, con sostituzioni libere, e in campo c'erano 6 giocatori per squadra (5 più un portiere). Il "fattore-curiosità " di vedere un "nuovo" sport, sommato alla presenza degli Atoms (una squadra con un buon seguito) opposti ad un team sovietico durante gli anni della Guerra Fredda, portò la bellezza di 11.790 tifosi all'arena.
Non rimasero scontenti: gli Atoms andarono presto in vantaggio, poi finirono sotto e quando mancavano 17 minuti da giocare il punteggio era fermo sul 3-3. A quel punto - il vero spartiacque della gara, secondo Miller - gli Atoms scomparvero e i russi fecero 3 gol in un amen, conquistando la vittoria per 6-3. I russi facevano impressione: "I loro movimenti senza palla sono la cosa da imitare", disse Miller dopo la partita. "Hanno messo costantemente pressione sui difensori, e ci hanno letteralmente demolito". Gli attaccanti degli Atoms Siega e Child fecero una buona partita, segnando i 3 gol di Philadelphia; ma il vero eroe della serata fu il portiere Rigby, che fece parlare di sé parando 33 dei 39 tiri dei russi in tutte le maniere. Il coach dei moscoviti Vladimir Agapov fece sinceri complimenti al giovane portiere, dicendo: "Difficile giudicare dopo una sola partita, ma dalla sua prestazione di stasera direi che potrebbe fare la sua figura su tutti i campi del mondo".
Nonostante la buona prestazione dei suoi, Miller fu contrariato dal risultato: "Penso che fosse importante per noi vincere", disse. "Ci avrebbe aiutato non soltanto in America ma anche nel resto del mondo. L'Unione Sovietica è uno dei migliori paesi al mondo in fatto di calcio". Ma la stampa e il pubblico giudicarono positivamente la serata, rendendo possibile quindi un futuro per l'indoor soccer.
Da un punto di vista puramente calcistico, questa partita dimostrò tante cose:
1 – il calcio era uno sport che gli americani potevano giocare bene: gli Atoms, che anche outdoor schieravano 6 yanks ai tempi in cui le altre squadre ne utilizzavano uno o al massimo due, quella notte erano quasi interamente composti da americani, visto che le loro stelle straniere giocavano in Inghilterra in quel momento. Nonostante questo la squadra giocò molto bene: anche Agapov riconobbe l'abilità dimostrata dagli americani, dicendo che "quando eravamo ancora sul 3-3, giocavano al nostro livello e con grande qualità ".
2 – si trattava di uno sport per certi versi ibrido, che incorporava elementi dell'hockey e, in misura minore, del basket; gli americani potevano così essere competitivi, poiché la loro esperienza in quegli sport compensava la mancanza di abilità nel calcio "tradizionale".
3 – inoltre, il fatto che per l'indoor soccer si usassero solo 6 giocatori permetteva alle squadre americane di superare l'atavica mancanza di "profondità " dei roster che affliggeva la maggior parte delle squadre outdoor che cercavano di costruire formazioni di soli giocatori USA (per esempio, i St. Louis Stars dei primi anni '70).
4 - un altro fattore importante è che i giocatori di indoor soccer americani non soffrivano il complesso di inferiorità se confrontati con gli omologhi stranieri; i russi giocavano seriamente, ma altri paesi prendevano il gioco sottogamba. Di conseguenza, non ci fu nulla di simile ai continui paragoni con stelle tipo Pelé che i giocatori americani outdoor dovevano sopportare.
5 – infine, l'indoor soccer, con le sue evidenti connessioni con hockey e basket, era uno sport che il tifoso medio americano poteva capire facilmente: punteggi alti e ritmo veloce, adatto per una serata di intrattenimento.
Fu proprio quest'ultima caratteristica che colpì l'attenzione di Ed Tepper, uno dei quasi 12.000 presenti quella sera. Tuttavia, era più interessato all'astroturf che al gioco in sé - all'epoca, era il proprietario dei Philadelphia Wings della National Lacrosse League, ed era andato alla partita soprattutto per ponderare l'adattabilità del turf artificiale sulla superficie ghiacciata (i Wings giocavano le loro partite sul parquet).
Ma invece del turf fu la risposta entusiasta del pubblico che catturò la sua attenzione: "In quel momento capii che l'indoor soccer era il gioco del futuro", ricordò tempo dopo. All'epoca, comunque, l'idea di Tepper di organizzare il gioco indoor in maniera professionistica rimase appunto un'idea.
Tepper avrebbe avuto un'importanza capitale nella creazione della MISL qualche anno dopo, ma questo è un argomento per la prossima puntata.
(2 - continua)