Un ritorno di successo

Dario Franchitti si prepera durante il Pole Day per la 500 Miglia di Indianapolis

Il titolo 2009 della Indycar Series deve essere ancora assegnato, e Dario Franchitti è coinvolto nella lotta per la vittoria del campionato, ma la sua stagione di ritorno, dopo la sfortunata esperienza in NASCAR, può essere comunque considerata positiva.

Il pilota scozzese ha infatti conquistato 4 vittorie e 4 pole position, e si trova a 5 punti dal leader della classifica, il compagno di squadra Scott Dixon, ad una gara dal termine della stagione.

La stagione di Franchitti in NASCAR nel 2008 non è stata certo un successo, con momenti davvero difficili come a Talladega, dove si ruppe una caviglia, e a Sonoma, dove fu protagonista di una imbarazzante mancata qualificazione.

I momenti positivi furono davvero pochi: una pole a Watkins Glen e qualche giro in testa a Bristol, entrambi nella Nationwide Series. Tutto questo ha rafforzato la sua determinazione e il suo desiderio di guidare vetture Indy, e così Ganassi, che lo aveva portato in NASCAR, lo ha traghettato nel suo team Indycar per formare una sorta di Dream Team con Dixon.

Durante questa stagione Franchitti ha ammesso come il suo breve passaggio in NASCAR dello scorso anno gli abbia fatto capire quanto amasse correre in Indycar.

“Alla fine del 2007, la ragione per cui sono andato via era perché ero alla ricerca di nuove motivazioni”, ha detto Franchitti. “Andando avanti, ho capito come in realtà  mi mancasse molto quello che mi piace fare di più, ovvero guidare nella Indycar Series. Così, quando ho avuto la possibilità  di tornare indietro con il team Ganassi, è stato davvero facile decidere. Dal primo giro che ho fatto durante i testi invernali sono tornato a divertirmi, che poi per me è la cosa più importante.”

Il pilota scozzese ha ammesso che ad un certo punto della scorsa stagione aveva persino pensato al ritiro: “Ad un certo punto ho pensato anche che fosse il caso di ritirarmi, a 35 anni. Ma io amo ancora guidare. Il fatto che posso essere ancora competitivo, che posso vincere le gare e lottare per il campionato, dipende tutto dal divertimento. Poi ci sono altre cose piacevoli, come essere tornati nel paddock e stare con le persone con cui sono cresciuto, non solo i piloti, ma anche i membri del team, ed essere di nuovo con i tifosi, e poi far parte della nuova serie unificata. Sono tutte cose che accrescono il mio piacere per essere tornato qui.”

Il picco della sua carriera Franchitti l'ha raggiunto nel 2007, quando vinse la Indy 500 e poi anche il campionato in un incredibile testa a testa con il suo team attuale compagno di squadra Dixon (risolto all'ultima curva dell'ultima gara). Adesso i due si trovano in battaglia per il campionato, insieme al pilota di Penske Ryan Briscoe.

“Nel 2004 sono stato in grado di aiutare Tony [Kanaan] fino al punto di sacrificare i miei risultati in gara”, ha detto Franchitti. “Nel 2005 abbiamo fatto tutti la stessa cosa per Dan [Wheldon]. Nel 2007, Danica [Patrick], Marco [Andretti] e soprattutto TK lo hanno fatto per me. Il problema quest'anno è che Scott e io siamo entrambi in lotta per il campionato, e anche se volessimo non possiamo sacrificare i nostri risultati in gara per aiutarci. Ognuno di noi vive la sua propria battaglia.”

Anche se non vuole ammetterlo, a 36 anni Franchitti è ormai una sorta di portabandiera della IndyCar Series, grazie ai suoi successi in pista e alla sua popolarità  anche al di fuori del mondo delle corse per il matrimonio con l'attrice Ashley Judd.

Ma fondamentalmente Franchitti rimane un ragazzo senza molte pretese, come quando sbarcò in America per correre nella serie CART nel 1997. Il fatto che ormai abbia 36 anni non sembra frenare la sua voglia di correre, e soprattutto non sembra frenare il suo talento e la sua abilità  nel vincere le corse.

Nell'automobilismo moderno, e specialmente per una categoria stressante come la Indycar, dopo i 30 anni comincia la parabola discendente per i piloti. Ma questo non sembra accadere per Franchitti.

“Dipende da un giorno all'altro, ma fondamentalmente io mi sento uguale a come mi sentivo quando avevo 30 anni, forse un po' più intelligente”, ha detto Franchitti. “Penso che ci sia sicuramente un calo prima o poi. Con l'andare avanti si migliora come pilota e si diventa più bravi, si diventa più intelligenti. Allo stesso tempo, con il passare tempo si perde qualcosa, si diventa meno reattivi. Io non credo di aver ancora raggiunto quel punto, e spero che arrivi il più tardi possibile.”

Comunque per il dopo Indycar, se vorrà  ancora correre, Franchitti sembra avere un buon futuro nella corse endurance, come dimostrano le sue numerose e positive incursioni nella GrandAm con il team di Ganassi e nella American Le Mans Series con il Patron Highcroft Racing.

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