Maxime Talbot, l'eroe che non ti aspetti…
Ci son volute diciassette stagioni, mille delusioni, ma la Stanley Cup è di nuovo dei Pittsburgh Penguins. Perchè il risultato equivale ad una favola? Ecco il riassunto di dodici movimentati mesi in Pennsylvania.
La serie
La Stanley Cup 2009 ripropone la finale dell'anno precedente.
Le prime due gare nella città di Hockeytown regalano altrettante vittorie ai Detroit Red Wings, un doppio 3 a 1 destinato a far pendere i pronostici tutti a favore di chi vuole il bis nella Stanley Cup. Rientrati in Pennsylvania i Penguins danno prova di orgoglio e cuore smisurati, questa volta è un 4 a 2 sia in gara 3 che nel quarto match, a riportare la serie in parità , con l'entusiasmo tutto dei giovani pinguini.
Entusiasmo che fa brutti scherzi, sfidata sul carisma e sul gioco Detroit si riprende i favori delle finali, lo fa nella maniera più sconvolgente, con un 5 a 0 che fa presagire che tutto si chiuda nella successiva battaglia della Mellon Arena.
Il ghiaccio di casa si rivela ancora inespugnabile, vince Pittsburgh 2 a 1, Fleury compie un miracolo su Cleary tutto solo e rimanda i festeggiamenti dei Red Wings, come invece successo nella passata gara 6.
12 giugno 2009, la Joe Louis Arena ribolle per la festa, bastano poche statistiche per condannare gli sfidanti guidati da Bylsma:
– 14 volte Stanley Cup decisa in gara 7, 12 vittorie per la squadra di casa
– 12 gare disputate a Detroit nei playoff 2009, 11 vittorie
Ultime 6 partite dei Penguins contro i campioni 21 gol subiti 6 segnati.
Aggiungendo l'ultimo sconfortante episodio in Hockeytown, ancor prima di pensare a vincere il comandamento è: primo non prenderle.
Sulla stretta di mano iniziale tra Lidstrom e Crosby con dialogo tra i due, a molti italiani tifosi di Pittsburgh può aver sfiorato il pensiero di una famosa risposta del Paron Nereo Rocco, cui nelle sfide importanti da sfavorito alla frase "Vinca il migliore!" esclamava - "Speriamo di no!"
Quello che da li a poco accadrà sul ghiaccio di Detroit verrà preso da esempio fra un paio d'anni. Pittsburgh, per colmare il deficit di classe nei confronti dei Red Wings, mette sul campo il cuore, motivazioni più forti e una decisa volontà di compiere un colpaccio da "Miracle on Ice" e a dispetto delle statistiche conquista la sua terza Stanley Cup.
Ai Red Wings non resta che uscire a testa bassa dalla propria arena, tra gli applausi per una stagione di altissimo livello, recriminando sull'astinenza da gol di Hossa e Datsyuk proprio nelle gare più calde e su una sfortuna, odiata partner dei campioni, sotto forma di traverse, pali e"Fleury.
La regular season
Pittsburgh prepara la stagione 2008-09 nel disastro totale. Una diaspora di free agent abbandona la città della Pennsylvania in cerca di trionfi altrove.
Out dolorosamente Hossa, seguito a breve distanza da Conklin (altro Red Wings), Hall, Ruutu, Laraque, Roberts e Ryan Malone, vengono rimpiazzati da Fedotenko, Satan e Cooke, il roster vice campione non sembra all'altezza dei playoff e i tifosi chiedono la testa del general manager Shero.
I risultati confermano le critiche, la rivincita su Detroit diventa pura utopia, con il treno dei playoff che vola ad una velocità elevata, e Pittsburgh che arranca.
Il primo scontro con Marian Hossa avviene l'undici novembre, gli uomini guidati da Therrien sbancano l'arena dei campioni grazie ad un gol in overtime di Fedotenko e una prestazione superlativa di Jordan Staal, autore di una tripletta.
Quella con i Red Wings è una minima soddisfazione, i Penguins non decollano, non trovano l'alchimia necessaria a far esplodere il potenziale di Crosby e Malkin, nonostante i punti che la coppia d'oro mette insieme. C'è tanta Detroit nel crocevia stagionale di Pittsburgh, l'8 febbraio alla Mellon Arena, i tifosi, che hanno sempre fatto registrare il tutto esaurito, chiedono una prova d'orgoglio ai loro giocatori.
Il risultato? 3 a 0 per i Red Wings, con Datsyuk e Hossa che ridicolizzano i vice campioni. Pochi giorni più tardi la dirigenza decide di dare uno scossone licenziando Michel Therrien, affidando il compito, ad interim, a Dan Bylsma.
Al nuovo coach vengono affidati i due acquisti di fine febbraio, Chris Kunitz da Anaheim in cambio di Ryan Whitney, e Bill Guerin, capitano degli Islanders, già fuori dai playoff.
Un'altra pedina fondamentale per il risveglio è il ritorno sul ghiaccio di Sergei Gonchar, Re del power play, pronto per le restanti 25 partite. Dall'undicesimo posto della Eastern conference, come il miglior ciclista scalatore, Pittsburgh inizia la rimonta nel mese di marzo, con 10 vittorie in 13 partite e altre 4 nelle ultime 6 sfide di aprile, con l'aggancio addirittura al quarto posto.
Playoff
L'insidia iniziale si chiama Philadelphia, nel derby della Pennsylvania è già guerra. Gara 1 è di marca Penguins, un 4 a 1 firmato dalla prima rete di una lunga cavalcata del capitano Sidney Crosby.
Il bis arriva nella seconda sfida, un 3 a 2 che porta avanti Pittsburgh 2 a 0. La tenacia del Wachovia Center consente ai Flyers di accorciare le distanze grazie ad un 6 a 3 della prima partita interna, ma a sorpresa quel ghiaccio viene espugnato il 21 aprile. Crosby, Kennedy e Talbot i marcatori del 3 a 1 che regala il match point alla Mellon Arena, ma anziché festeggiare ecco la prima delusione nella gara interna, persa nettamente 3 a 0.
Tre reti di svantaggio si ripresentano anche in gara 6, a metà del secondo periodo. La prima prova del cuore dei vice campioni si materializza in un parziale splendido, Pittsburgh recupera proprio quando sembra destinata alla disfatta, trenta secondi dopo il terzo boato della squadra di casa è Ruslan Fedotenko a superare Biron, imitato due minuti dopo da Mark Eaton.
Sulle ali dell'entusiasmo Pittsburgh si affida alle sue colonne, prima Crosby poi Sergei Gonchar depositano il sorpasso ai danni degli odiati cugini. Ancora il capitano sigla il 5 a 3 a porta vuota, condannando, come la scorsa stagione, i Flyers. Dalla guerra s'intravede una versione spettacolare di Max Talbot, autore di una rissa con Carcillo e bersaglio di fischi cui risponde con l'indice sulla bocca invitando al silenzio l'arena rivale.
All'orizzonte l'ostacolo successivo si chiama Alex Ovechkin, arma letale dei Washington Capitals, cannoniere della Nhl con 56 reti. La lega ha finalmente l'occasione di vedere lo scontro tra la super stella russa e il predestinato Crosby, due prime scelte del biennio 2004/2005.
La serie parte col fattore campo decisivo, due vittorie di misura firmate Fleischmann nel 3 a 2 e Ovechkin nel 4 a 3 di gara 2, agitano i sonni dei tifosi di Pittsburgh, ci vuole un missile all'overtime della terza partita di Kris Letang a riportare un po' di tranquillità . La seconda partita nella Mellon Arena premia ancora l'equipe di Bylsma.
Sono due le reti di vantaggio, grazie al 5 a 3 finale, con ringraziamento ancora verso Sid e l'autore del gol numero 5, Max Talbot. È ancora il temperamento dei giovani pinguini a sorprendere, lo sgambetto arriva nella quinta sfida, sfortunata Washington nell'essere tramortita da un passaggio al centro di Malkin deviato nella sua gabbia da Tom Poti, è il gol dell'overtime e non si ammettono repliche.
Quando la città della Pennsylvania prepara la festa è David Steckel a restituire il golden gol nei supplementari, mandando tutti a gara 7, da giocare al Verizon Center di Washington. Nella capitale tutti caricano Alex the Great Ovechkin e lo incoraggiano a spazzare via Crosby e il suo nemico-amico Malkin.
Non si sa se tanta attesa attiri brutti scherzi, Pittsburgh scende sul ghiaccio da sfavorita, e risponde con un perentorio 5 a 0 con lo show delle linee offensive guidate dal numero 87 e da Staal. Solo Ovechkin tiene alto l'orgoglio, ma avanzano i Penguins per 6 a 2, aggiungendo la seconda grande prova di cuore.
Arrivati alle finali di conference, di fronte alla porta di Fleury si presentano i sorprendenti Carolina Hurricanes, neo sorpresa della Nhl, avendo eliminato la testa di serie numero 1, i Boston Bruins.
A differenza delle battaglie con Flyers e Capitals, contro gli Hurricanes sono quattro vittorie spettacolari in altrettante partite, troppo netto il divario tra le franchigie, decisive le gare disputate alla Mellon arena, dopo un 3 a 2 di misura è il roboante 7 a 4 a dare il doppio vantaggio ai Pens, prima di due vittorie esemplari al Rbc Center per 6 a 2 e il definitivo 4 a 1 del 26 maggio che concede l'accesso per la finalissima, nella rivincita voluta e meritata contro i Red Wings.
Otto punti nella serie per un grande Evgeni Malkin, con tanto di tripletta in gara 2 condita da un assist, candidandosi apertamente al titolo di miglior cannoniere dei playoff. Il resto è storia!
I protagonisti
Maxime Talbot – L'Eroe di gara 7
Il sogno di ogni bambino che s'innamora della Nhl è vincere una Stanley Cup, deciderla con una doppietta contro i campioni in gara 7, va aldilà di qualsiasi momento magico.
Non sappiamo se Talbot avesse messo in programma La Doppietta, ma la scelta numero 234 del draft 2002 ha lasciato un segno indelebile nella storia della franchigia di Pittsburgh, lui che di gol non ne ha mai segnato abbastanza, facendo già intravedere playoff da protagonista quando nel derby con i Flyers aveva invitato i tifosi di Philadelphia al silenzio dopo i tanti fischi nella splendida rissa con Carcillo, ululati poi assopiti con l'eliminazione degli odiati cugini. Altri due gol avevano messo in guardia i campioni in gara 3 comportando la riapertura di una serie che, dieci giorni dopo, altri due miracolosi gol chiudevano in gloria.
Sidney Crosby – Il predestinato ha mantenuto la promessa
Dall'approdo di Crosby alla Nhl sono passati 4 anni, nel 2005, all'esordio, sono 102 punti a coronare una super annata in grado di convincere i più scettici dell'essere di fronte ad un grande campione, non la solita promessa etichettata come "The Next One, in grado di far esclamare alla dirigenza di avere un nuovo Salvatore della Patria. Quella Stanley Cup sfiorata l'anno scorso era l'obiettivo principale del 2009.
Nella stagione più difficile Crosby ha dovuto superare infortuni e sfide mediatiche contro Ovechkin prima e i Red Wings in seguito, uscendone non solo vincitore ma prendendosi anche il record di capitano più giovane a sollevare la Stanley Cup a soli 22 anni. In condizioni non ottimali nelle finali, è mancato sul tabellino marcatori, ma mentre alza al cielo la coppa più bella è la sua immagine che conclude la Nhl, che ripaga di ogni sfortuna passata.
Evgeni Malkin – Mister Conn Smythe
Cresciuto all'ombra della figura a tratti mistica che la Nhl riconosce a Crosby, Evgeni Malkin è esploso nella stagione appena conclusa. 113 punti di gran classe e vittoria dell'Art Ross Trophy quale suggello al talento russo di Pittsburgh.
Altre 35 perle servono a Geno genio Malkin ad apporre la sua firma anche sul Conn Smythe Trophy, miglior giocatore dei playoff, con tanto di Stanley Cup alzata al cielo da protagonista. Un killer dal carattere schivo e da un inglese non perfetto, ma ai suoi tifosi questo poco importa. Ai tempi del suo approdo nella Nhl Pittsburgh affronta un braccio di ferro con i Metallurg Magnitogorsk per anticipare l'esordio, intravedendo in lui il centro dominante del futuro, non si sono sbagliati.
Sergei Gonchar – La sicurezza
Sergei Gonchar sta ai Penguins come Nicklas Lidstrom sta ai Red Wings. Non a caso il periodo più nero della stagione 2009 è correlato all'assenza dell'esperto difensore russo. È stato il suo ritorno a contribuire allo sprint decisivo dei Pens, cambiando radicalmente la fase del power play con i suoi missili, meritando la sua prima Stanley Cup in carriera, dopo le esperienze a Washington e Boston. Compagno di squadra di Malkin in Russia è in Pennsylvania dal 2005, quando dopo il lock-out serviva sicurezza, e lui è più sicuro di Superman.
Marc Andre Fleury – Il Supremo
Per raccontare il portiere Fleury iniziamo dall'ultimo miracolo sul ghiaccio, quando il cronometro segna 1 secondo e nove decimi da giocare, con Nicklas Lidstrom al tiro. Il capitano dei Red Wings conclude a botta sicura, come nella vittoriosa sfida con Anaheim, ma questa volta si trova un muro guidato da tutti i tifosi Penguins e da un istinto kamikaze fin lì nascosto, il puck viene respinto.
Da quell'attimo interminabile esce il ragazzo Fleury, una prima scelta che in quel momento diventa campione, dimenticando tutti gli errori e le sviste che avevano attirato tante critiche, da chi ricordava più volentieri uno sbaglio anziché una gran parata. Chiedete a Dan Cleary, su quel muro ha infranto i sogni di gara 6, tutto grazie ad una parata, un gesto che, quel 12 giugno, con 1 secondo e 9 da giocare, ha fatto cambiare pianeta a Marc Andre Fleury.
Rob Scuderi – Lo scudo invalicabile
Quando Ryan Whitney fu pedina di scambio con Chris Kunitz tutti chiesero la testa del general manager Ray Shero, che agli insulti rispose "Abbiamo Scuderi e Orpik, la difesa è invalicabile" generando non poche ilarità .
Rob non fece caso ai media, e dopo gara 6 nessuno osa più criticarlo. Dove non arriva con le cariche si fa presente col corpo, e poco importa se il puck diventa un proiettile e fa male, non ragiona se davanti ad un tiro il suo portiere è battuto, sulla strada verso il gol è il suo numero 4 a far da scudo.
Chiedere per conferma a Lidstrom o alla linea offensiva dei Red Wings, ad uno in particolare, Marian Hossa, visto oggi come un porta sfortuna, che avrà l'incubo del grande Rob in versione Shining che bussa alla porta degli spogliatoi, la sfonda con la Stanley Cup, e grida "Complimenti per il trasferimento Marian"
Dan Bylsma – L'uomo del miracolo
Era il 15 febbraio, in Pennsylvania si ricostruivano i pezzi di un magico puzzle andato poco prima in frantumi. Non avendo grandi nomi da mettere sotto contratto per guidare i vice campioni si preferì una soluzione in famiglia. Fu promosso dalla squadra "primavera" dei Penguins, i Wilkes-Barre un allenatore con discreta carriera nella National Hockey League.
Nemico del gol visto che su 429 partite di reti ne ha fatto solo 19, Bylsma si rivela amante della tattica, del sacrificio, e della buona musica. Disco Dan ha avuto il merito di far ingranare il turbo ai suoi, 18 vittorie nelle sue 25 partite di regular season e la lode per la conduzione di playoff e della gara 7 in casa dei campioni che lo consacra 14esimo allenatore-rookie a vincere la coppa di Lord Stanley.
Dan, ti sei conquistato una statua nella storia dei Penguins, nel frattempo, la pista da ballo è tutta tua!
Mario Lemieux – Lacrime da leggenda
L'ultimo ad alzare la magica coppa è stato l'attuale proprietario dei Penguins, Mario Lemieux. Nei suoi anni d'oro fu capace di far innamorare, e innamorarsi, di Pittsburgh. Nessun dubbio quando la squadra in bancarotta fu salvata dalla sua leggenda, nessun dubbio nel ritornare sul ghiaccio dopo una malattia non più giovane e, merito più grande, nessun dubbio nel credere nei suoi Baby Penguins.
Ha subìto gli anni in cui Pittsburgh iniziava un campionato con l'unica missione di salvare la faccia, stagioni chiuse con zero titoli e altrettante soddisfazioni, vedendo cambiar maglia campioni del calibro di Jagr e Kovalev.
Predicando calma, insieme alla dirigenza creava le basi di questa Stanley Cup 2009, acquisendo la prima scelta 2003 Fleury, seguito da Malkin nel 2004, il 2005 con Crosby e il 2006 firmando Jordan Staal, altro eroe della post season. Ha fatto da fratello maggiore a un gruppo che gli ha fatto un regalo in una stagione complicata, aggiungendo l'onorificenza prestigiosa dell'Ordine Nazionale del Quebec, sua città d'esordio nel hockey.
Le lacrime di Sir Mario Lemieux in tribuna valgono più di mille parole, come il boato quando si riprende la sua meritata coppa per alzarla al cielo.
Pittsburgh – La città dei Campioni
Anno d'oro per la città capoluogo della contea di Allegheny, oltre ad avere la squadra più titolata della Nfl, gli Steelers, vincitori dell'ultimo Superbowl, ecco deporre in bacheca una insperata Stanley Cup nella maniera più bella e difficile, ancora una volta su un ghiaccio ostile, dopo le vittorie in trasferta con Minnesota e Chicago nel 91 e 92.
Dopo Ben Roethlisberger ora tocca a Sidney Crosby far festeggiare oltre 300.000 tifosi in città , con un messaggio chiaro: E' qui la festa, e ora festeggiamo. Complimenti!