Daniel Cleary salta di fronte a Marc-Andre Fleury. Per Detroit, gara 4 è un grande salto verso la Stanley Cup.
Per come è finita, la partita della Mellon Arena sarà ricordata per molto tempo dai tifosi dei Penguins e da quelli dei Red Wings. Ma c'è altro, oltre al risultato, da ricordare della notte di Pittsburgh.
Innanzitutto, un primo periodo giocato a viso aperto, con velocità e i cui due goal sono stati segnati da due campionissimi. Il Penalty killing di Detroit, che riesce ad uscire da una situazione 5-on-3 nel terzo periodo senza subire il goal del pareggio. La passione dei tifosi della Pennsilvania, che sostengono la loro squadra e che vedono allontanarsi la possibilità di vedere altre partite di finale.
Sul primo puck c'è Valtteri Filppula per Detroit, mentre Tomas Holmstrom si accomoda in tribuna. Il primo shift vede le prime linee scendere sul ghiaccio, e tra questi fantastici giocatori brilla la stella di Marian Hossa: lo slovacco firma, dopo un ottimo lavoro di Sideny Crosby all'altezza della blu, il goal dell'1 a 0. La partita è appena iniziata, ma i Penguins ed i loro tifosi sono già convinti di pareggiare il conto.
Pittsburgh sfrutta così nel migliore dei modi un intervento avventato di Dallas Drake dietro la gabbia di Fleury. Ma il PowerPlay dà ed il PowerPlay toglie, soprattutto se hai contro giocatori del calibro di Nicklas Lidstrom: quando mancano pochissimi istanti alla fine del successivo PowerPlay, stavolta a favore di Detroit, il capitano dei Red Wings, in equilibrio precario, scocca il fendente del pareggio. Proprio in quel momento tornava sul ghiaccio Pascal Dupuis, autore di un fallo simile a quello di Drake di qualche minuto prima.
Il resto del primo periodo scorre indiavolato, tra otto penalità ed una velocità pazzesca; è forse il miglior periodo della serie, anche se i 14 tiri di Detroit non impensieriscono più di tanto Marc-Andre Fleury. L'incrocio dei pali colto da Hossa poco dopo il primo goal sarà alla fine il rimpianto più grosso dei Penguins.
Dagli spogliatoi si esce più guardinghi: meno velocità , meno contatti, meno forechecking, meno tiri. Le squadre si rendono conto che è sempre una gara 4 di finale, e come tale ha un'importanza capitale. Forse è proprio qui che Pittsburgh perde la partita: non si dovrebbe mai tirare gli ultimi minuti in parità contro una squadra di esperienza come i Red Wings. Sterili critiche a parte, il secondo terzo scorre via molto meno divertente del primo, ma il palazzetto è pronto come mai a sostenere i suoi idoli per la terza frazione.
E' però Jiri Hudler, uno dei giocatori meno blasonati di Detroit ma già decisivo in questi PlayOff, ad iniziare forte il periodo: Brooks Orpik ha difficoltà a liberare il terzo difensivo, Darren Helm non si fa pregare e mette verso la gabbia un puck che finisce sul backhand di Hudler, che beffa Fleury sul primo palo.
L'altro fatto saliente dell'ultimo tempo è il clamoroso PowerPlay doppio a vantaggio di Pittsburgh. Kirk Maltby e Andreas Lilja vengono puniti a 34 secondi di distanza, donando 86 secondi di 5 contro 3 ai Penguins. Le situazioni che ne scaturiscono non sono però di dominio assoluto da parte della squadra di casa. Detroit cerca, con successo, di essere aggressiva sin da subito, evitando assedi di sorta. E' però impossibile non subire azioni da goal in una situazione del genere. Ci prova Evgeny Malkin, poi ci prova anche Hossa, stoppato da Osgood.
Ma la migliore occasione è per Crosby, da solo davanti alla porta avversaria spalancata. Il tiro non arriverà nemmeno, perchè da dietro, arriva Henrik Zetterberg, che lo anticipa: lo scontro tra due dei principali protagonisti di questa stagione di NHL si conclude con la deviazione decisiva dello svedese, che consegna gara 4 ai suoi.
La contesa si conclude sul 2 a 1, anche perchè non è facile riprendersi dalla delusione del PowerPlay descritto in precedenza per Pittsburgh. Si torna a Detroit, dove i Red Wings potranno laurearsi campioni per l'ennesima volta. I Pens, dal canto loro, non avranno nulla da perdere, e se potranno contare su un Hossa del genere hanno tutto il diritto di sperare di riportare la serie alla Mellon Arena.
Babcock ha già dichiarato che la gara della possibile vittoria è certamente la più difficile. Ha ragione, ma immaginare che la Stanley Cup non vada in Michigan è cosa più che ardita, anche ricordandosi delle prime due partite, vero e proprio show di quelli in maglia rossa.