Brian Gionta è in gran forma per i Devils
Dopo aver vinto Gara 1 con un Power Play formidabile e Gara 2 con un Penalty Killing straordinario, ai New Jersey Devils non restava che dimostrare di poter battere i New York Rangers anche senza l'ausilio delle situazioni speciali. Ebbene, Gara 3, contraddistinta da cinque sole penalità complessive (nessuna delle quali sfruttata), ha illustrato una volta di più la supremazia dei diavoli, che hanno poi chiuso la serie con il minimo dei rischi in Gara 4.
A nulla è servito il (prematuro) rientro di Jagr, se non a scaldare il Madison Square Garden negli istanti precedenti la terza partita della serie. Probabilmente lo scopo di Renney era proprio questo: utilizzare il recupero a sorpresa del fuoriclasse ceco per accendere il mitico stadio dei Rangers, nella speranza che l'entusiasmo sugli spalti elettrizzasse tutta la squadra.
Che Jagr non fosse nelle condizioni di giocare lo si era intravisto già durante il riscaldamento di Gara 3, durante il quale si era limitato a pattinare e a svolgere esercizi di allungamento muscolare, evitando di tirare. Durante la partita, poi, la conferma: il numero 68 gioca poco più di 17 minuti (23 minuti e 22 secondi al confronto in Gara 1) e scaglia un solo tiro dalle parti di Brodeur, contro una media stagionale di 4,5 tiri a partita.
Il problema è particolarmente evidente durante i Power Play, una situazione che di solito lo vede bombardare incessantemente il portiere avversario. In questa occasione, invece, si limita a far circolare il disco. La spalla non funziona.
In Gara 4 le notizie provenienti dall'infermeria non migliorano, anzi. Jagr si presenta di nuovo sul ghiaccio, ma una spallata neanche tanto energica di Lukowich dopo 53 secondi lo mette definitivamente fuori uso.
Uno Jagr a mezzo servizio dovrebbe implicare una prestazione con il cuore in mano del resto della squadra. I Rangers, invece, sembrano spenti, rassegnati alla lucida superiorità dell'avversario. Nylander e Straka sono invisibili, Sykora è addirittura imbarazzante nella sua imprecisione sotto porta, Lundqvist, al rientro dopo la pausa di riflessione di Gara 2, è insicuro.
Perfino giocatori come Strudwick, Ortmeyer e Hollweg, sempre pronti ad accendere la scintilla con energiche cariche alla balaustra, sono misteriosamente mansueti, forse timorosi di incappare in un'altra pioggia di penalità come in Gara 1.
In un quadro generale di questo genere i Devils vanno a nozze. In Gara 3, dopo il vantaggio iniziale di Langenbrunner, lasciano sfogare gli avversari per poi colpirli impietosamente alla prima occasione. In Gara 4, invece, non si fanno impressionare dalla rete di Ortmeyer realizzata a pochi secondi dalla sirena del ventesimo minuto (la prima volta nella serie che i Rangers si trovano in vantaggio) e ribaltano la situazione con l'ennesima spettacolare prestazione di Elias (5 reti e 6 assist in 4 partite).
Si conclude così una serie che, alla vigilia, sembrava candidata alla settima partita, con giocatori che lasciavano sul ghiaccio anche l'ultima goccia di sudore. I Rangers, però, reduci da un finale di stagione molto negativo, non sono riusciti a invertire la tendenza e, anzi, hanno pagato la loro indisciplina con una scoppola in entrata, ulteriormente amplificata dall'infortunio di Jagr, figlio anch'esso, ricordiamolo, della frustrazione.
Senza il loro uomo migliore e con gli altri pezzi da novanta nettamente al di sotto delle attese, quindi, la squadra di Renney non ha potuto fare altro che inchinarsi agli avversari.
I Devils, dal canto loro, una volta sentito l'odore del sangue non hanno mollato la presa. Veri e propri animali da Play Off, sono in grado di frustrare qualsiasi avversario con un sistema difensivo a prova di bomba (all'insegna dell'ottimo Brodeur, 4 reti subite in tutta la serie) e con un tris di attaccanti (Elias, Gionta, Gomez) in forma smagliante, ai quali di volta in volta si sono aggiunti i vari Langenbrunner e Madden che hanno cavato dal cilindro reti pesanti come macigni proprio quando la loro squadra sembrava con le spalle al muro e in procinto di capitolare.
In attesa dei loro avversari nelle semifinali di Conference (Carolina se elimina Montréal, altrimenti la vincente tra Buffalo e Philadelphia), i Devils vanno ora annoverati di diritto tra i favoriti per il trionfo finale. Il loro gioco non sarà fatto di combinazioni volanti e di arrembaggi di massa, ma quando le azioni offensive vengono portate a compimento neanche si trattasse di un freddo e infallibile calcolo effettuato al computer, non si può che restarne ammaliati.