I Saints si gasano in attesa del Super Bowl
Finalmente ci sono arrivati e certamente venderanno cala la pelle. I New Orleans Saints approdano alla finale NFL per la prima volta dal 1967, anno della loro fondazione, e affronteranno la partita agguerriti come non mai.
La storia della squadra della Louisiana non è certo costellata di successi: a lungo formazione "materasso" della NFC, la prima apparizione ai playoff arriva nel 1987 e per la prima vittoria dobbiamo aspettare il nuovo millennio. La prima volta che sono veramente competitivi per la vittoria finale coincide con l'evento più drammatico della storia della città : l'uragano Katrina distrugge tutto nell'agosto 2005, si arriva all'ipotesi di abbandono di New Orleans da parte della squadra, ma nel 2006 si riparte come se niente fosse giocando al Superdome ricostruito a tempo di record e con una determinazione mai vista prima. I Saints, grazie al nuovo head coach Sean Payton e al nuovo QB Drew Brees si fermano alla finale di conference sbattendo contro la super difesa dei Bears. Si capisce però che le potenzialità per fare l'ulteriore salto di qualità ci sono tutte.
Nonostante questo le due successive stagioni sono al di sotto delle aspettative, soprattutto per una difesa non all'altezza dell'elite NFL. Quest'anno finalmente la consacrazione: gli uomini di Payton giocano il più bel football della National Football Conference e probabilmente della lega per buona parte della stagione e concludono con il miglior record della NFC e della loro storia (13-3).
La stagione non è certo tutta rose e fiori. Per analizzarla possiamo dividerla in due prendendo come spartiacque la dodicesima settimana. Nonostante un paio di pericoli scampati (sotto 24-3 a Miami e 17-3 in casa contro Carolina), nelle prime undici gare i Saints sono praticamente perfetti. Un attacco prolifico come nessun altro non raggiunge i trenta punti in solo tre occasioni; Brees è un maestro nel distribuire palloni millimetrici a tutti i ricevitori a disposizione, compresi i tight end, i running back e i fullback; la linea blocca per le corse in maniera sopraffina, tanto è vero che chiunque riceva un buon numero di handoff tira su ottime statistiche, che sia Pierre Thomas, Mike Bell o Reggie Bush. La difesa, che era stato il punto debole delle scorse stagioni è finalmente efficace: non blocca sul nascere il gioco degli avversari annientandone gli attacchi, ma riesce a recuperare molti palloni con un super Darren Sharper (troppo presto dato per finito a Minnesota), coadiuvato alla grande da Tracy Porter e Johnatan Vilma. Oltre che efficaci, i Saints sono molto divertenti da vedere!
Giocano la loro miglio partita da imbattuti, nel momento della verità , contro i New England Patriots, letteralmente incapaci di limitare Marques Colston e Devery Henderson, mirabilmente serviti da Brees, e imbrigliati in attacco da Sharper e soci.
Quando tutti iniziano a pensare alla perfect season, si sentono i primi scricchiolii in casa Saints: la partita successiva contro i Redskins viene portata a casa in maniera alquanto rocambolesca grazie agli errori degli avversari, hanno rischiato grossissimo ad Atlanta e da lì in poi non hanno più vinto né certamente convinto sul piano del gioco.
L'involuzione soprattutto offensiva ha fatto temere il peggio per i playoff: si pensava ad una riedizione dei Kansas City Chiefs di Schottenheimer o, per chi segue il football da poco, dei Chargers di Turner, ottimi in regular season ed irriconoscibili ai playoff. Tanto più che il riposo di Brees nelle ultime gare non aveva certo contribuito a far ritrovare il ritmo di inizio stagione. E invece i playoff iniziano alla grande con il divisional contro i Cardinals, spazzati via da un attacco nuovamente ben oliato e una difesa molto aggressiva. Il championship contro i Vikings è storia recente: i Saints vincono all'overtime una partita non certo bella tecnicamente (con entrambe le squadre che sembrano non volerla vincere), ma pericolosa per i deboli di cuore.
Proprio l'analisi del championship può darci delle indicazioni sullo stato di salute dei Saints in vista dell'appuntamento più importante della loro storia. Gli uomini di Payton, e soprattutto Brees, sono sembrati non al 100% soprattutto dal punto di vista mentale: palloni lanciati in maniera non precisa, penalità che hanno tenuto vivi i drive di Minnesota, incapacità di capitalizzare sugli errori altrui. In definitiva, hanno sentito troppo la gara: proprio l'abitudine a giocare partite importanti potrebbe giocare a favore di Indianapolis. Altro punto importante: la difesa, che avrà il compito proibitivo di fermare Peyton Manning, è sembrata capace, anche concedendo qualche penalità di troppo, di provare fisicamente il QB avversario, colpendolo ad ogni occasione possibile. Warner e soprattutto Favre ne hanno fatto le spese e lo stesso trattamento cercheranno di riservarlo anche all'MVP di questa stagione. Manning di solito non prende tanti colpi, sia perché si libera molto velocemente del pallone, sia perché appena vede qualcuno che sta per prenderlo si butta a terra in maniera un po' comica ma efficace per risparmiargli un viaggio in infermeria. Se però Vilma o Will Smith riuscissero ad assestare qualche colpo… chissà che non ci scappi la sorpresa.
I tifosi sono comunque sempre fiduciosi: "Who dat say dey gonna beat dem Saints? Who dat?"