Donovan McNabb, Big Five è tornato a ruggire sin dalla prima giornata
La prima giornata di football professionistico ha lasciato strascichi che, come al solito, vanno a condizionare la stagione e la carriera di alcuni dei più importanti atleti. Alla scorpacciata di infortuni della quale faremmo volentieri a meno, siamo ormai abituati, soprattutto in quelle prime, drammatiche, giornate di scontri veri e duri che tanto male fanno su dei fisici abituati al "relax" della stagione primavera-estate. C'è Tom Brady, che saluta i Patriots dopo nemmeno un quarto di gioco, con un legamento che si spezza sul fatale contato cercato, e ottenuto, dalla safety Brenard Pollard alla caccia di un disperato e spettacolare sack.
C'è un Shawne Merriman, linebacker di San Diego, che dopo una prima giornata di sofferenza decide di farsi operare e, con Brady, va a rappresentare la punta di un iceberg che conta vittime più o meno illustre, non tutte a rischio stagione, ma un brutto segno nel momento in cui Roger Goodell attacca la solfa delle due partite in più di campionato; un ottimo modo per aumentare il rischio. I Dallas Clark, Donté Stallworth, Nate Burleson del caso ringraziano. Anche Alex Smith, quarterback dei San Francisco 49ers, entra in IR e, secondo alcuni, è la fine di una breve e poco esaltante carriera per l'ex prima scelta assoluta.
La notizia più straziante è però quella di Vince Young ex stella dei Texas Longhorns e campione Ncaa che, ricevuta la notizia di uno stop forzato che lo terrà lontano dai campi dalle 2 alle 4 settimane, pare essere ricaduto in uno stato mentale al quale, qualcuno, sottovoce, aveva accennato un anno fa. Dopo un discreto esordio tra i professionisti Young aveva riscontrato più di un problema fisico la scorsa stagione, inconvenienti che, a detta di chi gli sta vicino, ne avevano minato la stabilità mentale, le certezze, andando a scavare in quella parte del cervello che ti rende un atleta, intaccando il lato che crea lo spirito del gioco, l'amore per quello che fai. La pressione del mondo professionistico, la difficoltà ad esprimersi con la stessa naturalezza che riusciva al college, una mente forse poco incline allo sforzo che per tutto l'anno immerge i giocatori in camp, preparazione, partite e tanti, troppi, resoconti con stampa e pubblico.
Il nuovo colpo ha spiazzato l'atleta. Sono uscite, stavolta più insistenti, voci di una depressione che avrebbe colpito il ragazzo; le ultime parlano addirittura di ritiro e, mentre i Titans ingaggiano Chris Simms, sono addirittura gli Swat (i corpi speciali della polizia americana) a dover cercare per tutta la notte di martedì uno Young poi recuperato all'interno della propria auto in stato semiconfusionale e in possesso di una pistola (scarica). Poche ore e la smentita, Young era sì in stato confusionale, ma a casa di amici, meno grave vista così anche se resta quello stato mentale che lo rende un giocatore difficilmente recuperabile. Situazione complessa, ingiudicabile, con la solita speranza che il ragazzo ce la faccia prima per sé che per il football. Il problema al ginocchio passa decisamente in secondo piano.
Brutte notizie quindi quando, come ogni volta di questi tempi, ci si trova a contare i feriti invece di narrare imprese sportive, compito dal quale non possiamo però tirarci indietro. Per due motivi, ma forse quattro, o sei. Il primo: i veterani alla ribalta. Il secondo: due giovani che fanno subito esplodere lo stadio. Il terzo: i rookie in forma stratosferica. Il quarto: due squadre che, a sorpresa, vincono in trasferta e troncano forse definitivamente il cordone ombelicale dal diktat che obbliga a pensare che la Afc sia sempre e comunque meglio della Nfc.
Ci piace cominciare da Brett Favre, che per motivi di cuore e passione, ed anche per il tipo di personaggio, non chiameremo mai Broadway, e da Donovan McNabb. Il primo ha vinto con più fatica del previsto la prima gara ufficiale in maglia Jets, esordendo con una bomba delle sue, da 55 yard e gestendo bene una gara che, alla fine, i Miami Dolphins avrebbero persino potuto ribaltare. Favre ha stracciato il passato in un sol colpo, poco prima che Aaron Rodgers cancellasse, per un attimo, il suo fantasma dal Lambeau Field con un ottimo Monday Night. E ha battuto Chad Pennington, Favre, il suo predecessore ai Jets, l'ex futuro della New York che non vince dai tempi di Joe Namath.
La novità certamente più bella è però McNabb che poi tanto novità non è; rivederlo sorridere, divertirsi e giocare a football come sa fare lui è stato un piacere. Pescare un nuovo obiettivo come DeSean Jackson è stata certamente una manna per il quarterback che a inizio anno aveva poche certezze, persino rimanere a Philadelphia non era più scontato oltre a problemi fisici sempre più insistenti. I suoi ricevitori sono comunque tutti molto giovani o molto lontani dall'essere fenomenali, eppure lui li ha accesi, uno dopo l'altro, tanto da mandarne tre oltre le 100 yard di ricezione e lasciare a Kevin Kolb la chance di giocarsi qualche snap dopo aver messo in tabella 361 yard e tre touchdown di cui uno proprio per il fenomenale esordiente Jackson.
La partenza di Big Five fa ben sperare a Philadelphia, al ritorno a una certa competitività proprio alla vigilia della difficile sfida contro i Dallas Cowboys, sempre più favoriti per il titolo di conference. Ma il modo in cui McNabb è tornato in campo serve anche da apripista a una discussione che avrebbe certamente bisogno di più tempo per essere approfondita, un dibattito come quello sui rookie che, oltre al già citato DeSean Jackson, hanno mosso, alla grande, i primi passi sui campi da football.
Abbiamo visto Matt Forté, Felix Jones e Chris Johnson correre bene o, come il primo e il terzo, guidare addirittura la propria squadra per lunghi tratti della partita. Forté e Jones hanno anche segnato, cosa successa persino a Joe Flacco, il quarterback uscito da un college di FCS capace di uno scramble trasformato in una corsa da 38 yard. E poi Matt Ryan, quarterback da Boston College lanciato immediatamente nella mischia nello stadio che fu di Michael Vick. Ad Atlanta è stato in realtà il giorno di Michael Turner, 220 yard corse (e 2 TD) dopo anni passati all'ombra di LaDainian Tomlinson, non l'ultimo arrivato, a San Diego. Un Turner da favola, ma una copertina per Ryan che ha pescato Michael Jenkins dopo pochi minuti sbloccando la situazione. Poi una partita ordinata, ben gestita, con pochi errori e nessuna forzatura.
E infine due squadre, due ritorni inattesi dopo una stagione difficile, due franchigie che il destino aveva già previsto di far scontrare tra loro domenica prossima. Carolina e Chicago, la prima al Super Bowl nel 2003, l'altra nel 2006 entrambe battute da super potenze della Afc. Chicago si è vendicata, benché una gara di regular season non valga nemmeno un pezzettino di Super Bowl, proprio di quei Colts che trionfarono a loro spese il 4 febbraio 2007. Chicago ha vinto con un Kyle Orton ordinato, una difesa solida, una linea offensiva finalmente funzionale, un eccellente gioco di corsa guidato dal già citato Matt Forté.
Carolina ha espugnato invece San Diego; partita brillante senza trovare i giusti sbocchi nel primo tempo, poi tanta sofferenza al risveglio dei Chargers, le mete subite fino al sorpasso avversario e quell'ultima palla in mano, gestita a dovere fino all'endzone avversaria. Jake Delhomme torna a sorridere e a gestire un drive decisivo in modo esemplare, con una cannonata nel finale che si infila nell'unica traiettoria possibile e si incolla alle mani del tight end Dante Rosario, ricezione numero 13 in carriera. Terzo touchdown a statistica.
Una prima giornata di botti insomma, di infortuni gravi che lasceranno certamente strascichi sulla stagione e, inevitabilmente, diminuiscono lo spettacolo delle giocate individuali non solo perché quando manca un campione manca la giocata spettacolare, ma anche perché viene a sparire uno dei punti principali del gioco di squadra. Una giornata di botti che non sono fortunatamente solo infortuni, ma anche conferme, novità , vecchie e nuove facce della Nfl che attendevamo di vedere da mesi e che ora sono tornati a calcare i campi da gioco offrendo un ottimo antipasto. Siamo solo all'inizio, si direbbe, il bello deve venire. Lo aspettiamo.