Grossman, croce e delizia

Rex Grossman, per lui una stagione di alti e bassi e il finale attesissimo del Super Bowl.

L'istantanea è ancora fresca nella nostra mente, quando un paio di lunedì siamo andati a spulciare gli archivi di fotografie sui vari siti che trattano di Nfl. Il Championship della Nfc è appena terminato, e l'immagine più significativa ritrae Rex Grossman che regala il pallone al pubblico con un lancio che in campo gli si vorrebbe vedere più spesso, un gesto di felicità  estrema, di liberazione, di condivisione di un sogno che finalmente diventa realtà  per lui individualmente, per i compagni, per un'intera città  pronta ad assalire Miami.

E vedendolo in quel gesto ci viene in mente che Grossman tiene sempre a mente tutto, lui alle critiche ha fatto il callo, ed ora gli piace ricordare tutte le valanghe che gli sono rovinate contro, davanti alle quali lui è stato capace di spostarsi quel tanto da evitarle, grazie ad un carattere fortificato da lunghi mesi passati a capire se per la sua carriera poteva esistere un futuro che rischiava di essere torturato dagli infortuni.

Per quanto male abbia giocato in alcune gare, Grossman ha comunque percorso una strada vincente ed ha abbattuto diversi ostacoli che gli si sono parati davanti, quando le difficoltà  si sono moltiplicate ed il suo posto è sembrato a rischio l'intera organizzazione si è stretta su di lui per proteggerlo e lui ha ripagato tutti con delle prestazioni alterne, come già  aveva fatto in regular season, ma comunque valide per continuare il cammino dei Bears nei playoffs dopo un campionato finito con 13 vittorie e solo 3 sconfitte, un campionato dove Rex è stato titolare di Chicago in tutte le gare per la prima volta dal 1995, quando a chiamare gli snap c'era Erik Kramer.

Ed ora, dopo una strada lunga e tortuosa, anche per lui c'è un biglietto valido per giocarsi il Super Bowl di Miami, un evento quasi insperato solo un paio d'anni fa, dove si troverà  di fronte gli Indianapolis Colts del collega di ruolo Peyton Manning, proprio la squadra per cui da bambino aveva fatto incessantemente il tifo.

La vita sportiva di Grossman era sinonimo di successo, prima del professionismo: era una star locale dalle sue parti, dove aveva guidato la sua Bloomington High School South al titolo statale e dove era stato nominato giocatore dell'anno dell'Indiana per il 1998, fatti ai quali seguì l'arruolamento a Florida per giocare nella Fun'n'Gun di Steve Spurrier per tre anni, prima di decidere di lasciare anzitempo il college proprio a causa della partenza del suo coach per la Nfl.
Lasciò i Gators con 77 touchdowns, più di 9.000 yards lanciate e la nomina di giocatore dell'anno del 2001, nello stesso istante in cui arrivò secondo nelle votazioni per l'Heisman Trophy dietro al solo Tim Couch, l'allora quarterback di Nebraska.

Rex aveva tutto, era considerato uno dei prospetti più caldi in vista del draft del 2003, ed a riprova della sua considerazione venne scelto al primo giro dai Bears, dove fece un anno di apprendistato in compagnia di Chris Chandler e Kordell Stewart in quello che fu l'ultimo anno di Dick Jauron sulla panchina di Chicago. Quelli che seguirono furono due anni di buio e frustrazione, due anni passati a riabilitarsi prima da un infortunio al legamento collaterale del ginocchio solo tre partite dopo essere stato nominato starter dal suo nuovo allenatore, Lovie Smith, quindi il crack di una caviglia in una gara di prestagione del 2005 che lo tenne fuori fino a metà  dicembre, un altro duro colpo da digerire.

Di certo in quei momenti passati tra esercizi di riabilitazione in palestra ed in piscina e l'obbligo di rimanere costretto a guardare i compagni dalla sideline, immaginare un approdo al Super Bowl di lì a poco sarebbe stato quantomeno fantascientifico: nella testa di Rex c'erano tante altre cose, tra le quali molte domande rivolte al destino, sul perchà la sfortuna si fosse messa in mezzo ad una carriera promettente, proprio nel momento in cui questa aveva avuto il via libera per cominciare la sua evoluzione, proprio quando un allenatore professionista aveva deciso che era arrivato il momento di metterlo seriamente alla prova con delle responsabilità  da giocatore maturo.

Ma la vita ci insegna che ciò che va esageratamente verso il basso, prima o poi torna verso l'alto.

Ecco quindi che quel 18 dicembre 2005 (vittoria di Chicago su Atlanta per 16-3), con i Bears ad affrontare un finale di stagione delicato, Lovie Smith decise che era tempo di rischiare la sua scommessa e l'entrata in campo del rientrante Grossman provocò entusiasmo ed eccitazione sugli spalti e nonostante un paio di errori dettati da ritmi comprensibilmente difficili da riprendere, la prova del quarterback dimostrò di riuscire a dare finalmente un gioco verticale ad una squadra che viveva sostanzialmente di corse e venne confermata una settimana più tardi sul campo di Green Bay quando Rex completò il 68% dei suoi passaggi con una meta ed un intercetto, guidando i Bears alla vittoria esterna per 24-17 ed alla conquista del titolo della Nfc North con un turno d'anticipo.
Tuttavia le orde di critiche che si riversarono su quella che sembrava la sicura pretendente al titolo dopo la sconfitta nei Divisional Playoffs contro Carolina (Rex terminò con 17/41 per 192 yards, una meta ed un intercetto) non risparmiò nessuno, tantomeno lui, così competitivo in campo ma così adombrato dai persistenti dubbi di mezzo mondo, impegnato a chiedersi se il ragazzo si sarebbe rotto ancora di lì a poco, e soprattutto se i Bears sarebbero stati capaci di attendere gli sviluppi di una carriera che era ricominciata daccapo, dopo lunghi travagli e prospettive rimaste in piedi per miracolo.

All'inizio del campionato che avrà  il suo epilogo questa domenica, Grossman era atteso al varco, in quanto i Bears dovevano a tutti i costi provare di essere squadra capace di arrivare alla fine del percorso, lui doveva dimostrare di saper giocare una stagione intera e di riuscire a condurre la squadra alla terra promessa: gli obiettivi sono stati centrati entrambi con successo, anche se sul modus operandi del ragazzo c'è da denotare un'incostanza di base dettata dal peso di lunghi tempi lontano dalla competizione viva, mancanze ed eccessi di sicurezze facenti parte della più vertiginosa delle altalene, ritmi mai trovati miscelati a giocate di un'efficacia stupefacente.

Ad ogni modo la partenza è bruciante, ed i Bears sono istantaneamente la squadra da battere nella Nfc: Rex gioca molto bene l'opener contro i Packers, che Chicago vince per 26-0, quindi demolisce i Lions con 20 completi su 27 per 289 yards e 4 mete, trovando per la seconda settimana consecutiva giocate a lunga gittata per due nuovi protagonisti dell'attacco degli orsi, Bernard Berrian e Desmond Clark, nove armi a disposizione di un reparto offensivo vissuto di sole corse. Nemmeno un intercetto riportato in meta contro i Vikings riesce a deprimerlo, tanto che segna il TD decisivo con la complicità  di Rashied Davis negli ultimi istanti della partita per quella che è la terza vittoria consecutiva.

Passano altre due settimane ed arrivano due successi privi di turnovers per il quarterback da Florida, le vittime del massacro sono stavolta Buffalo e Seattle, quest'ultima detentrice del titolo della Nfc: ma nel Monday Night successivo qualcosa però si inceppa, e Grossman comincia a destare i primi sospetti nella gara rocambolescamente vinta contro Arizona, successo arrivato esclusivamente per merito della difesa e di Devin Hester. Gli intercetti a carico sono addirittura quattro. Ed il rating è 10.7.

La stagione perfetta viene presto rovinata dalle disastrose prestazioni del quarterback, che infila tre intercetti tra le mani dei difensori dei Dolphins perdendo anche un fumble, e chiude con il 44% ed altri tre turnovers la sfida persa contro New England: nel mezzo ci sono due vittorie contro le due squadre di New York, e contro i Giants Grossman gioca un'altra gara esaltante subito dopo averne giocata una orribile, segnando tre mete e lanciando per 246 yards.

La partita contro Minnesota, però, è ancora un disastro: i Bears vincono ugualmente, ma il rating prodotto dal quarterback è di 1.3 e le yards lanciate solo 34: la pressione aumenta vertiginosamente, i Bears sono dipinti nuovamente come squadra forte da una parte (la difesa) ma molto labile dall'altra, molti chiedono la testa di Rex in favore di Brian Griese ma Lovie Smith non cede e dichiara che questa squadra continuerà  ad essere guidata dallo stesso uomo che l'ha portata fino a quel punto.

I Bears vincono anche le tre gare successive, il livello delle prestazioni di Grossman cresce ancora fino al culmine toccato con le 339 yards e due mete contro Tampa Bay, prima della durissima prova nel finale della regular season, in uno scenario dove il regista comincia a vedere i sorci verdi: contro Brett Favre e compagni arrivano 2 completi su 12, 33 yards, 3 intercetti ed un rating pari a zero.
La sua sostituzione a partita in corso diventa una scelta obbligata, la sua posizione è sotto l'occhio del ciclone soprattutto quando ammette in un'intervista di non essersi sentito adeguatamente preparato a scendere in campo, data l'inutilità  del risultato finale avendo già  in tasca il titolo divisionale.

Lovie Smith tiene duro e non molla la presa, l'accusa ai media è quella di creare situazioni inesistenti minando l'equilibrio del gruppo: Rex è titolare inamovibile.
La soluzione per cercare di limitarne le giornate storte è quella di cambiare piano di gioco: ecco che gradualmente diminuiscono le chiamate in profondità  , principali responsabili degli intercetti per sua mancanza di tocco, ecco arrivare una serie fitta di screen e di slant da applicare nei primi tempi, per costruire un numero di completi sufficiente a far restare alto il morale del giocatore, al suo meglio quando il ritmo è preso con costanza. L'obiettivo è quello di metterlo al riparo da errori costosi con un gioco di corsa ben piantato, e di farlo lanciare sul sicuro, privo di pressioni, in modo da indurlo a prendere le sue decisioni con grinta.

Nei playoffs arrivano ancora prestazioni alterne, ma i big plays di cui è capace non mancano: contro Seattle lancia per 282 yards, trova Berrian per una segnatura da 68 e pesca Davis in overtime per un guadagno di 30, decisivo per permettere a Robbie Gould di calciare il field goal della vittoria; contro New Orleans tornano le incertezze, Rex sbaglia molti passaggi soprattutto diretti in endzone e costringe Chicago ad accontentarsi di tre field goal per il momentaneo 9-0, finisce con 144 yards lanciate ed un TD pass, senza lode nà infamia, ma perlomeno termina in crescendo.

La costante di tutto ciò è una sola: Chicago continua a vincere, si tolgie la scimmia dalla spalla e con Grossman titolare va al Super Bowl.

Ora è arrivato il suo momento, e l'incredulità  regna ancora sovrana: è già  agitato, dice, solo ad eseguire i giochi in allenamento con un pallone marchiato con il simbolo della finalissima, un pallone molto diverso dagli altri, che dà  sensazioni diverse. Ma i nervi, sostiene, non sono nà più e nà meno solleticati rispetto alle altre due gare di playoffs affrontate, quindi si ritiene pronto. Chiede consigli a chi questa gara l'ha già  giocata, come il compagno Muhsin Muhammad, lui ascolta ed intasca, prende nota con cura delle risposte.

A lui sembra tutto irreale, invece è tutto vero.

Quest'anno è successo di tutto, vittorie belle, vittorie brutte, sconfitte da dimenticare e critiche da sopportare. Rex ha giocato a volte in modo che definire orribile risulterebbe ancora un complimento. A volte la difesa e gli special teams hanno coperto le sue magagne, ma lui ha reagito in ogni singola occasione rispondendo con grande carattere dopo ogni brutta prestazione.
E se i Bears sono arrivati fino a qui, in fondo, parte del merito va anche al direttore dell'orchestra.

Questo è la storia di Rex Grossman, croce e delizia dei Chicago Bears: il prossimo capitolo, qualunque ne sia l'esito, sarà  senz'altro da ricordare. Partecipare al Super Bowl, come dice lui, non capita esattamente tutti i giorni.

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