Plaxico Burress sfoggia la sua grinta dopo aver ricevuto il pallone della vittoria.
Avevamo lasciato gli Eagles con una bella impressione, la settimana scorsa, fornita soprattutto dalla brillantezza del gioco aereo e dall'aggressività difensiva, due caratteristiche che ne avevano contraddistinto l'edizione da Super Bowl oramai due stagioni orsono, e caratteristiche che abbiamo parzialmente ritrovato ieri in un Lincoln Financial Field rumoroso e desideroso di rivedere le prodezze di McNabb e soci dopo un 2005 caratterizzato e falsato dai tantissimi infortuni occorsi e felice per una partita che sembrava in ghiaccio visti i 17 punti di vantaggio all'inizio del quarto periodo.
La delicata sfida divisionale contro i Giants ha esaltato tutti i pregi di cui la squadra di Andy Reid è in possesso per buona parte di essa, ma nel finale è tornato a galla uno dei difetti principali della scorsa annata, che costò nel 2005 un paio di vittorie sicure, bruciate sul filo di lana da rimonte avversarie insperate, molto simili a quella concessa nel caldo pomeriggio philadelphiano agli arci-rivali di New York.
Incapacità di gestione del risultato? Paura di vincere? Oppure semplicemente un susseguirsi di episodi sfortunati?
Queste le principali domande che lo staff degli Eagles si sta ponendo, queste le principali tematiche sulle quali verterà il lavoro di revisione settimanale, dopo una vittoria gettata al vento in seguito ad una gara tatticamente impeccabile per il 70% del tempo, una vittoria che avrebbe garantito la cima della division e che avrebbe messo New York in una posizione pericolosa, soprattutto dopo il guinzaglio offensivo al quale il team di Tom Coughlin è stato attaccato per larghi tratti di gara.
E dire che proprio i Giants avevano colpito per primi, rispettando le previsioni che dipingevano questo scontro come equilibrato: era bastata una copertura saltata a consegnare agli ospiti il vantaggio, con un facile TD pass recapitato da Eli Manning per il redivivo Amani Toomer, lasciato solo in profondità da un'evidente incomprensione delle secondarie di Phila; tuttavia l'episodio sarebbe stato unico e la produzione dei Giants, infatti, si sarebbe di lì a poco arrestata arrivando a 3 yards di total offense nel solo secondo quarto.
Gli Eagles, comunque dominanti, hanno risposto con immediatezza, ed una corsa da 12 yards del solito, preziosissimo Michael Westbrook, è stata la degna conclusione di una serie frizzante per McNabb, capace di trovare il tight end L.J. Smith a piacimento (7 ricezoni, 111 yards) e come sempre a suo agio nel lanciare in sicurezza verso lo stesso Westbrook, produttivo come di consueto di una prova a 360 gradi, 68 yards su corsa e 56 in ricezione.
La grande profondità della linea difensiva di Phila ed i frequenti blitz di Brian Dawkins hanno messo in grave difficoltà gli addetti alla protezione di Manning, che solo una settimana fa non avevano concesso nulla a Dwight Freeney e compagni: il povero Eli è stato maltrattato a turno da Jevon Kearse, Mike Patterson, Trent Cole e Darwin Walker, sempre vincitori delle battaglie in trincea contro i vari Petitgout, Snee e soprattutto McKenzie; la grande prestazione difensiva del reparto di Jim Johnson è sfociata in 5 sacks nel solo primo tempo, 8 yards totali per Tiki Barber e l'annullamento dei punti di riferimento di Manning, Burress e Shockey.
Offensivamente, la macchina pareva perfetta: Donte Stallworth, in perfetta sintonia con il suo quarterback, aveva ridicolizzato Sam Madison in più occasioni, David Akers aveva contribuito con un 1/2 dove l'errore era rappresentato semplicemente da un palo di troppo e non certo dalla potenza indiscussa della sua gamba, ed il buon Reggie Brown si era fatto trovare puntuale all'appuntamento con la endzone, trasformando in punti la sua unica ricezione del pomeriggio.
La sicurezza fasulla di avere già intascato la gara, ferma sul 24-14 grazie solo ad un fortunoso fumble di Burress ricoperto in endzone da Tim Carter, sembrava essersi concretizzata con l'intercetto di Jeremiah Trotter a 12 minuti dalla conclusione, una giocata moralmente devastante perchè arrivata su un tentativo di conversione di quarto down che sapeva già di disperazione, ma d'un tratto un turnover di Westbrook aveva restituito un barlume di speranza a New York, specialmente dopo la seconda segnatura di giornata di Toomer, 12 ricezioni per 127 yards, derivata proprio da quell'episodio: la frittata è risultata poi completa quando, con una trentina di secondi a disposizione e senza timeouts, Manning ha guadagnato 22 yards con un lancio nel mezzo ancora per Carter, e con la seconda ricezione di Shockey (17 yards al termine), aggravata da una fesseria colossale di Trent Cole con altre 15 yards al passivo, e pali più comodi da raggiungere per Jay Feely per la scioccante parità .
L'epilogo è arrivato con le medesime modalità : l'attacco degli Eagles è stato in campo per tre giochi senza combinare nulla, come per lamaggior parte del quarto periodo, mentre i Giants hanno centrato l'obiettivo nella loro seconda serie con un coraggioso lancio di Manning (straordinario nel quarto periodo e nel supplementare) per il solito Burress, bravo a prendere il cuscinetto di distacco dal marcatore ed abile a ricevere in precarietà un pallone raggiungibile solo dalla sua statura per il 30-24 che ha ghiacciato la città dell'amore fraterno.
La vittoria è una vera e propria boccata d'aria per la squadra di Tom Coughlin che, esattamente come la settimana scorsa, ha mostrato possibilità intriganti in attacco ma lacune evidenti soprattutto nelle retrovie; per Philadelphia, invece, un'altra lezione da imparare e digerire con amarezza, sentimento accentuato anche dall'infortunio al ginocchio che potrebbe aver tolto di mezzo per lungo tempo (si saprà nella giornata di oggi) Jevon Kearse, un motore mai fermo della cui grinta necessitano tutti i compagni.
Fortunatamente, la situazione della Nfc East è così intricata, che una sconfitta o due in questo momento non pregiudicano nulla: agli Eagles il compito di scrollarsi di dosso le pressioni che deriveranno da quanto successo ieri pomeriggio.