Nick Saban ed Alabama festeggiano il primo trofeo nazionale dal 1992 ad oggi.
A volte la vita sa essere davvero beffarda, anche se lo sosteniamo con la dovuta cautela, perché se i problemi veri fossero questi, legati ad una manifestazione che si riduce ad essere un semplice gioco competitivo, ci sarebbe senza dubbio qualche problema.
Chissà se la pensa così anche Colt McCoy, quarterback che ha scritto il suo nome a caratteri cubitali nella storia del football collegiale, che un anno fa, proprio di questi tempi, nonostante l'entusiasmo derivante dalla vittoria al fulmicotone contro Ohio State nel Fiesta Bowl, aveva deciso di giocarsi anche l'anno da senior, perché desiderava chiudere la sua carriera universitaria con il massimo risultato possibile. Il quale, grazie soprattutto ad un successo molto sofferto contro Nebraska nella finale della Big XII, era solamente ad un passo dal giungere.
Il tempo di giocare due drives, ambedue finiti con un field goal, due serie di giochi dove l'attacco aveva cominciato a produrre come di suo solito sfruttando due errori di Alabama, l'avversaria di questo attesissimo National Championship, con un Nick Saban sorprendentemente incauto nel chiamare un lancio effettuato dal punter in una zona troppo vicina alla propria endzone e terminato con un intercetto, nonché per il conseguente punt maltrattato dagli special teams, giocate che avevano fatto girare l'inerzia dalla parte dei Longhorns con immediatezza.
Nella serie di giochi del secondo dei due calci, è finita la partita di McCoy, e con essa il suo sogno di vincere il titolo nazionale, a causa di un colpo rimediato da Marcel Dareus, Mvp difensivo della manifestazione, che ha infortunato la spalla destra del quarterback abbastanza da non poter più rientrare, nonostante le insistenze del ragazzo, saggiamente consigliato da coach Mack Brown, dallo staff medico e dal padre, accorso negli spogliatoi dopo l'accaduto, tutti concordi nel non fargli rischiare un infortunio più grave che ne compromettesse la futura carriera professionistica.
Fino a quel momento era stata una gara che Texas aveva dimostrato di potersi giocare, grazie ad una difesa che era stata preparata a dovere da Will Muschamp, futuro head coach dei Longhorns, la quale aveva applicato le coperture sui ricevitori alla perfezione, annullando di fatto le acrobazie di Julio Jones (1 rec, 23 yds) e le giocate esplosive di Marcus Maze (1 rec, 4 yds), arrivando a mettere le mani tre volte nel solo primo quarto su un inizialmente frustrato Greg McElroy (6/11, 58 yds), assolutamente privo di alternative.
Dopo l'infortunio a McCoy, il piano partita di Saban è cambiato completamente: con Texas costretta a schierare il comprensibilmente disorientato freshman Garrett Gilbert (15/40, 186 yds, 2 TD, 4 INT), che ha comunque mostrato serie credenziali per prendersi la titolarità del ruolo l'anno venturo, è stato più semplice mettere il guinzaglio all'attacco texano, che era andato come da manuale, ovvero senza far forzare troppo un giovane privo di esperienza, peraltro intimidito da un contesto di quel tipo.
Per questo motivo le corse in option sortivano risultati ben diversi, i lanci in profondità scomparivano lasciando Jordan Shipley a bocca asciutta a lungo, e le uniche yards sostanziose arrivavano da D.J.Moore (3 car, 33 yds), capace di esplodere all'esterno al contrario di un Trè Newton (14 car, 39 yds) imbavagliato nel mezzo.
Offensivamente, per Alabama, è bastato gestire la gara per la gran parte del suo svolgimento, lasciando che la stessa venisse in direzione dei Crimson Tide.
Con la difesa a forzare diversi 3 & out, l'attacco è stato modificato in modo da gestire il cronometro con oculatezza, lasciando l'80% del suo peso alle corse, e permettendo a McElroy di togliersi diversa pressione di dosso, soprattutto per merito delle feroci (è proprio il caso di dirlo) incursioni di Mark Ingram (116 yds, 2 TD)), che ha confermato la sua grande visione di gioco e la capacità di buttare giù ostacoli con irrisoria facilità , e le esplosioni di Trent Richardson (109 yds, 2 TD), responsabile di una galoppata centrale di 49 yards che andava a bissare la meta giià precedentemente segnata dal medesimo Ingram.
Il peggio sembrava pervenire quando Gilbert, da buon rookie, commetteva un paio di turnovers costosissimi, tra cui un intercetto riportato in meta da Marcel Dareus (colui che aveva fatto fuori McCoy) di conseguenza ad uno shovel pass giocato malissimo soprattutto da Mack Brown, perché mancavano pochi secondi alla fine del primo tempo con Texas sotto di 11 lunghezze e ci si poteva accontentare di far scadere il tempo, vista la posizione di campo, danneggiando invece il morale di squadra aumentando il parziale a 24-6.
Gilbert, con McCoy tornato sulle sideline e munito di cuffie, ha acceso in seguito un terzo quarto offensivamente demoralizzato dalle grandi giocate messe in piedi dalle due difese, ha centrato un big play per lui incoraggiante connettendo con Shipley per una meta di 44 yards, dopo che diversi suoi palloni profondi (il coaching staff non poteva restare conservativo a lungo) o erano stati lanciati fuori misura, o erano stati fatti cadere da alcuni ricevitori (da bocciare la prova di Malcolm Williams), mentre sul corto era stata trovata una soluzione molto interessante e produttiva attraverso l'utilizzo del giovane ricevitore Marquis Goodwin, le cui ricezioni avevano prodotto una settantina di yards nella sola ripresa.
Quando poi, nel kickoff successivo, Alabama ha commesso un turnover in un momento in cui non doveva commetterlo, la carica di adrenalina si è fatta ancor più largo nei precedentemente spacciati Longhorns, portando al bis di Shipley (10, 122, 2 TD) e ad un insperato distacco di soli tre punti, aprendo di colpo un varco di speranza fino a quel momento pressoché assente.
La difesa teneva duro, pur ritrovandosi ingiustamente punita per una pass interference sostanzialmente inesistente comminata al cornerback Chykie Brown in un drive sfociato con l'errore dell'ottimo kicker Lane Tiffin, e continuava a sfornare giocate grazie ai contributi di Sergio Kindle, Lamarr Houston e del safety Earl Thomas, rendendo improvvisamente non produttivo un Richardson costretto a sobbarcarsi diverse portate a causa di qualche problemino fisico di Ingram, tenuto a riposo precauzionale per qualche serie di giochi.
Ma Gilbert, per quanto improvvisamente coraggioso e volenteroso, non riusciva a cambiare le sorti della partita, che finiva con un fumble recuperato in territorio favorevolissimo da Courtney Upshaw ed il secondo intercetto del forte Janvier Arenas, che scaturivano rispettivamente in un'altra coppia di mete a firma di Ingram e Richardson per il 37-21 finale, sancendo il primo titolo nazionale dei Tide dal 1992 (ottavo in totale, miglior risultato di sempre in compagnia di Notre Dame), e la seconda affermazione Bcs per Saban, che già aveva vinto il trofeo allenando Louisiana State prima dell'approdo fallimentare in Nfl.
Per un futuro collegiale che ha vissuto gli ultimi istanti come quello di Colt McCoy, cui va un'ideale pacca sulla spalla e l'augurio di una grande carriera Nfl che possa fargli dimenticare questa amarezza, c'è ne un altro roseo come quello di Mark Ingram, sophomore che tornerà con questi colori nel 2010 con un National Championship ed un Heisman Trophy in più (vabbè, anche con un offensive Mvp di questa finale"), in una squadra che sarà ancora condotta da McElroy, un quarterback poco spettacolare ma molto sostanzioso, che nella sua carriera collegiale deve ancora conoscere la parola sconfitta.
E per questo la Tide Nation deve ringraziare un allenatore che ha saputo rigirare il programma come un calzino nel giro di sole tre stagioni, portandolo fuori dal periodo degli scandali, mancando di un niente la finale già nel 2008, e centrando il bersaglio grosso in questo 2009 sul quale, ahinoi, è già calato il sipario.
Arrivederci a settembre.