Todd Boeckman subisce un sack contro USC. E' l'immagine del crollo dei Buckeyes. Anche la Big Ten, oggi, sembra meno scontata
Avvicinarsi anche al solo pensare che il 35-3 subito da Ohio State nello scontro al "vertice" contro Southern California sia figlio dell'assenza di Chris Wells rasenta la follia pura, una disamina poco attenta di quanto sta accadendo oggi nel mondo collegiale che riconosce nei Trojans una potenza incredibilmente superiore ad ogni altra compagine della Ncaa. E' vero che da qua alla fine c'è ancora tutto da scrivere ma, attualmente, la corazzata di coach Pete Carroll ha mostrato che l'effettiva superiorità di talento rispetto alle altre scuole è qualcosa che può fruttare concretamente in campo. Invece, in Ohio, le convinzioni di potersi giocare una terza chance per il titolo che spinsero tanti veterani a rimanere per un ultimo anno di college, si sono sgretolate contro una dura realtà .
In parte c'è la questione realistica della cosa, ossia che i Buckeyes non avessero, di fatto, tutte queste possibilità di finire tra le prime due del ranking nazionale. L'altra cosa è una sconfitta che ridimensiona i confini della squadra di Tressel e ne evidenzia limiti immensi in ogni sezione, ivi inclusa la gestione del gioiellino Terrelle Pryor. Il nuovo astro nascente del college football si è ritrovato per l'ennesima volta a dividere gli snap col compagno Todd Boeckman, colpevole di non essere un fenomeno e di necessitare (lui sì!) di un running game concreto per tenere viva l'azione.
Troppo sofferente nei confronti delle pressioni difensive, Boeckman è comunque un quarterback onesto, che sa far girare l'attacco se non ne è il fulcro principale, ma solo uno tanti dei motori che spingono la nave a muoversi nella stessa direzione. Pryor è invece il tipico giocatore esaltante e fantasioso e di nuovo, per quel poco che gli è riuscito, ha mostrato doti atletiche di una naturalezza impressionante, illuminando con poche azioni una serata diversamente pessima sotto ogni punto di vista, una notte buia, senza luna, che il freshman arrivato a Columbus in primavera ha tentato di ravvivare quanto meno per convincere Tressel di essere pronto a crescere nel football sin da subito.
Beanie Wells avrebbe certamente indorato la pillola, avrebbe creato problemi alla difesa dei californiani e sarebbe stato un diversivo determinante. Così come quelle penalità , evitabili, che hanno impedito a OSU di riaprire la gara nel secondo quarto. Tutto sarebbe servito per rimanere vivi, per non perdere troppo credito e scivolare fuori dalle prime dieci ben dietro Wisconsin, ma nulla avrebbe fermato USC. Trojans che hanno in Mark Sanchez un quarterback concreto e affidabile, più bersagli da colpire via aria, una difesa che ha bisogno di essere affrontata con un talento immenso per tremare seriamente e un gioco di corse che, attraverso il sophomore Joe McKnight, ha spesso trovato i varchi giusti per lunghe scampagnate nel profondo del territorio avversario.
"Dobbiamo giocare al meglio di quello che ci riesce" ha detto coach Tressel dopo la gara, "con o senza Beanie (Chris Wells n.d.r). Abbiamo giocato contro una grande squadra stasera senza riuscire mai a prendere il controllo della partita né in attacco né in difesa. Dobbiamo rimboccarci le maniche e capire che non si può vincere giocando in questo modo".
Tutto vero, e discorso Pryor-Boeckman di nuovo rimandato. Non ci sarà più USC da qua alla fine, non ci saranno più sfide così impegnative e l'obiettivo, a questo punto unico stagionale, resta la conference da vincere per la quarta volta di fila. Già la settimana prima, contro Ohio, i Buckeyes avevano espresso un football poco lucido, assolutamente non fluido e continuo entrando in campo certamente con le idee annebbiate. I "cugini" di Athens erano stati davanti nel punteggio per tre quarti prima di cedere le armi 26-14 nell'ultimo periodo ma, senza grandi stelle in campo, avevano segnalato un allarme al coaching staff di Ohio State, allarme che è esploso in tutta la sua pericolosità sabato sera. Perché dopo due partite così, senza fisicità con poca convinzione e con un piano di gioco che subisce le bizzarrie di un continuo cambio in cabina di regia tra due giocatori completamente diversi, è difficile pensare che a Columbus si possa festeggiare il titolo di Big Ten a mani basse, per quanto il rientro di Wells risulterà fondamentale, decisivo per gli equilibri del campionato. Tra due settimane i primi scontri diretti, ma in tanti sono convinti che il campionato sia tutto da giocare. Una Big Ten aperta più che mai?
A prendere forza da queste brutte prestazioni di Ohio State è certamente Wisconsin che dopo la facile vittoria contro Marshall di due settimane fa è andata sul 3-0 vincendo, in trasferta, uno scontro diretto all'interno del ranking battendo con un sofferto 13-10 la #21 Fresno State. Una gara attenta quella dei Badgers senza eccessi e forzature, con una difesa in controllo sui pericoli delle corse avversarie e caparbia sul pur bel gioco aereo degli avversari. Una partita che ha riportato in alto P.J. Hill, runningback di grande talento di nuovo sopra le 100 yard pur senza segnare. Proprio una buona riuscita sulle corse e un paio di folate di David Gilreath e John Clay hanno permesso ad Allan Evridge di rischiare il meno possibile, accontentandosi di trasformare in meta con un lancio per Garrett Graham il drive successivo all'intercetto di di DeAndre Levy, il quale aveva dato palla ai Badgers sulle 26 yard di Fresno State.
Un gioco da 22 yard e Wisconsin a un passo dalla meta poi realizzata con il lancio da 2 di cui sopra. E' una Wisconsin meno temeraria di quella che ci sorprese un po' tutti due anni fa alla prima stagione di allenatore di Bret Bielema, ma è certamente un team tosto, ben organizzato, capace di concentrarsi in difesa e sprecare poco in attacco con un quarterback senior non espertissimo e un runningback in grado di sobbarcarsi buona parte del peso del gioco offensivo.
Sorride comunque anche buona parte del resto della Big Ten. Michigan State prende il ritmo e dopo la sfortunata sconfitta con California all'esordio ha liquidato Eastern Michigan e (con un "cappotto") Florida Atlantic, concedendo soltanto 10 punti in due gare. Gli Spartans sembrano attualmente più concreti e amalgamati di quanto non lo sia Illinois, squadra certamente con più talento in rosa che rimane aggrappata al fondo della Top25 con un risicato 20-17 su Louisiana-Lafayette dopo un finale giocato in stile allenamento e un Juice Williams che sembra continuare a preferire il movimento sulle gambe a quello di braccia nonostante i progressi mostrati all'esordio di tre settimane fa.
Senza intoppi anche la stagione di Penn State che sabato ha rifilato un 55-13 a Syracuse in trasferta ed ha raggiunto il #16 del ranking nazionale. Imbattuta anche Northwestern e, soprattutto, Minnesota, che pur se agevolata (come del resto le altre) da un calendario piuttosto morbido ha già triplicato le vittorie di un anno fa, in attesa di tornare a vincere anche all'interno della conference dopo lo 0-8 del 2007. Anche Iowa batte senza brillare i "cugini" di Iowa State 17-5 riuscendo a segnare due touchdown nell'ultimo quarto sfruttando un punt riportato in meta da Andy Brodel (81 yard) e tre intercetti difensivi nonostante la pessima giornata del proprio quarterback Ricky Stanzi.
Le noti dolenti nella conference del Midwest giungono quindi da Purdue e Michigan, uniche due squadre senza record positivo in campionato. I Boilermakers hanno finora giocato due sole gare e la scorsa settimana hanno gettato al vento l'incredibile chance di battere la #16 del ranking Oregon. Occasione non sfruttata da Chris Summers, kicker che spediva fuori dai pali un field goal negli ultimi secondi e mandava le squadre all'over time dove, al secondo drive, finivano le speranze di una Purdue tenace ed esplosiva sulle corse.
Brutta prestazione del quarterback Curtis Painter che in 50 lanci non completava un solo TD facendosi intercettare due volte e lasciando nelle mani del runningback Kory Sheets i destini della gara. Sheets, 180 yard e due mete, rispondeva alla grande, prima che la difesa di Oregon riuscisse a mettergli il guinzaglio dando così modo ai Ducks di recuperare 14 punti nel terzo quarto. Poi la sfida ai field goal: buono il primo di Summers dalle 27 per il più tre di Purdue, stessa sorte dalle 38 di Matt Evensen e poi l'errore, già citato, dei Boilermakers dalle 44. Potenza buona, precisione zero. Nei due supplementari ancora parità sancita dai field goal prima della meta decisiva degli ospiti.
Chi naviga nelle acque peggiori è però certamente Rich Rodriguez che alla prima stagione sulla sideline di Michigan si trova già in una situazione critica. I Wolverines arrivano da una stagione deludente, la batosta contro gli eroici Mountaineers di Appalachian State, un record di 9-4, 6-2 in conference e tanto da ricostruire. L'addio di Lloyd Carr era però corrisposto a una vittoria al Capital One Bowl contro la Florida dell'Heisman Trophy Tim Tebow e una base che, tutto sommato, sembrava poter ripartire abbastanza velocemente.
Una Big Ten inseguita per lunga parte della problematica stagione 2007 non era in previsione ma la speranza era di cominciare a rivedere una squadra in grado di giocare un certo livello di football. Coach nuovo, volti nuovi con solo 12 titolari tornati al proprio posto tra attacco e difesa e la speranza di poter essere almeno da podio in Big Ten. Considerando l'avvio (1-2 come record) e gli incredibili errori visti costantemente in campo si è però intuito che i lavori in corso di Rodriguez sono, in realtà , lavori appena cominciati. Siamo alle fondamenta , anche all'interno della conference, le squadre che oggi potrebbero battere questi Wolverines sembrano tante. Certo più di tre.
E se lo scorso anno era arrivata almeno la soddisfazione di umiliare la sempre "odiata" Notre Dame con un secco 38-0, quest'anno, dopo il deludente esordio contro Utah (23-25) e la striminzita vittoria su Miami (Oh) per 16-6, era giunta l'ora della prima trasferta stagionale, proprio contro gli Irish.
Una serie interminabile di errori, 4 fumble e 2 intercetti hanno spianato la strada al 35-17 per Notre Dame con unica nota realmente positiva quel Sam McGuffie (131 yard corse e 47 ricevute con TD), runningback freshman lanciato proprio da Rodriguez. Il resto è una difesa in affanno, un attacco poco lucido e costante e una marea di palloni regalati nonostante il buon numero di yard conquistate. Ed è difficile pensare che la colpa sia stata del tempo poco cordiale per colpa dell'uragano Ike che sfiorava, sabato, l'Indiana. I lavori di Rodriguez sono appena partiti e la strada che porta a fine stagione sembra davvero molto lunga. E dopo la pausa arriva Wisconsin.