880 volte Bobby Knight

Bobby Knight ringrazia i suoi tifosi

Il 23 dicembre 2006, la vittoria per 72 a 60 dei Red Raiders di Texas Tech su Bucknell ha permesso al loro coach Bobby Knight di pareggiare a quota 879 il record di vittorie in carriera per un allenatore NCAA in precedenza detenuto da Dean Smith, grande timoniere di North Carolina.

Il primo tentativo di doppiare quota 880 è andato a vuoto il 27 dicembre, nella sconfitta patita per mano dei Running Rebels di Nevada Las Vegas sul parquet di casa. Ma il giorno di Capodanno 2007 i Red Raiders hanno superato New Mexico per 80 a 78 e regalato il record al loro allenatore, che è stato salutato da una "standing ovation", non appena J.R. Giddens ha sbagliato il tiro da tre punti della vittoria per gli ospiti.

Knight è stato abbracciato dal figlio Pat, suo "delfino" e prossimo coach di Texas Tech, e poi dagli altoparlanti sono sgorgate le note di "My Way", successo di Frank Sinatra che sottolineava il modo tutto personale in cui "Il Generale" era arrivato alla pietra miliare della sua carriera, mentre coriandoli rossi roteavano nel piccolo cielo della United Spirit Arena di Lubbock.

Un viaggio in Division I iniziato nel 1965 sulla panchina di Army, la squadra dell'esercito, e poi dal 1971 proseguito nella culla del basket, lo stato dell'Indiana, dove ha guidato gli Hoosiers di IU a tre titoli nazionali (ottenendo nel 1976 l'unica "perfect season" nella storia dell'NCAA), un titolo NIT ed 11 vittorie nella Big Ten.

Eppure tutti gli allori, l'oro olimpico nel 1984, l'ingresso nella Hall of Fame, i quattro premi come coach dell'anno, il record delle vittorie in carriera, un mucchio di giocatori preparati ad ottime carriere NBA (27 dei quali sono stati All America) non sono sufficienti a raccontare Robert Montgomery Knight, l'allenatore più controverso della storia del basket universitario.

Nemmeno dopo il successo su Bucknell era riuscito a schiodarsi dal personaggio che si è cucito addosso: "Spero che qualcuno dei ragazzi della squadra di Army del 1965 abbia seguito la gara di oggi ed abbia raccontato al suo nipotino 'io c'ero, quando quel figlio di buona donna ha cominciato'".

Grande amico di Red Auerbach, da poco scomparso, e come lui "larger than life", più grande della vita, ha sempre fatto discutere sia in positivo che in negativo per i successi e per gli eccessi che da sempre ne hanno segnato la parabola sportiva.

Il suo approccio di controllo e disciplina totale, infatti, sia nella condotta universitaria che in campo dei suoi atleti, col passare degli anni e con il cambio della mentalità  dei giovani – sempre più "stelle" fin dal liceo e sempre meno propensi ad accettare un trattamento da caserma (non per caso il soprannome di Knight è "Il Generale") – lo ha visto in crescente difficoltà .

Dotato di brillante intelligenza nel gestire partite ed allenamenti, ha invece incontrato trovato storicamente in difficoltà  a gestire i rapporti umani, con giovani che faticavano sempre di più a riconoscere la sua autorità , la sua competenza, e che sempre meno gli garantivano il rispetto fondamentale per un rapporto tra coach e giocatori.

Attenzione, questa non è un'agiografia di Knight perché Knight non è propriamente un santo: è un genio ma di quelli aggressivi, prono ad esplosioni di rabbia nei confronti di chi gli sta intorno e non condivide pedissequamente il suo "verbo cestistico".

E così, prima raramente, e poi sempre più spesso, le pagine dei giornali hanno cominciato a registrare incidenti fastidiosi da lui provocati: nel 1974 durante una partita ammollò uno schiaffone sul collo di Joe Hall, allenatore di Kentucky, nel 1979 venne arrestato per aver aggredito un poliziotto portoricano ai Giochi Panamericani, nel 1985 lanciò una sedia in campo durante un "derby" dell'Indiana tra Hoosiers e Purdue Boilermakers.

Nel 1989 sollevò un'ondata di sdegno in America quando, volendo fare una (infelice) battuta, dichiarò all'inviata NBC Connie Chung che "se non c'è modo di evitare la violenza carnale, una donna dovrebbe rilassarsi e godersela", e nel 2000 venne accusato di maltrattamenti dal vice-allenatore Ron Felling: accusa che, assieme a quella di aver aggredito un atleta, Neil Reed, ed uno studente, Kent Harvey, portarono al suo licenziamento da parte di Indiana University.

Eppure Bobby Knight (che si è sempre professato innocente per le accuse di aggressione) è lo stesso che ha sempre lottato per i suoi giocatori ed ex giocatori, come quando nel gennaio del 1986 dichiarò che George Irvine, allenatore degli Indiana Pacers non capiva niente di basket, visto che aveva "tagliato" Quinn Buckner (suo pupillo), o quando si impegnò anima e corpo per raccogliere fondi ed aiutare Landon Turner, il centro che subito dopo aver vinto il titolo nazionale con Indiana nel 1981 era rimasto paralizzato in un incidente automobilistico.

A sua difesa va anche detto che al carattere irascibile ha sempre fatto da contraltare un'estrema correttezza nel reclutamento dei suoi giocatori ed uno standard elevato negli studi universitari da loro sostenuti.

Mentre altri programmi famosi come Kentucky (ecco il perché della pacca sul collo a Joe Hall, un allenatore che non ha mai rispettato e dal quale non ha mai accettato mancanze di rispetto), UCLA, Kansas, UNLV, St. John's (solo per citarne alcuni) sono finiti "on probation", puniti dall'NCAA per aver corrisposto denaro a giocatori in cambio della loro disponibilità  o per aver chiuso un occhio sui voti (bassi) di ammissione di qualche matricola particolarmente dotata con la "spicchia", Indiana non é mai stata nemmeno sfiorata da sospetti, anzi, nei 29 anni di "comando" de "Il Generale", il 98% dei cestisti del suo programma si sono laureati.

Dal 1971 al 2000, Knight con gli "Hoosiers" ha raggiunto lo status di icona del basket universitario, predicando un gioco semplice ma intenso fondato sulla "motion offense" e su una arcigna difesa a uomo puntellata con i principi dell'aiuto. Ma allo stesso tempo ha visto crescere la fama di personalità  violenta ed incapace di gestire fuori dal campo situazioni sulle quali non poteva influire direttamente.

La grande penna sportiva di Bob Ryan lo ha definito "una forza autodistruttiva", una forza che ad Indiana alla fine ha perso il controllo ed ha finito per ficcarsi in guai irreparabili.

Solo un ateneo fuori mano, senza grande tradizione ma con uno staff atletico pronto a venerare l'Icona poteva dargli una nuova chance, dopo il battage pubblicitario sorto intorno al suo licenziamento da Indiana, con tanto di cortei studenteschi (a salutarlo accorsero in 6.000!) che ne richiedevano la riammissione.

E, dal 2001, eccolo così alla ricerca del suo record nel dorato esilio di Lubbock, Texas, quasi da "missionario dei canestri" in un programma in cui i "tutto esaurito" sono riservati a quelli della "gridiron", ai Red Raiders con casco, protezioni e palla ovale.

Solo lì, Robert Montgomery Knight ha potuto trovare un ecosistema adatto ad un "dinosauro" come lui. Perché, inutile nascondercelo, non avendo voluto o saputo cambiare "Il Generale" è una specie in via di estinzione: e per il basket che scorre nelle sue vene e che sa insegnare come pochi, è un vero peccato.

Army (1965-1971) 102 vinte - 50 perse
Indiana University (1971-2000) 662 vinte - 239 perse
Texas Tech (2001-2007) 116 vinte - 65 perse

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